La Fiera: tutti in cassa integrazione
Manifestazioni rinviate, servono gli ammortizzatori per i 212 dipendenti. L’ad: «Società in salute, ripartiremo»
Manifestazioni congelate per coronavirus, l’intero calendario eventi riorganizzato in primavera, ma il contraccolpo è arrivato comunque. La Fiera di Bologna ha annunciato ai sindacati l’intenzione di avviare le procedure di cassa integrazione ordinaria per i 212 lavoratori a tempo indeterminato della capogruppo e gli altri addetti delle controllate.
Manifestazioni congelate per coronavirus, l’intero calendario eventi riorganizzato in primavera, ma il contraccolpo è arrivato comunque. La Fiera di Bologna ha annunciato ai sindacati l’intenzione di avviare le procedure di cassa integrazione ordinaria per i 212 lavoratori a tempo indeterminato della capogruppo e gli altri addetti delle controllate. «Bisogna avere tranquillità. L’azienda è forte», assicura il direttore generale Antonio Bruzzone. Ma la tranquillità, in tempi di emergenza sanitaria, è merce rara anche tra i sindacati. «Chiederemo un incontro per la prossima settimana. È evidente che siamo di fronte a un problema enorme», dice Stefano Biosa della Filcams-Cgil.
L’annuncio della cassa integrazione per i dipendenti di BolognaFiere è arrivato proprio nel giorno in cui Regione, sindacati e associazioni di categoria hanno firmato il primo accordo sulla cassa integrazione in deroga per l’emergenza coronavirus. A disposizione in Emilia-Romagna 38 milioni di euro: la cassa in deroga, che decorre dal 23 febbraio e ha la durata di un mese, potrà essere richiesta dai datori di lavoro privati e dalle unità produttive o operative situate in regione a beneficio dei lavoratori che abbiano subito effetti economici negativi conseguenti alle ordinanze sul coronavirus.
«È un primo importante segnale, cui ne seguiranno altri, per dare risposte veloci in un momento come quello che stiamo attraversando», rivendica il governatore Stefano Bonaccini. Nei prossimi giorni, promette, «prenderemo misure sia sul versante delle famiglie che per lavoro e investimenti, oltre ad accelerare i pagamenti». Ma per Cgil, Cisl e Uil resta insufficiente la durata di un mese della cassa in deroga: «Così come le risorse messe a disposizione per la presumibile durata della crisi. Chiediamo con forza al governo — insistono i confederali — un nuovo urgente decreto che possa ovviare a queste criticità». Senza dimenticare gli interventi per lavoratori stagionali, collaboratori e partite Iva «al momento totalmente e ingiustamente scoperti dai provvedimenti adottati per far fronte all’emergenza».
La Fiera di Bologna, intanto, ha deciso di affrontare i cali di attività causati dal coronavirus utilizzando gli ammortizzatori sociali. L’idea è utilizzare il Fondo di integrazione salariale, che interviene a sostegno del reddito dei lavoratori in caso di sospensione o riduzione dell’attività garantendo l’80% della retribuzione per le ore non lavorate. «Una specie di contratto di solidarietà», sottolinea il direttore Bruzzone: «Dobbiamo mettere in campo tutte le condizioni per ripartire al meglio». Difficile per Via Michelino fare previsioni a lungo termine su cosa accadrà al settore. «Il quadro cambia tutti i giorni», sottolinea Bruzzone. Di pochissime parole il presidente della Fiera, Gianpiero Calzolari: «Siamo lo specchio del Paese...». La prossima settimana si discuterà della cassa integrazione con i sindacati, ma per la Filcams-Cgil bisognerà partire da un punto fermo: «Le tutele dovranno riguardare non solo il personale di Bologna Fiere, ma anche i lavoratori in appalto». Altrove la situazione non è meno preoccupante. Per Cna Emilia-Romagna tre imprese su quattro stanno già accusando gli effetti dell’allarme coronavirus, mentre le coop bolognesi dei trasporti (Saca e Cosepuri) parlano di una situazione «vicina al collasso», e chiedono lo stato di crisi.