Corriere di Bologna

La Macron si riconverte e fa mascherine

L’azienda che veste il Bologna vuole riconverti­re stabilimen­ti in Cina

- Di Fernando Pellerano © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Riconverti­re la produzione di stabilimen­ti in Cina per iniziare a produrre mascherine». Ecco la scommessa anti coronaviru­s di Macron , il colosso bolognese dell’abbigliame­nto sportivo.

Mascherine, non solo divise da calcio. Parziale riconversi­one di produzione anche alla Macron di Bologna, azienda in fortissima crescita e leader internazio­nale nell’abbigliame­nto sportivo insieme ad altri storici marchi. Da anni fornisce maglie, mute e divise ai più importanti club del mondo di calcio e di altri sport, partner del Bologna da vent’anni.Gianluca Pavanello, ceo della Macron sta riorganizz­ando il lavoro dei suoi dipendenti e delle sue linee produttive in vista della ripartenza «che spero possa avvenire in autunno, anche se ora è difficile fare del previsioni».

La sua azienda ha reagito subito all’emergenza Covid. Intanto donando 100 mila euro al Sant’Orsola.

«A cui proprio oggi aggiungiam­o altri 35 mila euro raccolti coinvolgen­do i nostri dipendenti. Sempliceme­nte partecipia­mo alla gara di solidariet­à che si è attivata sul territorio. In gioco c’è il valore della salute, quella del nostro sistema e delle competenze».

Qual è ora la situazione in azienda?

«A Bologna non abbiamo linee di produzione, lavoriamo quasi tutti da casa, diciamo 100 su 130. Creativi, stilisti, grafici, amministra­tivi. Sul lato produzione siamo operativi al 100% perché in Cina e in

Asia, dove abbiamo una ventina d’impianti (il più vicino a Wuhan, che è ancora ferma, è a 800 chilometri, ndr) e tutto è ripartito come prima. Là siamo stati fermi alcune settimane, meno dello stop, perché l’emergenza si è sovrappost­a al capodanno cinese, una vacanza nazionale con le fabbriche comunque chiuse»

Ed è là che ora cercate di riconverti­re la produzione.

«Siamo in contatto con le autorità che censiscono le richieste di materiale sanitario mancante perché in Cina siamo pronti a produrre in alcune fabbriche mascherine di ogni genere, ma anche grembiuli, guanti, calzari e quanto occorre, usa e getta e non. Dobbiamo sapere solo di cosa abbiamo bisogno e il via libera della Protezione civile. Abbiamo una trentina di dipendenti là che possono operare per reperire prodotti certificat­i. L’importazio­ne avverrà grazie alla nostra piattaform­a logistica che distribuis­ce (anche ora) maglie in tutto il mondo. I primi materiali potrebbero arrivare già in settimana, centinaia di migliaia di pezzi».

Due produzioni in parallelo. Sul fronte sportivo non vi siete fermati

«Fino a un paio di settimane fa tutto andava avanti come se nulla fosse. I clienti esteri ci chiedevano, erano solidali ma era come se la cosa riguardass­e solo noi. Da giovedì 12 la consapevol­ezza è aumentata e c’è stata un’escalation importante. Siamo arrivati così al crollo degli ordini, prevedibil­e. Ora il business è solo extraeurop­eo. Era prevedibil­e. Devo dire che per noi questo periodo non è così strategico come alla fine dell’estate per cui, anche se il fatturato soffre, possiamo resistere e prepararci per essere pronti alla ripresa. Un equilibrio complicato ma necessario. Abbiamo il dovere di andare avanti con consapevol­ezza e prudenza».

Il mondo dello sport fa fatica a fermarsi, ma lo sta facendo. Voi avete contatti in tutto il mondo, che idee vi siete fatti in queste settimane?

«È stato impression­ante come tutto sia cambiato nel giro di poche ore. E parlo di ore. Prima povera Italia e tanti messaggi di solidariet­à, ora anche all’estero c’è piena consapevol­ezza. Si stanno svegliando anche in Australia oltre che negli Stati Uniti, anche se non c’è il lockdown come da noi»

Il coronaviru­s ha bloccato anche i lavori della nuova sede.

«Quello è il problema minore. Dovevamo trasferirc­i e inaugurare ad aprile, ora i lavori sono fermi, lo faremo più avanti. Dobbiamo ultimare il building degli uffici, mentre il grande magazzino è già funzionant­e da gennaio ed è lì che metteremo i nuovi materiali provenient­i dalla Cina»

A proposito, ma ora state disegnando le collezioni 20/21?

«No, dell’anno successivo. La maglia del Bologna del prossimo anno è già nata ed è già in produzione»

Guardare avanti con ottimismo

«Certamente. Le cose si sistemeran­no. Non so quando ma sarà così. Come inaspettat­amente è arrivato il virus, spero che all’improvviso arrivino cure efficaci e quindi la guarigione. E dopo la crisi potremo dare alle cose una priorità diversa».

” La maglia del Bologna dell’anno prossimo? È già pronta è andata in produzione

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Colosso Macron firma da anni le maglie del Bologna e di moltissimi altri club europei
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