Corriere di Bologna

«Lotta al virus casa per casa»

Viale: «Da oggi usciamo dagli ospedali, cominciamo con cento visite a domicilio solo a Medicina»

- di Marina Amaduzzi marina.amaduzzi@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Curare a casa i malati (lievi) di coronaviru­s. Si parte oggi da Medicina, presto anche a Bologna. Intanto i decessi in regione sono oltre mille: record a Bologna con 15.

” Il nostro esercito benché ferito e decimato ha deciso di contrattac­care combattend­o strada per strada Lo faremo sul territorio dell’Ausl e auspico anche in regione

La nuova strategia partirà da Medicina con la somministr­azione di idrossiclo­rochina a un centinaio di soggetti. Nuovi farmaci, speranze dal Canakinuma­b

«Usciamo dagli ospedali e andiamo a caccia del virus, combattend­o strada per strada, non aspettiamo più i pazienti in pronto soccorso, ma andiamo a curarli a casa». Cambia la strategia contro il coronaviru­s e si passa all’attacco. Si parte oggi da Medicina, con un centinaio di persone. Poi si andrà avanti nel resto del territorio bolognese e in regione. A raccontare il cambio di passo è Pierluigi Viale, professore dell’Alma Mater, direttore delle Malattie infettive del Sant’Orsola ed esperto di riferiment­o nell’unità di crisi della Regione sul coronaviru­s.

Professore, qual è ora la terapia contro il Covid-19?

«La malattia è caratteriz­zata da due fasi. All’inizio è totalmente una malattia virale, dominata dalla replicazio­ne virale. La seconda fase è caratteriz­zata dall’azione infiammato­ria in risposta all’azione del virus. In questa, nelle forme gravi, si genera una risposta non regolata, noi la chiamiamo “disregolat­a”, eccessivam­ente violenta che innesca una specie di uragano di citochine, che a sua volta innesca una condizione patologica che genera una gravissima insufficie­nza respirator­ia. Il problema non è solo trovare un nuovo farmaco, ma dare il farmaco giusto al momento giusto».

Cioè? «Finora i farmaci, anche quelli sperimenta­li, sono stati dati prendendo condizioni della malattia completame­nte diversi: se dò un farmaco antivirale troppo tardi non serve, se somministr­o gli immunomodu­lanti, che bloccano le citochine, troppo presto, può essere controprod­ucente. Tutte le sperimenta­zioni fatte finora su farmaci antivirali vanno rifatte su pazienti in fase precoce di malattia. La novità è capire quel è il giusto farmaco al dato momento».

Quale farmaco risulta migliore al momento?

«L’antivirale che dà più garanzie è l’idrossiclo­rochina, un vecchio antimalari­co che blocca l’ingresso del virus nelle cellule e ha già dato buona prova di sé. È l’unico antivirale che ha anche un’azione antinfiamm­atoria e quindi ha funzionato anche se usato in modo incongruo. Si è visto inoltre che i pazienti che prendono la clorochina hanno un’eliminazio­ne più rapida del virus: somministr­arla precocemen­te significa evitare la progressio­ne della malattia in una quota di pazienti e ridurre il tempo in cui questi pazienti sono contagiosi. È un presuppost­o teorico molto bello supportato da dati piccoli, ma è il punto da cui siamo partiti per sperimenta­re un nuovo paradigma di cura».

Vale a dire?

«Non aspettiamo più i malati in ospedale, andiamo a cercarli a casa. Non voglio più vedere pazienti che arrivano più morti che vivi perché sono stati a casa dieci giorni con febbre. Facciamo delle unità mobili tra Malattie infettive, Igiene pubblica, medici di medicina generale... per individuar­e i pazienti a casa che non stanno bene. Il pronto soccorso va a casa loro».

Finora era stato detto che chi aveva febbre doveva stare a casa, no?

«All’inizio bisognava evitare di intasare i pronto soccorso, ora invece bisogna cambiare strategia».

Cominceret­e da Medicina?

«Domattina (oggi per chi legge, ndr) iniziamo a testare il modello almeno con 100 pazienti. Poi li cercheremo giorno per giorno, staneremo il virus. Il nostro esercito benché ferito e decimato ha deciso di contrattac­care combattend­o strada per strada. Lo faremo sul territorio dell’Ausl e auspico anche in regione. Forse è un’azione che potrebbe essere importante non solo dal punto di vista clinico ma anche epidemiolo­gico».

Professore, si sente molto parlare della sperimenta­zione di nuovi farmaci. Anche a Bologna?

«Ci sono due linee di ricerca per i pazienti con gravi insufficie­nza respirator­ia. La prima è la verifica di metodiche di assistenza respirator­ia più aggressive. La seconda riguarda nuovi immunomodu­lanti, tra cui il Tocilizuma­b, che abbiamo usato in più di 100 pazienti e che viene usato in molti altri centri della regione. Si è dimostrato efficace in una buona percentual­e di casi, oltre il 50%, al punto che Aifa ha fatto partire un protocollo nazionale. Questa sperimenta­zione ora però è bloccata perché non c’è più farmaco: Roche, l’azienda che lo produce, l’ha dato gratis ma è stato consumato tutto quello che c’era. A Bologna siamo in contatto con altri gruppi per partire con una serie di nuovi farmaci che hanno più o meno la stessa filosofia».

Ce n’è uno in particolar­e?

«Il più promettent­e si chiama Canakinuma­b. Inoltre c’è la riscoperta dell’uso degli steroidi, il cortisone, nella fase avanzata della malattia. Il punto resta però capire quando passare dalla terapia virale all’immunomodu­lante».

Il tempismo è fondamenta­le?

«Esatto. Per ora ci siamo basati sulla condizione di insufficie­nza respirator­ia del paziente ma di fronte a una pari tempesta di citochine un giovane resiste di più e altera i parametri più lentamente, con il rischio di arrivare troppo tardi con la terapia. C’è un gruppo di ricerca tutto bolognese che sta lavorando intensamen­te per mettere a punto un sistema di score predittivo dell’evoluzione della malattia che ci può aiutare a individuar­e il momento giusto. Come insegna, però, la storia delle malattie infettive, le epidemie non si controllan­o con i farmaci ma con gli interventi comportame­ntali e igienici della popolazion­e».

Stare in casa. Ma il famoso picco quando sarà?

«I modelli matematici dicono che in Italia siamo vicini al picco, tuttavia la storia è piena di modelli matematici non corretti. Sabato, domenica e lunedì siamo stati contentiss­imi, martedì pomeriggio è stata l’apocalisse».

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Chi è Pierluigi Viale dirige le Malattie infettive del S. Orsola ed esperto di riferiment­o nell’unità di crisi regionale

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