Le prime 40 visite a casa, a due persone la terapia
Il bollettino regionale: contagi a 11.588 e altri 93 morti, dal 22 febbraio una media di 36 al giorno. Nel paese zona rossa due decessi, a Bologna dall’inizio sono 47
Ha preso il via con le prime 40 persone la sperimentazione della terapia precoce contro il Covid-19 sugli abitanti di Medicina, il Comune zona rossa che con ieri ha avuto 17 decessi per coronavirus. Solo in due casi è già stata somministrata la profilassi terapeutica. In regione sono stati registrati 93 decessi in più.
Ha preso il via con le prime 40 persone la sperimentazione della terapia precoce contro il Covid-19 sugli abitanti di Medicina, il Comune che per primo è stato dichiarato zona rossa in Emilia-Romagna e che con ieri ha avuto 17 decessi per coronavirus (una 88enne e un 79enne). «Abbiamo cominciato — spiega il commissario regionale ad acta Sergio Venturi durante il quotidiano bollettino — siamo andati nelle case e abbiamo visitato 35-40 persone. Soltanto due hanno avuto bisogno di essere messe in terapia domiciliare, mentre gli altri che sono stati visitati sono in condizioni in cui la sintomatologia sta calando». È la sperimentazione di un modello a cui in tanti stanno guardando perché «se funziona lo estenderemo a tutta la
Venturi Gradualmente chi arriva in ospedale arriva in condizioni meno gravi dell’inizio
regione», spiega Venturi. È la mossa per contrattaccare, uscire dall’ospedale per andare nelle case delle persone, e per vincere la guerra contro un virus che ieri ha portato a 11.588 i casi positivi (772 in più di ieri) e a 1.267 i decessi (93 in più), circa 36 al giorno dall’inizio dell’epidemia lungo la Via Emilia.
Occhi puntati quindi su Medicina dove le Usca, le Unità speciale di continuità assistenziali, formate da un medico e un infermiere, saranno in attività anche oggi e domani e poi la prossima settimana. «Lunedì le persone avranno un controllo rispetto ai parametri clinici all’ospedale di Imola, dove arriveranno con un taxi sanitario — chiarisce Venturi —. Non stiamo sperimentando dei farmaci sconosciuti ma un modello. In una settimana dovremmo controllare tutti i sintomatici». Nella zona rossa infatti tutte le persone con sintomi sono trattate come pazienti Covid. A un paio di loro, ieri, è stato fatto il tampone per scoprire se l’origine dei sintomi è data dal virus. «Nel nostro territorio sono in isolamento a casa 50 tamponati positivi ma ce ne sono molto di più che sono in quarantena perché hanno sintomi — spiega il sindaco Matteo Montanari — e sono tutti trattati come se fossero Covid. A tutti viene fatto un triage telefonico, una visita approfondita, con la misurazione della saturazione del sangue e l’elettrocardiogramma. Poi sono i medici a decidere se la terapia va somministrata oppure no. Stiamo facendo da test nostro malgrado, ci prestiamo volentieri se serve a trovare una soluzione esportabile anche in altri territori».
I positivi crescono, come si diceva, ma la percentuale cala, soprattutto nelle zone dove il virus ha colpito prima, come Piacenza dove ieri i nuovi positivi sono stati 63, meno del 5%. Crescono ancora molto anche i decessi, «anche nel loro ricordo dobbiamo stringerci e combattere insieme questa guerra, evitando speculazioni politiche e rancori e le i falsi miracoli di certi avvoltoi», dichiara Venturi. Dunque, 92 morti in più, tra cui 25 a Piacenza, 13 a Parma e 16 a Reggio Emilia. Ce ne sono anche 11 nel bolognese: due donne (90 e 94 anni) e un uomo (87) a Bologna città e uno rispettivamente a Castello d’Argile (88), Monte San Pietro (77), San Lazzaro (79), Casalecchio
(71), Castelmaggiore (90), San Giovanni in Persiceto (75), Valsamoggia (70), Minerbio (80).
Secondo il commissario sono segnali buoni anche che la gran parte dei tamponi, che ieri sono stati 5.403, sono negativi («solo 2.130 positivi, in certi periodi abbiamo avuto il 90% di test positivi»), che la gran parte dei positivi è a casa, e la crescita delle guarigioni (960, +168). Infine i 7 pazienti in più in terapia intensiva (308). «È significativo perché i decessi non si verificano quasi mai in terapia intensiva — fa notare Venturi —, avvengono in altri reparti oppure poco dopo il ricovero. Gradualmente chi arriva in ospedale arriva in condizioni meno gravi dell’inizio».