Corriere di Bologna

Sigarette finite e lutti da quarantena Così si rimodellan­o i bisogni primari

Il paese non è mai stato tanto unito, almeno via web, dalle sagre del Barbarossa

- Di Caterina Cavina © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le sigarette! Nei distributo­ri sono finite le sigarette! Giorno cinque di reclusione, i bisogni primari si fanno sentire. Non miei, quelli del popolo di Medicina, zona blindata, che inondano il web.

Sono finite le sigarette, dunque. Alle 9 sono ancora a letto, quando mi arriva via WhatsApp una fake news: chiuderà tutta la Gdo, saranno i militari a darci il rancio, come in caserma. Dai, è la volta buona che dimagrisco. Ieri sera abbiamo registrato un altro decesso, il nonno di un mio carissimo amico, Francesco Alcamo, detto Baffo. Tutta la famiglia ora è in quarantena, ognuno in una casa diversa. «Verrà il tempo», mi scrive la figlia di un altro defunto. Fa quasi piacere che qualcuno pensi alle sigarette.

Mi manca il caffè. Rammento la piramide dei bisogni di Maslow: fisiologia, sicurezza, appartenen­za, stima e auto-realizzazi­one. A necessità fisiologic­he per ora sono a posto, non tutte, ma ci siamo. Appartenen­za? Medicina non è mai stata così unita, almeno via web, a parte qualche polemica sui chi va a correre, ci si sostiene l’un l’altro. Certi risultati si ottenevano solo con le ubriacatur­e collettive alla sagra del Barbarossa, e nemmeno tutti gli anni. Stima, difficile, diciamo che qualcuno mi vuole bene. Realizzazi­one... sto scrivendo più ora di quando lo facevo per lavoro, quindi.

Chiedo in giro, sempre via web, come siamo messi a bisogni primari. Cosa ci manca di più. Il sushi vince a mani basse, seguono le creme viso e quelle spalmabili alla nocciola. Tutte reperibili, ma non di «quella» particolar­e marca. Eh... il benessere.

Esco per comprare la polvere del caffè. Vado al negozio vicino a casa, il Meridiana. Fuori hanno impilato tante cassette di legno per appendere un foglio che intima di entrare uno alla volta. Dentro c’è Luciana, gentile come sempre, lei viene da Sesto Imolese, fuori zona rossa. Sta stampando dei fogli: «Ricordati che chi è al supermerca­to non è immune al contagio, rispettalo quando vai a fare la spesa. Grazie».

«Che è successo?» «Niente, c’erano due signori con la mascherina abbassata, discutevan­o vicino a me, ho chiesto loro di mantenere la distanza di sicurezza e mi hanno aggredita a parole».

Luciana è stata fermata ai varchi il primo giorno di lockdown, ora entra ed esce dal varco in quanto fornisce un servizio essenziale. «La clientela è calata, comunque lavoriamo lo stesso perché magari chi viene fa una spesa unica ma più grande, poi io a fine turno faccio dei giri e porto la spesa a casa a chi me la chiede, persone anziane che conosco da anni... Sì, anche secondo me non finirà il 3 aprile, ma ci si spera, no? No, non credo che ci chiuderann­o del tutto, ci saranno riduzioni di orari e di merci, ma c’è ancora scelta, invece di quattro tipi di mozzarelle ne abbiamo due, bene lo stesso, no?».

Già, vanno bene lo stesso, ma vallo a dire ai detrattori di Maslow.

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