Dal centro al Pratello, il grande vuoto senza movida
«Stiamo combattendo una guerra contro un nemico invisibile: evitare di diventare portatori di questo virus è l’unica arma che abbiamo. Capisco il danno economico, ma dobbiamo farlo. Speriamo però ne valga la pena, altrimenti oltre al danno rischiamo anche la beffa». Sono ancora le 17.30 del primo giorno di «coprifuoco», quando Gabriele, responsabile del centralissimo Caffè Vittorio Emanuele, in piazza Maggiore, sta già rimettendo i tavolini a posto. Fra i nuovi provvedimenti per evitare ulteriori contagi da Coronavirus, in vigore da ieri, c’è anche la chiusura anticipata di bar e ristoranti alle 18. Un’idea anticipata qualche ora prima pure dal sindaco di Bologna, Virginio Merola, e che porta in dote, ovviamente, una città ulteriormente deserta.
Tante le saracinesche chiuse, tra chi ha deciso di approfittarne per ferie o lavori di manutenzione e chi tiene aperto solo fino all’ora di pranzo. «In giornate così belle, di solito, a quest’ora è pieno di turisti che guardano il tramonto su piazza Maggiore con uno spritz» assicura Gabriele. Ma non sarà così fino al prossimo 3 aprile. A Bologna come nel resto del Paese. Bar, ristoranti, palestre, piscine, centri anziani, scuole: tutto chiuso. Centri commerciali fermi solo il weekend. E poi niente manifestazioni pubbliche o cinema e limitazioni negli spostamenti. «Anche io mi sono organizzato — aggiunge Gabriele —: sistemerò l’armadio, guarderò una serie tv, cucinerò, starò coi miei figli». Perché in fondo è meglio affrontarla così.
«Non c’è nessuno, forse sarebbe stato meglio chiudere tutto» dice invece Giancarlo, titolare del LabSedici. Anziché allestire come al solito il suo solito bell’aperitivo, sta rimettendo tutto a posto: impensabile alle cinque del pomeriggio nel cuore di via Zamboni. «Il Coronavirus circola solo dopo le 18 e a pranzo no?» si chiede Giancarlo, che aggiunge. «Anche noi stiamo valutando una chiusura totale». In via delle Belle Arti, altre saracinesche sono già chiuse (e lo resteranno) fra copisterie, pizzerie e trattorie. E lo stesso in via Goito e in via Clavature. «Siamo messi tutti male, oggi forse avremmo fatto una quindicina di coperti» racconta un dipendente de La Prosciutteria di via Oberdan, alle prese con le pulizie prima di tornare a casa. «C’è stato un calo assoluto di clienti e le realtà più piccole sono quelle che soffrono maggiormente — continua —: più passa il tempo, peggio è».
Nessuno però pensa si stia esagerando con le contromisure al virus. Piuttosto si cerca di correre ai ripari per non affondare, fra focacce biologiche scontate in via Marsala e «l’ipotesi di fare solo vendita, anziché somministrazione», di Medulla Vini, sempre in via Oberdan. «Così da poter restare aperti fino alle 20 ma solo come negozio — spiegano i titolari —. Stiamo valutando». «È già da una settimana che le cose vanno male, forse solo nel weekend c’è stata un po’ più di gente. Però penso sia giusto chiudere alle 18 — dice infine il titolare del Momus Cafè, in piazza San Martino —. Per un po’ di tempo si può fare, ma se dura di più diventa davvero difficile. Resisteremo, sperando possa servire a risolvere la brutta situazione che stiamo vivendo».