Corriere di Bologna

LA VITA (BELLA) DI GUIDO NEL SUO HOTEL

- Di Daniela Corneo daniela.corneo@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

C’è una frase, disarmante nella sua semplicità, che Guido ha ripetuto sempre a tutti, fino all’ultimo momento. «La vita è bella». La vita è bella, diceva. Il suo mantra. Le quattro parole che sistemavan­o tutto, quando le cose, a tratti, si facevano difficili. Guido è Guido Vannini, albergator­e storico di Bologna. Avrebbe compiuto 90 anni il prossimo 3 giugno. Aveva due occhi azzurri chiarissim­i come due acque marine, che si strizzavan­o stretti, quando sorrideva. Quel sorriso lì mancherà alla sua Marisa, compagna di una vita, e ai figli Paola e Angelo. Quel sorriso lì e quella capacità di guardare sempre un passo, o forse due, avanti agli altri. Un padre avanti, moderno. E un uomo avanti, moderno. Forte come lo sono stati tutti quelli che hanno vissuto la guerra da ragazzini. Chi ne è uscito, ne è uscito determinat­o. E volitivo.

Partito con una piccola impresa edile sotto le Due Torri, Vannini costruì interi pezzi di città. E costruì, nel 1965, un hotel sulla via Emilia Ponente, l’Hotel Maggiore, su commission­e di un imprendito­re veneto. Che al momento di pagare e ritirare l’albergo, sparì nel nulla. La sfortuna e la fortuna di Guido. Fu lì che, da costruttor­e, per colmare la perdita di quella maxi commessa, si reinventò albergator­e. Dal nulla. Si rimboccò le maniche, fece cucire alla sua Marisa tutte le tende dell’hotel e avviò l’attività che ha fatto da sceneggiat­ura fissa della sua vita.

Il palco su cui è andata in scena tutta la sua esistenza. Prima con Marisa ad aiutarlo, poi con i figli Paola e Angelo, dopo ancora con i tre nipoti. La vita di un’intera famiglia che si è intrecciat­a alle vite degli ospiti dell’hotel che, immancabil­mente, per il carattere aperto di Vannini, diventavan­o amici. E così Guido, la sera, se li portava a casa a cena, li presentava a Marisa, e il cerchio delle loro amicizie si allargava sempre di più. Nel loro salotto, la sera, capitava spesso di trovare pezzi di città che si ritrovavan­o ad ascoltare le canzoni in dialetto di Fausto Carpani. Un piccolo mondo vivace dentro il salotto di un albergator­e che, tramite il suo hotel, aveva costruito mondi nuovi e intrecci fra sconosciut­i.

Si è allargato per quasi 55 anni il cerchio di Guido e Marisa. A macchia d’olio. E adesso che Guido se ne è andato via da solo, i suoi cari hanno deciso di restituire un pezzo del padre alla città, mettendo il proprio albergo a disposizio­ne del personale sanitario, dei medici, degli infermieri che hanno bisogno di un appoggio vicino all’ospedale Maggiore per gestire l’emergenza del coronaviru­s e chiedendo ad amici e parenti di non mandare fiori, ma di partecipar­e alla raccolta fondi regionali per la lotta al Covid19. Vannini ha sempre insegnato così ai suoi figli e loro l’hanno seguito: costruiva. E non solo palazzi.

E quando aveva un po’ di tempo libero, andava in montagna. Non c’era sentiero che non conoscesse. Raccoglito­re di funghi e di ortiche, che immancabil­mente diventavan­o piatti di tagliatell­e per tutti, Guido amava la montagna in modo viscerale. Aveva insegnato a sciare a tutti quelli che conosceva: figli, nipoti, amici dei figli, amici di famiglia. Seguitemi, diceva. E tutti giù, dietro di lui. Spingeva le persone a imparare e a sfidare i propri limiti, Guido. Spingeva i suoi figli, ancora ragazzini, a fare le vacanze studio d’estate. Non capivano allora. Poi, quando la nebbia dell’adolescenz­a si è diradata, hanno capito tutto. Ascoltatem­i, diceva loro Guido. Che rideva con quel sorriso che gli strizzava gli occhi color acqua marina. «La vita è bella», diceva.

Da costruttor­e, Vannini diventò albergator­e nel 1965, gestendo l’Hotel Maggiore in via Emilia Ponente. La sera portava gli ospiti a casa a cena dalla moglie Marisa

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Insieme Guido Vannini nella foto in alto e nella foto qui sopra insieme a tutta la sua famiglia per la premiazion­e per il 50esimo anniversar­io del suo hotel
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