Dall’allegra movida al deserto L‘improvvisa mutazione di Rimini
«Da qui non si entra e non si esce». Nella serata di sabato, non appena era iniziata a diffondersi la notizia dell’imminente approvazione del decreto che ha inserito la provincia di Rimini tra le «zone arancioni», per strada, nei locali della movida del capoluogo romagnolo, sui social, nelle comunità virtuali che raggruppano decine di riminesi, era questo il refrain.
In una provincia in cui i casi di contagio da coronavirus accertati sono ad oggi 164, tutto sembrava scorrere come sempre: pub, ristoranti e bar pieni, gente a passeggio a Rimini, più cautela nella zona sud, tra Riccione, Cattolica e in particolare i piccoli comuni dell’entroterra riccionese, dove risiedono gran parte dei pazienti affetti dalla malattia. Ma all’indomani dalla firma del decreto restrittivo, è il tema della mobilità a tenere maggiormente banco, in particolare per questioni lavorative.
Tuttavia chi aveva temuto di imbattersi già ieri mattina in posti di blocco e controlli serrati si sbagliava. È bastato imboccare la via Emilia e percorrerla quel tanto che è bastato per uscire dalla zona ad alta sorveglianza. Almeno fino a ieri (ma oggi dovrebbe cambiare) nessun posto di blocco dal capoluogo fino a Santarcangelo di Romagna, via libera anche al confine tra il piccolo comune Savignano Sul Rubicone, primo avamposto della Provincia di Forlì Cesena, e infine nessuna pattuglia neppure alle porte della città dei due Papi, che da Rimini dista 27 chilometri. Solo il sindaco di Morciano Giorgio Ciotti nella mattinata di ieri aveva segnalato che i Carabinieri avevano iniziato a sorvegliare le principali vie di accesso al paese, tra i comuni più colpiti dai contagi. Via libera, invece, ai caselli di Rimini Nord e Rimini Sud, così come sul confine con la vicina Repubblica di San Marino.
Il tutto mentre venivano diffusi online i modelli da utilizzare per le autocertificazioni da presentare agli ufficiali di Polizia in caso di trasferimenti interni ed esterni alla zona arancione. Quelli che invece hanno dovuto presentare i viaggiatori in arrivo e in partenza dalla stazione di Rimini ai militari dell’esercito e gli agenti della Polfer. Nella serata, infine, è arrivato dalla Prefettura di Rimini l’annuncio dell’imminente avvio dei controlli sulla rete stradale, aeroportuale e addirittura marittima. Chi dovrà spostarsi internamente, da un Comune all’altro o andare fuori Provincia o San Marino dovrà viaggiare con l’autocertificazione o con documenti specifici con cui provare l’effettiva sussistenza di esigenze lavorative o relative alla cura propria o dei propri familiari (in caso di falsa dichiarazione scattano denuncia e mandato di cattura per ingressi e le uscite). Se le misure restrittive funzioneranno, insomma, lo si saprà solo nei prossimi giorni.
Di sicuro la chiusura forzata all’orario dell’aperitivo di pub, bar e ristoranti ha avuto l’effetto sperato. Città e comuni deserti e un’atmosfera quasi spettrale già in prima serata. Ma l’appello continuo ai cittadini a «stare a casa» sembra essere ascoltato quando i locali abbassano le saracinesche e ignorato quando le attività sono aperte. Nella giornata di domenica, sotto un sole primaverile, in centinaia, a Rimini e a Riccione, hanno affollato le spiagge e i bar, dove spesso e volentieri, i tavolini erano posizionati ben al di sotto della misura «anti droplet». Tanto che i sindaci di tutta la provincia hanno condannato le immagini trapelate dai social. «Così proprio non va, siamo pronti a chiudere tutte le attività che non rispettano le regole», ha tuonato il sindaco di Rimini Andrea Gnassi in un video appello alla cittadinanza.