Bietti: «Un illuminista»
Sospeso Bologna Festival con i «Carteggi musicali»
stroncature ricevute dal film. Con qualche eccezione, come quella di Claudio G. Fava: «Ne venne fuori un film che fece nascere perplessità e lodi, che era in qualche modo fuori da molti schemi correnti dell’epoca: troppo lento, troppo parlato, troppo trasognato, troppo ironico, ecc. In più c’era Alberto Sordi, a cui non s’erano ancora abituati né pubblico né critica: Sordi con il suo faccione impagabile, stralunato, l’intenzione ironica così terribilmente romanesca, il sapore autodistruttivo che si rinviene sempre nei suoi personaggi più significativi, mescolanza di viltà e di trasalimenti autoironici, volutamente incredibili».
Tra i consigli figurano inoltre altri film di Fellini o collegati a quest’ultimo in qualche modo, da La rosa purpurea del Cairo di Woody Allen, felliniano da sempre, a La grande bellezza di Paolo Sorrentino, altro autore il cui cinema è dichiaratamente ispirato a Fellini. Oltre a film, suggerimenti anche di canzoni, videogiochi e libri correlati, da La legge del sognatore di Daniel Pennac a Viaggio a Tulum, fumetto ideato da Fellini e disegnato da Milo Manara.
Tra i videogames si pesca nel passato, a «Nights: Into Dreams» del 1996 e «Clowns» del 1978, mentre gli ascolti della settimana passano per Wanda, stai seria con la faccia, ma però… di Paolo Conte, Fellini di Antonello Venditti, Cinecittà e Gomma dei Baustelle e Dev’essere così di Cesare Cremonini, scritta durante una notte trascorsa a New York e ispirata al capolavoro del 1963, 8 e 1/2.
Avrebbe dovuto aprire le conversazioni dei «Carteggi musicali», conferenze con ascolti di «Bologna Festival», dedicate a epistolari di musicisti. Gli incontri, programmati per marzo, sono stati annullati o rimandati per l’emergenza coronavirus. Giovanni Bietti, musicista e compositore, una delle voci di «Lezioni di musica» di Radio 3, avrebbe dovuto parlare oggi di «Beethoven e le guerre napoleoniche». Lo rintracciamo al telefono, per una piccola guida bibliografica alle composizioni del musicista di
” Ha cambiato i parametri della musica, rivolgendosi anche ad altre culture con arrangiamenti popolari
Bonn, in questo 250esimo anniversario della nascita.
Maestro Bietti, di cosa avrebbe discusso?
«Degli epistolari del periodo che va dal 1805 al 1809, tra le due occupazioni napoleoniche di Vienna. È uno dei suoi momenti più interessanti della sua attività, tra la “Terza sinfonia” e la “Sesta”. Certo, in una vita e in una produzione sempre intense, non è facile individuare un segmento... Le sue lettere sono state raccolte in ben sei volumi, pubblicati dall’Accademia di Santa Cecilia».
La bibliografia in italiano non è però estesissima.
«Ed è anche piuttosto tardiva. Il libro di Giovanni Carli Ballola è del 1985. Dopo ci sono stati testi tradotti, come Beethoven e il suo tempo di Carl Dahlhaus (edizioni Edt), un libro per specialisti».
E La vita, l’opera, il romanzo familiare di Maynard Solomon?
«È un’interessante biografia scritta da uno psicanalista, a volte forzata, per riportare un autore vissuto agli inizi dell’Ottocento alle teorie di Freud e Jung. Interessante è una specie di noir, per cui l’autore prova a svelare chi fosse “l’immortale amata” del musicista».
Lei nel 2013 ha scritto per Laterza Ascoltare Beethoven (pp. 308, euro 18).
«L’idea era di offrire uno sguardo panoramico sulla sua vita e sulla sua opera strumentale, comprensibile anche al lettore non specialista. All’inizio del libro si trova un codice Qr che rimanda a link dove ascoltare esempi musicali. Alla fine c’è un glossario che spiega i termini tecnici».
Il volume si apre con uno sguardo alle categorie di tempo, spazio, memoria, contrasto.
«Si tratta di spiegare come questo musicista, che è il più eseguito al mondo, ha cambiato i parametri fondamentali della musica».
Nella seconda parte tratta il rapporto tra Beethoven e il mondo.
«Fu sempre problematico, per la sordità, per il carattere eccentrico, per la radicalità politica e morale. Fu illuminista: nel Fidelio, nella “Quinta” e nella “Nona sinfonia” propaga la fraternità tra tutti i popoli del mondo».
La terza parte è dedicata al suo linguaggio.
«Analizzo i mattoni con cui costruisce il suo edificio. Qui tratto temi complessi, come quello della tonalità, di come si scrive e si elabora un tema, una melodia, facendola riapparire in modo spezzettato, frammentato, nel corso della composizione».
Di cosa tratta l’intermezzo sulla musica popolare, che sembra preparare il suo studio più recente, Lo spartito del mondo?
«Tra il 1810 e il 1820 scrisse 170 arrangiamenti di canzoni popolari di tutte le nazioni. Qui si vede ancora il suo sguardo cosmopolita, aperto. Entra in contatto con composizioni estranee al canone della musica occidentale. Si rivolge ad altre culture».
L’ultima parte, lei la dedica alle forme compositive.
«Alla musica per pianoforte e al quartetto, veri laboratori della sua creazione. E poi al prodotto della sperimentazione in quei campi, la grande musica orchestrale, pubblica».