I sindacati della penitenziaria «Il sistema è al collasso» I penalisti: «Indulto subito»
Una mina accesa pronta ad esplodere che i sindacati di polizia penitenziaria e gli avvocati delle Camere penali di tutta Italia segnalavano da tempo. All’indomani delle violente rivolte nei penitenziari di Modena e Bologna, tutte le sigle sindacali puntano il dito contro il sovraffollamento delle carceri, gli organici sottodimensionati e la politica da tempo indifferente.
«Da tempo manifestiamo tutta la nostra contrarietà alla vigilanza dinamica che non garantisce la sicurezza — dice Francesco Paolo Campobasso, segretario regionale del Sappe in Emilia Romagna —. Con gli organici non all’altezza, le strutture fatiscenti, i sistemi anti-intrusione e antiscavalcamento insufficienti una rivolta risulta ingestibile. Il Sant’Anna di Modena — prosegue — era solo uno degli istituti penitenziari in condizioni inadeguate e ne abbiamo la dimostrazione. Il sistema delle carceri è fallimentare». Il Sappe chiede di abolire il regime di celle aperte che però è stato adottato dopo la condanna dell’Italia da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo per la mancata garanzia ai detenuti dello spazio minimo vitale. Il Sinappe, invece, in una lettera inviata al premier Giuseppe Conte chiede «l’immediato commissariamento delle carceri e l’avvicendamento del ministro della Giustizia e del capo del Dap». «Quello che sta accadendo in queste ore — scrive il segretario generale Roberto Santini –— costituisce la fotografia di un sistema al collasso». «Il Sinappe chiede da mesi — aggiunge il segretario regionale Gianluca Gilberti — l’adeguamento dell’organico di polizia penitenziaria che consenta di ripristinare tutti i posti accorpati per la grave carenza di uomini patita dagli istituti di pena del distretto emiliano-romagnolo».
Per gli avvocati riuniti nell’Unione delle Camere penali italiane, invece, a causa del sovraffollamento delle carceri (quasi 10mila detenuti in più rispetto alla capienza) «l’amnistia e soprattutto l’indulto sono le strade da seguire ed occorre rafforzare subito il personale dei tribunali di Sorveglianza per verificare quanti hanno diritto ai domiciliari o alla misura alternativa dell’affidamento in prova al servizio sociale». «Le rivolte dei detenuti — osservano i difensori — non possono essere giustificate, ma traggono origine da un male che da troppo tempo affligge l’esecuzione penale in Italia. Lo Stato deve assumersi le sue responsabilità anche verso i cittadini reclusi che non possono essere privati dei loro diritti».
«L’emergenza sanitaria dovuta Covid-19 e le misure adottate per contenerlo — scrive Gennarino de Fazio della Uilpa al premier Conte — hanno fatto emergere solo la punta dell’iceberg di un degrado penitenziario risalente nel tempo che non è stato mai affrontato. È risultato persino grottesco e irriguardoso un comunicato diffuso ieri sera (domenica, ndr) dal Ministro della Giustizia, con il quale si minimizzava e si descriveva la situazione come in via di risoluzione, mentre si contavano i morti a Modena».
” Campobasso (Sappe)
La vigilanza dinamica, con gli organici non all’altezza, non garantisce sicurezza