In viaggio nel Paese della Divina Commedia
Il libro «L’Italia di Dante» di Giulio Ferroni: un road book nei luoghi del Sommo Poeta
Riscoprire Dante. Utilizzare i suoi versi per guardarci meglio dentro. Celebrare il nostro maggiore poeta, che dal Medioevo lancia un segnale ancora attuale a tutto il mondo. Questo è il senso del «Dantedì» che si celebrerà in tutta Italia domani 25 marzo, anniversario presunto dell’inizio del viaggio nell’oltretomba, del «mi ritrovai per una selva oscura». L’idea è nata da Paolo Di Stefano, giornalista del Corriere della Sera, e a poco a poco ha trovato ampi consensi fino a diventare realtà. Domani si celebrerà in modo virtuale, come scriviamo in questa stessa pagina.
Un bel cammino in compagnia del Sommo è un volumone dell’italianista Giulio Ferroni, uscito poco prima che le librerie chiudessero, imponente di 1.232 pagine che si possono centellinare o anche divorare (meritano). È L’Italia di Dante. Viaggio nel paese della Commedia (La nave di Teseo, euro 30). Il professore emerito dell’Università di Roma qui depone i panni dell’accademico e si mette sulle piste dell’Italia dove il «ghibellin fuggiasco» fu e quella che citò nel suo viaggio ultramondano. Si tratta di un vero e proprio road book perché i luoghi ricavati dalle terzine il professore va a visitarli, li percorre, in un viaggio sentimentale che collega, per cortocircuiti, il tempo di Dante con l’oggi, mostrandoci le trasformazioni di noi italiani.
Si legge nell’introduzione: «Pensavo ai luoghi detti da Dante e a ciò che essi sono oggi: divenuti, pieni di vita o di disgregato silenzio, rinnovati o franati, tra persistenti tracce di ciò che era allora e segni di tutto ciò che è passato su di essi nel tempo. Luoghi d’Italia, di questa Italia che ho attraversato e vissuto nei miei anni, con la sua bellezza e il suo sfacelo; luoghi della vita e della poesia, la cui consistenza e il cui stesso habitat si sono coniugati con tanta poesia e letteratura, che li ha toccati nel corso del tempo, che ne ha interrogato il carattere, che li ha fatti riconoscere, comprendere, amare».
Nel viaggio appaiono personaggi letterari e scrittori, da Jacopo Ortis piangente sulla tomba del poeta a Ravenna a Montale a Pascoli a altri. E il confronto tra passato e presente genera pensieri, anche amari: «Tornare a Dante è anche un po’ sfuggire alla inessenzialità e all’inconsistenza di tanta letteratura di oggi, alla sua subalternità al mercato, ai modelli mediatici; ed è un ritrovare le vere ragioni della grande letteratura, di contro alla sua attuale marginalizzazione».
La Romagna, poi Bologna e l’Emilia, occupano una bella parte del libro, in capitoli che partono sempre da terzine delle tre Cantiche. Si raccontano i contrasti tra le famiglie guelfe e ghibelline della Romagna, gli agguati, i massacri, un’antica nobiltà dedita all’esercizio di amore e cortesia che i romagnoli, trasformatisi «in bastardi», hanno abbandonato. E noi, che fino a un mese fa percorrevamo quelle terre solo attraverso l’autostrada A14 per arrivare mare, scopriamo altri tragitti, che entrano nell’interno, verso il Montefeltro, verso la Toscana, in una fitta rete di rapporti, alleanze, scontri.
Bologna è segnata dalle torri, evocate dalle due terzine dedicate alla Garisenda (Qual pare a riguardar la Garisenda…, Inferno, XXXI). La sguardo di Ferroni però presto svia sulla città di allora: «Il soggiorno bolognese [di Dante] fu in ogni modo occasione di un contatto con il mondo universitario (pur senza compiere un regolare corso di studi) e soprattutto con la prestigiosa scuola di retorica, mentre doveva essere vivo il ricordo di Guido Guinizelli, riferimento essenziale per la nuova poesia stilnovistica».
E subito si focalizza sulla Bologna d’oggi: «Intorno, tra le panche e i blocchi di pietra, davanti e dentro i locali della grande libreria Feltrinelli, c’è quell’animarsi sospeso e quasi incerto che mi pare di ritrovare in tante sere italiane: soprattutto giovani, studenti, signore di passaggio, turisti, qualcuno che ciondola senza meta, venditori di oggettini (braccialetti, orecchini, collanine, su teli stesi a terra o su banchetti pieghevoli), biciclette parcheggiate, ragazze in abiti dark, una con una cresta azzurra; e si sente molto parlare inglese».
La visita continua: la zona universitaria sarà per lo studioso l’occasione per precisare pensieri sul dolce vivere alla bolognese, quel mix di cultura, impegno politico, amore per il cibo e voglia di vivere che ha distinto la città nei secoli. E il viaggio continua, a Ferrara, Parma, Reggio, Modena e in tutta l’Italia «attraversata» e ritratta nei suoi caratteri dal sommo poeta.
A Bologna
Il soggiorno in città fu occasione di contatto con il mondo universitario pur senza compiere un regolare corso di studi e con la scuola di retorica