Corriere di Bologna

Il magico gol di Binelli che fece arrivare Danilovic Duello aspro con Cantù ma per la Virtus fu festa

Quarti del ‘92, Gus allo scadere di gara 3 mandò avanti la Knorr

- di Daniele Labanti (1. Continua) @DLabanti © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Le sfide dimenticat­e Dal 1990 a oggi, dieci racconti per ricordare alcune serie playoff che hanno scritto pagine di storia bolognese

Tutti ricordano i grandi derby o le finali scudetto emozionant­i, ma le serie playoff che dal 1990 a oggi hanno visto in campo la Virtus e la Fortitudo sono dense di storie dimenticat­e ma altrettant­o leggendari­e. Ne abbiamo scelte dieci, cinque per parte, per raccontare momenti indelebili della pallacanes­tro bolognese degli ultimi trent’anni. Cominciamo oggi con i quarti di finale del 1992 tra Knorr Bologna e Clear Cantù.

«Gol di Binelli!». L’urlo ovattato di Walter Fuochi al microfono della television­e, per la differita che tutti hanno rivisto, a vittoria ancora calda, su Rete7, chiude la partita e la serie di uno dei confronti più importanti della storia della Virtus. Gara 3 contro Cantù, quarti di finale del 1992: la Knorr vola in semifinale, a perdere contro Pesaro ma soprattutt­o a staccare il biglietto per l’Euroclub — allora si chiamava così l’Eurolega — grazie anche al Messaggero Roma ereditato in panchina da Paolo Di Fonzo che elimina la Philips Milano. Forse la più importante sliding door di sempre in via dell’Arcoveggio: la conquista dell’Euroclub fu l’ultima carta necessaria al ricco mazzo di Alfredo Cazzola per chiudere la trattativa che portò Sasha Danilovic a Bologna.

Bisogna ringraziar­e Binelli. Il tanto criticato Gus, talento di casa, qualità sublime, ondivago, bersagliat­o dalla sfiga e dagli infortuni, si trovò tra le mani a un paio di secondi dalla fine la palla del vinci o muori. La buttò dentro. Un jumper dai cinque metri e mezzo, freccia nella sua faretra, che lasciò partire con serenità. Tanto non poteva fare altro. La Virtus era sotto di uno, 71-72, superata dalla lunetta da Pace Mannion che non l’aveva mai mollata in tutta la partita e in tutta la serie. Il bomber di Cantù era stato imprendibi­le, 23 punti fin lì dopo i 29 di gara 2 al Pianella, e pareva essere proprio il killer designato. Brunamonti gestì l’ultima azione, tentò una penetrazio­ne e trovò libero Binelli sul gomito: 73-72, sirena.

Quel cesto riscrisse la storia anche personale di Gus. Era il grande accusato della stagione precedente, quando la Knorr uscì in semifinale alla bella a Caserta. Binelli fece virgola, zero punti in 25 minuti complicati­ssimi. Gli veniva addossata la colpa di essere morbido, di sprecare falli prematuram­ente. Un talento sì, ma ancora da fiorire. Il 21 aprile del 1992, a 27 anni, le cose cambiarono. Un crescendo, nel rendimento, nella sostanza, nella personalit­à, nell’importanza: vinse poi quattro scudetti e un’Eurolega, tutto da protagonis­ta, anche nel ‘98 quando era avanti con gli anni ma questo non gl’impedì di tingersi i capelli biondo platino dopo Barcellona.

Fu una stagione tormentata quella del ‘92. I tifosi virtussini una mattina d’estate si svegliaron­o e Sugar Richardson non c’era più. «Positivo alla cocaina» recitavano i dispacci ufficiali. Qualcuno sosteneva che vollero farlo fuori. Anche le cronache del mercato non furono allegre: doveva arrivare James Edwards, o Rick Mahorn, entrambi campioni Nba con i Pistons, invece firmò Bill Wennington. Al posto di Sugar planò un giocatore solido e di valore, ma lontanissi­mo dall’emozionant­e Micheal Ray. Jure Zdovc, sloveno, famoso soprattutt­o per non aver vinto gli Europei ‘91 con la Jugoslavia di cui faceva parte: iniziato il disfacimen­to del Paese, la Slovenia gli proibì di scendere in campo nella finale di Roma contro l’Italia.

Eppure la Virtus di Ettore Messina sembrava destinata a essere la grande sorpresa dell’anno. Undici vittorie nelle prime dodici partite di campionato, fuga, bella pallacanes­tro, tutto gira a meraviglia. Anche Wennington, lungo bianco che non somigliava in niente al Clemon Johnson protagonis­ta delle stagioni precedenti, aveva il suo senso nonostante le critiche. «Il coach mi ha chiesto di fare 12 punti e 8 rimbalzi. Se ci riesco, lui è contento. Altrimenti è incazzato» dirà poi a Jim Patton, autore de Il basket d’Italia, un libro culto per la pallacanes­tro degli anni Novanta in cui i giocatori americani raccontaro­no la loro vita italiana a un giornalist­a statuniten­se che seguì tutta la

Prima il taglio di Sugar Ray, poi il cuore di Morandotti Pareva che il primo anno di Cazzola dovesse finire male

serie A nel nostro Paese. Bill Carabina ci andò vicino, chiudendo a 12,2 punti e 6,7 rimbalzi il campionato. Ma quando durante l’inverno Riccardo Morandotti si dovette fermare per alcuni problemi cardiaci, la squadra iniziò a perdere colpi. Le panchine erano corte, le soluzioni poche. La Knorr finì quarta dietro Pesaro, Treviso e Milano, perse il barrage di Euroclub proprio contro il Partizan di Danilovic — poi campione d’Europa — e il primo anno del nuovo presidente Alfredo Cazzola sembrava proprio dovesse finire male. Per andare in Europa bisognava battere Cantù e sperare che una delle prime tre venisse eliminata ai quarti. Andò proprio così.

La serie contro la Clear di Frates fu durissima perché Messina aveva gli uomini contati. Morandotti è rientrato, ma non è quello di prima. Si arriva alla bella in piazza Azzarita con sensazioni discordant­i. La Virtus sta sempre avanti, ma non riesce a fuggire. Le ultime lancette la trovano stanca e annebbiata, il bel Binelli del primo tempo e i canestri di Coldebella e Wennington non erano bastati. È Cantù ad avere più energie. L’ultimo tiro tocca a Gus e la storia bianconera viene riscritta daccapo.

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In campo Sopra un momento della sfida tra Knorr e Clear, sotto i due stranieri del 1991-’92: Bill Wennington e Jure Zdovc (foto tratte da Virtuspedi­a.it)
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Fu Augusto Binelli il protagonis­ta della serie del ‘92 contro Cantù: il 73-72 di gara 3 fu firmato da un suo tiro allo scadere
Decisivo Fu Augusto Binelli il protagonis­ta della serie del ‘92 contro Cantù: il 73-72 di gara 3 fu firmato da un suo tiro allo scadere
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