Corriere di Bologna

Covid-19, allarme clochard «Servono nuovi alloggi»

Piazza Grande e Avvocato di strada: «C’è bisogno di cure e più spazi»

- Francesca Blesio © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Io vorrei restare a casa. Se togliete gli spazi tra le parole e aggiungete il cancellett­o davanti otterrete un messaggio d’aiuto. E l’appello al presidente del Consiglio, ai presidenti delle regioni e ai sindaci dei comuni italiani partito da Bologna e lanciato dall’associazio­ne Avvocato di strada. «Bisogna occuparsi, e in fretta, di chi non ha un tetto sulla testa ed è costretto a vagare per le città». Gli ultimi, in questo caso, sono i primi a rischiare. E a soffrire. A rendere grottesco il dramma: i verbali redatti in alcune città (è già successo a Milano, Modena, Verona e Siena) a senzatetto per la violazione dell’articolo 650 del codice penale.

Tre sono le richieste degli avvocati che hanno sottoscrit­to l’appello. «Chiediamo di smetterla con le denunce: come si può denunciare qualcuno perché non sta a casa se una casa non ce l’ha?» attacca Antonio Mumolo. Serve poi un tetto per tutti: «I sindaci devono prolungare il piano freddo — ammonisce l’avvocato — e avere dallo Stato un aiuto per poter fornire ulteriori spazi alle persone senza dimora». La terza domanda riguarda l’emergenza sanitaria. «A queste persone va assegnato un medico di base». In questo momento sarebbe utile anche un presidio sanitario. «Bisognereb­be fare uno screening a tutti coloro che passano dai dormitori: nome, cognome, stato di salute e tampone per il Covid-19». A Bologna il Comune si muovendo per quel che riguarda i letti. «Ha prolungato gli orari (diurni) dei centri d’accoglienz­a», registra Mumolo. Gli ospiti sono costretti fuori «solo» 4 ore, il tempo utile per sanificare gli ambienti.

” Zuppi Persone che vivono in strada o che avevano lavoretti ora spariti: ricordiamo­ci di loro

Da Piazza Grande sottoscriv­ono tutti i punti dell’appello. «La situazione a Bologna è pensata e monitorata, non ci sono più tante persone fuori di notte — assicura il presidente Carlo Francesco Salmaso — Ma c’è un piano freddo che finisce il 31 marzo e andrebbe prolungato. Il fatto che sia operativo di giorno è però buona cosa. Ma ci sarebbe la possibilit­à di fare ancora di più. Avere più spazi aiuterebbe: oggi queste persone vivono in camerate o se va bene in stanze doppie. Se non stessero in gruppo sarebbe meglio: abbasserem­mo il rischio di contagio. E decongesti­onare con altre strutture sarebbe importante soprattutt­o per over 60 e immunodepr­essi o chi (per ora nessuno) sarà costretto alla quarantena». Tra gli spazi suggeriti dall’associazio­ne Avvocato di strada c’erano palestre, capannoni o altri edifici pubblici o privati.

La solidariet­à non si ferma, per fortuna. Nel chiostro dell’Antoniano in questi giorni «sono stati distribuit­i quasi 3mila kit alimentari, andando oltre i 120 pasti al giorno che garantiamo di solito» racconta frate Giampaolo Cavalli.

Alle Cucine popolari «non si mangia più insieme e si entra uno alla volta per ritirare il pasto, e dispiace perché manca la pacca sulla spalla e lo scambio di idee», fa presente Roberto Morgantini, ma ancora riescono a distribuir­e i 250 pasti giornalier­i di sempre. «In questi giorni vengono fuori anche persone nuove, che magari prima vivevano di piccole donazioni e ora non hanno più chi li aiuta».

Giusto ieri l’arcivescov­o Matteo Zuppi, nell’omelia della messa in San Pietro ha ricordato l’affanno degli ultimi: «Sono arrivate tante chiamate da parte di persone che prima se la cavavano e che adesso non se la cavano più, perché non c’é possibilit­à di cavarsela. Persone che vivono in strada o che avevano tanti lavoretti di vario genere. Ricordiamo­ci sempre di loro, con piccoli gesti di solidariet­à».

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