LA VITA (BELLA) DI GUIDO NEL SUO HOTEL
C’è una frase, disarmante nella sua semplicità, che Guido ha ripetuto sempre a tutti, fino all’ultimo momento. «La vita è bella». La vita è bella, diceva. Il suo mantra. Le quattro parole che sistemavano tutto, quando le cose, a tratti, si facevano difficili. Guido è Guido Vannini, albergatore storico di Bologna. Avrebbe compiuto 90 anni il prossimo 3 giugno. Aveva due occhi azzurri chiarissimi come due acque marine, che si strizzavano stretti, quando sorrideva. Quel sorriso lì mancherà alla sua Marisa, compagna di una vita, e ai figli Paola e Angelo. Quel sorriso lì e quella capacità di guardare sempre un passo, o forse due, avanti agli altri. Un padre avanti, moderno. E un uomo avanti, moderno. Forte come lo sono stati tutti quelli che hanno vissuto la guerra da ragazzini. Chi ne è uscito, ne è uscito determinato. E volitivo.
Partito con una piccola impresa edile sotto le Due Torri, Vannini costruì interi pezzi di città. E costruì, nel 1965, un hotel sulla via Emilia Ponente, l’Hotel Maggiore, su commissione di un imprenditore veneto. Che al momento di pagare e ritirare l’albergo, sparì nel nulla. La sfortuna e la fortuna di Guido. Fu lì che, da costruttore, per colmare la perdita di quella maxi commessa, si reinventò albergatore. Dal nulla. Si rimboccò le maniche, fece cucire alla sua Marisa tutte le tende dell’hotel e avviò l’attività che ha fatto da sceneggiatura fissa della sua vita.
Il palco su cui è andata in scena tutta la sua esistenza. Prima con Marisa ad aiutarlo, poi con i figli Paola e Angelo, dopo ancora con i tre nipoti. La vita di un’intera famiglia che si è intrecciata alle vite degli ospiti dell’hotel che, immancabilmente, per il carattere aperto di Vannini, diventavano amici. E così Guido, la sera, se li portava a casa a cena, li presentava a Marisa, e il cerchio delle loro amicizie si allargava sempre di più. Nel loro salotto, la sera, capitava spesso di trovare pezzi di città che si ritrovavano ad ascoltare le canzoni in dialetto di Fausto Carpani. Un piccolo mondo vivace dentro il salotto di un albergatore che, tramite il suo hotel, aveva costruito mondi nuovi e intrecci fra sconosciuti.
Si è allargato per quasi 55 anni il cerchio di Guido e Marisa. A macchia d’olio. E adesso che Guido se ne è andato via da solo, i suoi cari hanno deciso di restituire un pezzo del padre alla città, mettendo il proprio albergo a disposizione del personale sanitario, dei medici, degli infermieri che hanno bisogno di un appoggio vicino all’ospedale Maggiore per gestire l’emergenza del coronavirus e chiedendo ad amici e parenti di non mandare fiori, ma di partecipare alla raccolta fondi regionali per la lotta al Covid19. Vannini ha sempre insegnato così ai suoi figli e loro l’hanno seguito: costruiva. E non solo palazzi.
E quando aveva un po’ di tempo libero, andava in montagna. Non c’era sentiero che non conoscesse. Raccoglitore di funghi e di ortiche, che immancabilmente diventavano piatti di tagliatelle per tutti, Guido amava la montagna in modo viscerale. Aveva insegnato a sciare a tutti quelli che conosceva: figli, nipoti, amici dei figli, amici di famiglia. Seguitemi, diceva. E tutti giù, dietro di lui. Spingeva le persone a imparare e a sfidare i propri limiti, Guido. Spingeva i suoi figli, ancora ragazzini, a fare le vacanze studio d’estate. Non capivano allora. Poi, quando la nebbia dell’adolescenza si è diradata, hanno capito tutto. Ascoltatemi, diceva loro Guido. Che rideva con quel sorriso che gli strizzava gli occhi color acqua marina. «La vita è bella», diceva.
Da costruttore, Vannini diventò albergatore nel 1965, gestendo l’Hotel Maggiore in via Emilia Ponente. La sera portava gli ospiti a casa a cena dalla moglie Marisa