Fragili, soli e impauriti Il dramma dei tentati suicidi
Una giovane donna che opera al Sant’Orsola credeva di aver contagiato dei pazienti, un 85enne si è lanciato nel vuoto. «Segnali chiari», commenta Stefano De Feo
Due tentati suicidi e uno purtroppo riuscito. È successo negli ultimi giorni. Drammi che richiamano l’attenzione su quanto l’isolamento possa compromettere la stabilità di persone già psicologicamente fragili. «Il problema più serio sono i “banali nevrotici” non i malati gravi», osserva lo psichiatra De Feo.
«Si lavora sull’emergenza, ed è ovvio che sia così. Ma bisognerebbe già iniziare a pensare a cosa potrà succedere. Se questa situazione durerà ancora a lungo, non farà che acuire una serie di disagi».
Stefano De Feo, psichiatra ed ex direttore dell’unità operativa degenza dell’ospedale Maggiore parla di «segnali», senza poter entrare nel merito dei singoli episodi di questi giorni. Che si ripetono. Solitudine estremizzata, esasperata dall’emergenza Coronavirus, che costringe a chiudersi in casa come unico veicolo di prevenzione e contenimento del contagio, tagliando ponti vitali per chi si trova solo e in difficoltà. Facendo entrare la paura nelle nostre vite, e assieme a lei suggestioni a volte letali.
L’ultimo caso di tentato suicidio ne è un tragico ma perfetto paradigma. Lo scorso fine settimana una donna si è chiusa nella sua abitazione in provincia di Bologna, ha ingerito una boccetta di psicofarmaci e atteso la morte. L’hanno salvata dall’arrivo dei carabinieri, avvertiti da una persona cara a cui l’aspirante suicida aveva lasciato un biglietto: voleva togliersi la vita perché convinta di essere stata contagiata dal virus e di averlo a sua volta trasmesso ai malati e agli operatori del reparto di malattie infettive dell’ospedale Sant’Orsola, dove svolgeva attività di volontariato. Un peso enorme da sopportare, ma che pare non avesse alcun fondamento perché la donna non avrebbe presentato i sintomi del Covid-19. Un caso simile si è registrato in Puglia una settimana fa.
«Qui esce dalla latenza qualcosa che c’è già, non sono reazioni che vengono dalla sera alla mattina», dice lo specialista. Ma è solo l’ultimo di una serie di fatti. Sempre i militari dell’Arma hanno evitato il suicidio di un anziano ravennate, che aveva detto ai propri famigliari di volerla fare finita. I carabinieri del nucleo radiomobile di Imola lo hanno rintracciato sui binari della linea ferroviaria Piacenza-Ancona, tra via Piratello e via Zolino, convincendolo a spostarsi di là prima dell’arrivo del treno. Nulla da fare invece per un 85 enne di Pianoro lanciatosi domenica sera dalla finestra della sua abitazione. È stata la stessa sindaca, Franca Filippini, a ipotizzare un dramma della solitudine, ricordando l’assidua frequentazione del centro sociale da parte dell’anziano, vedovo e invalido, che ovviamente dall’inizio dell’emergenza aveva perso il suo punto di riferimento.
«Anche le raccomandazioni fatte, giuste e appropriate, in soggetti fragili possono però aprire spazio a problemi più profondi», avverte lo psichiatra. Qualcosa che andrà affrontato. «Questi problemi potranno emergere fra un po’, non funziona come un interruttore, necessitano di un processo. C’è chi dice non saremo più gli stessi di prima, che tutto cambierà. Qualcosa è già cambiato, i soggetti più fragili sono anche i più esposti» spiega De Feo. Che chiarisce come «i malati gravi che vengono seguiti non subiscono così tanto il momento, è peggio per i “banali” nevrotici. La paura del contagio, la pressione dei controlli, sono cose che noi psichiatri conosciamo bene anche in tempi non sospetti». Non solo, ci sono pure i «conflitti famigliari, penso agli adolescenti abituati nella loro vita sociale a stare più fuori che dentro casa. Aspetti ora marginali, con il tempo saranno più preoccupanti». Senza poter dimenticare il dolore di «lutti tremendi, sapere di parenti morti senza poterli vedere è drammatico». Per esorcizzare i pericoli «non bisogna stare attaccati alle notizie ventiquattro ore su ventiquattro. Adesso siamo tutti soli e tutti chiusi, serve avere la disponibilità di aprire le nostre porte a chi è vicino, per il momento solo metaforicamente. In tutto questo c’è un aspetto positivo: la gente ascolta gli scienziati, rispetta chi si ammazza di lavoro nei luoghi dell’emergenza, quando fino a pochi giorni fa si leggeva di aggressioni ai medici».
Secondo lo specialista non sono tanto i malati psichici gravi a risentire di questa situazione quanto i «banali nevrotici pieni di paure»