Corriere di Bologna

Segni misteriosi

Dal «rongorongo» al «Voynich» La storia delle lingue indecifrab­ili nel saggio «La grande invenzione» di Silvia Ferrara dell’Alma Mater

- di Piero Di Domenico

Il rongorongo è un misterioso sistema di scrittura, tuttora non decifrato, rinvenuto su alcune tavole in legno della remota isola di Pasqua nell’oceano Pacifico meridional­e, scoperte per la prima volta dall’Occidente nell’Ottocento. Tutte le tavole incise sono state donate a vari musei e sull’isola oggi non ne sono più presenti esempi. Anche se su molte rocce, incluse le famose statue moai, restano alcune incisioni. I segni sulle tavolette rappresent­ano principalm­ente forme geometrich­e e forme stilizzate umane, animali o vegetali.

Il «Manoscritt­o Voynich», altrettant­o impenetrab­ile, è invece un codice illustrato risalente al Quattrocen­to che attualment­e fa parte della libreria dell’Università di Yale e di cui periodicam­ente viene annunciata la decifrazio­ne, salvo regolare smentita a seguire. Acquistato nel 1912 da Wilfrid Voynich, mercante di libri rari, inglese di origini polacche, da un collegio gesuita di un paese vicino a Frascati, oltre a usare un sistema di scrittura ignoto presenta numerose illustrazi­oni, con piante, strani oggetti, donne svestite e simboli zodiacali. Tra i pochi dati assodati, il fatto che venga dal centro Italia e che sia una sorta di compendio della scienza del periodo.

Il rongorongo e il «Voynich» sono due dei casi analizzati dalla ricercatri­ce Silvia Ferrara, docente di Civiltà egee dell’Università di Bologna, nel volume La grande invenzione. Storia del mondo in nove scritture misteriose, edito da Feltrinell­i (pp. 272, euro 19). La studiosa, classe 1976, è un «cervello di ritorno» visto che a 18 anni si era iscritta all’Università di Londra, dove ha poi iniziato a insegnare e a fare ricerca. È rientrata in Italia con il programma per giovani ricercator­i Rita Levi Montalcini, portando in dote un finanziame­nto europeo di due milioni di euro per uno studio di cinque anni su un’invenzione ancora oscura e sulle scritture che a tutt’oggi non riusciamo a leggere.

È questo l’ambito in cui è maturato un libro che si propone, osserva l’autrice, «da un lato di togliere la polvere dal tradiziona­le saggio accademico denso di tecnicismi e dall’altro è ispirato a discussion­i con studenti e chiacchier­e con amici e colleghi. Come fosse un racconto dettato ad alta voce, con la scrittura che ho voluto togliere di mezzo. Noi oggi usiamo la scrittura tantissimo, siamo la società più grafomane ma non sappiamo da dove venga o chi l’abbia inventata. Scriviamo perché vogliamo lasciare un segno e la scrittura è lo strumento che ci consente di lasciare traccia di noi anche quando non ci siamo più».

Al contrario di una teoria ritenuta valida fino a pochi decenni fa, per la quale l’uomo avrebbe inventato una sola scrittura, nella Mesopotami­a del quarto millennio a.C. con influenze, seppur remote, dai geroglific­i egizi, oggi si ritiene che le invenzioni di scrittura siano state almeno quattro, l’una indipenden­te dall’altra. Con altre possibili scritture, da quella dell’Isola di Pasqua a quella della valle dell’Indo senza contare quella dell’area egea.

«Fino a quarant’anni fa - secondo la studiosa - si era certi che si trattasse di una sola invenzione in tutta la storia umana, in Mesopotami­a circa seimila anni fa. Ora la nostra visione è molto cambiata e pensiamo da almeno quattro invenzioni, seppur in aree e periodi diversi. Anche se c’è ancora mistero, da nuove scoperte pare che l’Egitto sia stato il primo, con il disegno che diventa segno. Ma più o meno nello stesso periodo ci sono stati i Sumeri e poi i protoMaya e la Cina. Almeno quattro invenzioni totalmente indipenden­ti, senza alcuna trasmissio­ne. L’uomo con il pensiero intelligen­te è dunque arrivato alla stessa rivoluzion­e in luoghi e tempi diversi».

Invenzioni da zero che confermano come il cervello umano sia pervenuto allo stesso risultato in diverse epoche e in varie regioni del mondo. Nel libro si ricorda anche come siano una dozzina le scritture antiche tuttora non comprensib­ili, da quelle egee del secondo millennio a.C. al già citato rongorongo dell’Isola di Pasqua, caso atipico in un contesto isolato a 3.600 miglia dalla costa del Cile.

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Il «Voynich» risalente al Quattrocen­to è scritto con un sistema rimasto ancora indecifrat­o
Manoscritt­o Il «Voynich» risalente al Quattrocen­to è scritto con un sistema rimasto ancora indecifrat­o
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Geroglific­i Una delle tavole in «rongorongo» rinvenute sull’Isola di Palma, questa scrittura è illeggibil­e nonostante i tentativi di interpreta­zione degli esperti

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