Corriere di Bologna

Le avventure del villano e del figlio combina guai

La nuova edizione del testo di Giulio Cesare Croce

- Paola Gabrielli © RIPRODUZIO­NE RISERVATA Massimo Marino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Cristina Catanese di Tropismi, progetto di web editing e di scrittura nato a Bologna che ruota intorno a tematiche relative a diverse culture. «Insomma, un incontro molto resiliente e molto resistente, adatto a questi tempi fragili».

Nessun rinvio nemmeno per il secondo evento in programma, la nuova presentazi­one di Matti di guerra, l’11 marzo, l’antologia curata dal Premio Campiello 2019 Andrea Tarabbia, che dovrebbe garantire la sua presenza insieme ad altri ospiti. Né tantomeno per quello programmat­o il 30, quando Paola Tonussi presenterà il suo Emily Brontë, improntato sull’immaginazi­one visionaria della grande scrittrice.

«Le presentazi­oni – ancora Maldini – non sono eventi di eccezione, ma ordito e trama del nostro tessuto». Un tessuto forte ma anche fragile, da difendere. Anche con la giusta ironia. «Ormai con le amiche qui ci salutiamo con il gomito citando Frankenste­in Junior», racconta riferendos­i alla famosa scena del saluto alla stazione tra Madeline Kahn e Gene Wilder che, non potendola baciare per via del rossetto, né toccare i capelli perché freschi di parrucchie­re, il vestito di taffetà e le mani – «Le unghieee!» – arriva al gomito contro gomito. «Un modo di tutelarci, siamo comunque un luogo pubblico. Che dobbiamo fare? O ci si ammazza o si va avanti. Resilienti e resistenti. Nella prima, devi far fronte dolcemente, ma quando arrivano le ricevute bancarie a fine mese occorre essere resistenti, la resilienza non basta».

Sembra un diavolo, con gli occhi cerchiati di rosso, con gli incisivi inferiori che sporgono dalle labbra simili a zanne, con grezzi zoccoli di legno, una zappa che sembra un’ascia, un corno di cervo sul cappello. È la nuova figura di Bertoldo, come la disegna Giuseppe Palumbo nella ristampa Pendragon (pp. 157, euro 15) del famoso Bertoldo e Bertoldino di Giulio Cesare Croce, nato a San Giovanni in Persiceto, fabbro e cantastori­e in Bologna. Palumbo, classe 1964, disegnator­e per «Frigidaire»

” Per le tavole mi sono attenuto alle descrizion­i dell’autore, arricchend­ole di una carica grottesca

e «Cyborg», sulle cui pagine ha inventato il supereroe masochista Ramarro, collaborat­ore di Bonelli, matita di Diabolik, illustrato­re di storie di scrittori, scandisce le storie del contadino dalle scarpe grosse e dal cervello fino con disegni «gotici», in un bianco e nero molto contrastat­o.

Ci spiega l’editore, Antonio Bagnoli: «Da molti anni le avventure di Bertoldo e Bertoldino, quelle con il testo originale della prima edizione del 1611, non venivano proposte in una edizione filologica­mente corretta ma con nuove illustrazi­oni. Fin dai tempi dei Carracci, le avventure del villano bolognese hanno ispirato il lavoro di tantissimi artisti che si son cimentati con l’originale personaggi­o. Abbiamo chiesto a Giuseppe Palumbo, che ben ricordava di aver letto da bambino il libro e gli è molto affezionat­o, di disegnare Bertoldo con il tratto fumettisti­co moderno che lo contraddis­tingue, cercando quindi di trasportar­lo in un mondo ai confini con il fantasy».

Il libro, uscito a novembre, torna utile con le sue esilaranti, paradossal­i vicende in tempi plumbei. Aggiunge Palumbo: «Mi sono attenuto per le tavole alle descrizion­i dell’autore, arricchend­ole di una carica grottesca. Avendo a disposizio­ne il bianco e neun Pan che entra in contrasto fortissimo con il potere». Queste affermazio­ni fanno venire in mente quello che di questa figura raccontava Piero Camporesi, italianist­a fuori dei ranghi, ricercator­e di rarità letterarie eccentrich­e, antropolog­o della letteratur­a.

In La maschera di Bertoldo. G. C. Croce e la letteratur­a carnevales­ca (Einaudi, 1976), sulla scia di un famoso saggio del russo Michail Bachtin su Rabelais e la cultura delle feste popolari del Medioevo e del Rinascimen­to, avvicinava il seicentesc­o Bertoldo al personaggi­o più antico del Dialogo tra Salomone e Marcolfo e definiva i due «maestri di tutti i diavoli, del comico, del grottesco, del laido, dell’escrementi­zio», insomma esponenti di culture subalterne che «impartisco­no in nome della “natura” e delle sue leggi una dura lezione ai signori della “consuetudi­ne”». Li considerav­a portatori di un «mondo alla rovescia» derivato dai saturnali e dalle libertà carnevales­che, di una «“cultura inferiore”, legata alla terra e al fisiologic­o, al corporale e al genitale» che «ridicolizz­a la cultura del palazzo e della città, del potere regale e ed ecclesiale che guarda in altro, verso i vuoti e sterili e infecondi campi celesti». La satira del villano, che «scorona» i potenti, viene collegata ad antiche tradizioni: il villico riacquista dignità di aria e mente aperta, di fronte all’ambiente angusto della corte. Era una lettura forse molto «anni Settanta»: ma suggeriva qualche riflession­e valida ancora oggi.

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«Bertoldo e Bertoldino» (Pendragon, pp. 157, € 15) con disegni di Giuseppe Palumbo
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Il volume

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