Bologna in movimento «Praid - dieci anni dopo»
Il docufilm Da «Rai Per Una Notte» alle Sardine, il video di Giuliana Sias
Dieci anni fa Giuliana Sias, giovane neolaureata munita di telecamera, si trova per caso in piazza XX Settembre, a Bologna. Incontra Sandro Ruotolo. L’occasione è una manifestazione dell’allora Popolo Viola (chi ricorda?): «Rai Per Una Notte». Il 25 marzo 2010 «Rai Per Una Notte» va in onda dal Paladozza. Nata come puntata speciale del programma «Annozero» di Michele Santoro, è resa possibile grazie a una raccolta fondi dal basso e viene trasmessa via web per aggirare la sospensione dei programmi di approfondimento politico a ridosso delle elezioni regionali. Sotto lo pseudonimo di Alice Boum, Giuliana pubblica alcuni video di quella manifestazione e in appena 24 ore raggiunge oltre 100mila utenti. Boum fa «boom» rivolgendosi a quel pubblico.
Facciamo ora un salto di dieci anni. Ancora Bologna.
Un nuovo movimento è nato, quello delle Sardine e Giuliana Sias, riflettendo su questo decennio, con lo sfondo delle elezioni regionali dell’EmiliaRomagna e un simile scenario incerto – ieri la novità era Giovanni Favia del M5S, oggi la leghista Lucia Borgonzoni – esce con il suo primo documentario. Indipendente. S’intitola «Praid – dieci anni dopo Rai per una notte», scritto proprio così perché «contiene anche la parola Rai e mi dava un senso di libera interpretazione», spiega l’autrice.
La domanda di partenza è: «L’Italia del 2010 assomiglia in qualche modo a quella del 2020?». Da domani è visibile gratuitamente su www.monteirorossi.it, che è poi un altro pseudonimo di Giuliana ispirato all’aspirante giornalista di Sostiene Pereira. Sarà una buona occasione per ragionare sulla libertà d’informazione e il rapporto tra i movimenti di piazza, la politica, la stampa. Sue sono le riprese, il montaggio e la voce. Le interviste, sia quelle di dieci anni fa, sia quelle di oggi, sono di Simona Sagone. La colonna sonora invece è stata concessa in licenza da Moby. «È sconfortante – spiega Giuliana, 38 anni, giornalista e blogger – scoprire che argomenti considerati nuovi siano in realtà roba vecchia».
Il documentario, anticipato da un rumore a macchina da scrivere che richiama il romanzo di Tabucchi – «Caro Monteiro Rossi, il suo articolo è impubblicabile…» - apre con le interviste inedite del Paladozza. Uno spettatore invoca maggior controllo dell’informazione in rete «in cui chiunque può mettere qualunque cosa». Un altro rivendica l’utilità di una manifestazione come quella per «rendere il servizio pubblico indipendente dai partiti politici». Un attimo dopo, Mattia Santori da Piazza Maggiore lo scorso 19 gennaio davanti a 10mila persone lancia lo slogan «Bologna non si Lega». Ironia della sorte, in contemporanea al Paladozza ora c’è il popolo della Lega. «Ho voluto lasciare intatte le interviste del 2010, in epoca pre-digitale, perché se fossi intervenuta sembravano effettuate nello stesso periodo, tanto risulta attuale il materiale d’archivio». Le similitudini non mancano. Anche se i termini cambiano. Laddove si usava il termine «informazione», ora c’è «comunicazione».
I 45 minuti di video sono suddivisi in sette capitoli: «Informazione vs propaganda», e poi fake news, lavoro, la disintermediazione di renziana memoria, internet, politica, e la domanda finale: «Che fare?». Chi raccoglierà il testimone? I fili si intrecciano di continuo, tra pubblico, gli interventi di Moni Ovadia, Beppe Grillo, Luca Bottura (in un intervento del 2009 a favore di Radio Città del Capo), Renzi, Berlusconi e altri. «Sorprende anche – conclude – che mentre Santoro e Grillo invocavano la rete per una maggiore libertà, oggi le Sardine, anche se nascono in rete, parlano della necessità di tornare in piazza. Ma a un certo punto la piazza non andrà più bene. La questione allora è la sostanza, altrimenti si torna a cadere sugli stessi errori».