L’ATENEO IN CAMPO
Sui social dell’Ateneo i grandi attori leggono i capolavori dei classici Dionigi: i loro pensieri per ritrovare un senso
Il «tempo dell’attesa» è stato declinato questa settimana dagli interventi dei docenti dell’Alma Mater, in un appuntamento fisso serale che ha scandito le giornate degli studenti, dei bolognesi e di chi si avventura sui social dell’ateneo.
La più antica istituzione cittadina sta servendo il Paese con i suoi ricercatori, gli scienziati, i professori, i laboratori, ma sta facendo anche qualcosa di intangibile, prezioso e necessario: costituisce il senso della comunità.
«Come risvegliati all’improvviso in un mondo sconosciuto, ci sentiamo smarriti e impotenti». Inizia così una riflessione dell’ex rettore, il professor Ivano Dionigi. Per provare a esplorare l’indicibile che ci avvolge, ha pensato di ricorrere ancora una volta alle parole degli autori antichi, capaci di indagare a fondo i misteri più insondabili della vita. È quello che fa da anni in maggio nell’aula magna dell’Alma Mater con la rassegna La permanenza del classico, organizzata dall’omonimo centro studi che dirige.
Così ha chiamato a raccolta, con l’aiuto di un suo stretto collaboratore, il professor Federico Condello, gli attori di fama che ha portato in questi diciotto anni a Santa Lucia. Con la benedizione del rettore Francesco Ubertini che, ricordando gli sforzi fatti in questi giorni dall’Ateneo per la didattica, annota: «L’Università ha un compito in più oltre quello di rafforzare il senso di comunità dentro quest’arena virtuale. A noi vien chiesto di colmare il senso di vuoto, di spaesamento nel ritrovarci in questo isolamento forzato».
Professor Dionigi, cosa presenterete?
«Abbiamo chiesto ad artisti con i quali in questi anni di rassegne si è stretto un rapporto di amicizia di leggere alcuni testi del nostro patrimonio classico. Si tratta di pagine che abbiamo scelto ad hoc per una riflessione in tempi in cui non si può né gridare alla disperazione, né alla gioia».
Dove si potranno ascoltare?
«Inizierà Toni Servillo domenica 29 sui social dell’Università di Bologna, alle 12. Seguiranno Marco Baliani, Sonia Bergamasco, Anna Bonaiuto, Elena Bucci, Monica Guerritore, Sandro Lombardi, Laura Marinoni, Ermanna Montanari, Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Elisabetta Pozzi, Stefano Randisi, Giulio Scarpati, Marco Sgrosso, Enzo Vetrano. Non in questo ordine, stiamo ancora compiendo il palinsesto».
Si tratterà di video o di interventi audio?
«Per l’80 per cento sono video. Sono realizzati tutti in casa, in modo più o meno artigianale, e anche questo è significativo di una volontà di testimonianza. Rinunciando anche all’eleganza, si va alla sostanza. Tutti gli interpellati hanno risposto con generosità e con preoccupazione per quello che sta succedendo alla comunità. Sono tutti contributi abbastanza brevi, da un minuto e mezzo a cinque minuti, e resteranno sui social per un mese».
Cosa ascolteremo?
«Passi sui quali riflettere, per ritrovare un senso, nella doppia accezione di une direzione e di un significato. Gli attori leggeranno brani di Seneca contenenti le sue grandi domande sull’uomo e sul destino, dalle epistole, dagli scritti sulle questioni naturali. Dal De rerum natura di Lucrezio sentiremo l’appello alla ragione e alla scienza. Dall’Eneide di Virgilio riprenderemo la migrazione di un popolo che non lascia indietro nessuno; da Aristotele scritti sulla natura politica dell’uomo, portato alla comunità; da Platone l’invito a cessare di parlare di mio e tuo…».
Cosa ci dicono i classici?
«Per questi tempi in cui non è facile trovare le parole usiamo le loro, che resistono alle mode. Saliamo sulle loro spalle. Ci è parso il modo migliore per rispondere al bisogno di capire».
Quali risposte fanno emergere?
«I classici — come ha detto qualcuno — non sono ciò che sono già stati: interpretano ciò che abbiamo dentro e che non sappiamo esprimere. Le loro risposte possono non essere adeguate, ma le domande che ci pongono sono sempre efficaci: ci inchiodano».