Corriere di Bologna

Muore a 26 anni capo scout di Predappio

Il giovane colpito dal virus, aveva una malattia cronica. Il cordoglio del sindaco

- Conti

Il piccolo comune romagnolo di Predappio piange la prima vittima della malattia di Covid-19. Piange la scomparsa del giovane Andrea Tesei, morto a soli 26 anni, molto conosciuto in paese per la sua attività di capo scout. Era affetto da una malattia cronica che però finora non gli aveva impedito di condurre una vita normale. E che tale avrebbe continuato a essere, forse, assieme agli amici e con gli scout. È morto giovedì in ospedale.

La prima sera un pantalone. La seconda una giacca, la terza un paltò. Poi Romolo e Liliana si guardarono negli occhi, riconoscen­dosi. Attorno a una fiammante Singer, accarezzan­do insieme tessuti pregiati come avrebbero fatto per oltre sessant’anni, dividendo vita, mestiere e passione. Lui era il bimbo che s’era fatto adulto senza accorgerse­ne a 12 anni, quando la sartoria se l’era già preso. Via da Giulianova, destinazio­ne Medicina , giovane uomo di 19 anni. Liliana, che ancora senza saperlo era nata e cresciuta pochi chilometri di distanza dalle rive del suo Adriatico, l’aveva conosciuta a casa della sorella, dove era arrivata a 15 anni. Amica di famiglia che faceva da madrina di battesimo a una nascitura. Tre sere insieme davanti alla macchina da cucire, la costruzion­e di un amore.

Romolo, 81 anni il prossimo novembre, era uno preciso: gran lavoratore che esce di casa al mattino e ritorna a tarda sera. Sapeva guardare oltre la fatica. Fiutato il boom a metà degli anni ‘60, capisce che è il momento, saluta Dall’Olio dove aveva trovato lavoro e la prima ragione per restare nella bassa, e fonda assieme alla moglie la sua sartoria artigianal­e in via Cesare Battisti. Sacrifici e profession­alità. Veste tutto il paese. Per farlo assume sette operaie che tratta come figlie. Farà lo stesso alla Marlon, crasi del cognome suo, Villirillo, e di

Pietro Marini, il suo socio. Fonte di speranza e reddito per oltre 300 famiglie abruzzesi, più di 100 addetti al lavoro.

Era il ’72, la passione per gli abiti maschili fusa con l’intuizione di allargare alla collezione donne. Il rumore delle macchine da cucire, l’amore dei dipendenti per ricambiare il rispetto ricevuto. Mai la tentazione di arricchirs­i sulla loro pelle. Una famiglia allargata, punto di riferiment­o per l’Italia e i suoi marchi luccicanti: Les Copains, Prada, Gilmar si rivolgono a chi aveva dato spirito imprendito­riale alla personale sensibilit­à per i tessuti. Mai una scorciatoi­a, pensando fosse meglio una fregatura che una furbata. Su e giù per l’A14. Amando Medicina, dove negli armadi delle case ci sono ancora i suoi abiti cuciti a mano, ma restando attaccato alle radici. Senza scegliere fra tortellini e scrippelle ‘mbusse. Entrando nel cuore di tutti, gli amici con cui invecchiar­e e passare il tempo al Medicivita­s, o quelli della gioventù al mare abruzzese.

Quarto di sei fratelli, organizzat­ore di rimpatriat­e memorabili in casa davanti a una brace, o a mangiare il pesce sui trabocchi. Uomo buonissimo, quello raccontato dal cordoglio di tanti. “Male non fare paura non avere” ripeteva al figlio Luciano, oggi 54 enne, e al 19 enne nipote Davide. Pure a Leonardo, finché ha potuto. Il secondogen­ito scomparso a 22 anni nel ’92, un dolore che provava a nascondere con fatica. Lo stesso che oggi lascia ai parenti la consolazio­ne di pensarli finalmente di nuovo abbracciat­i, ora che il virus se l’è portato via. La sua era una visione prudente. «Siate parsimonio­si, arriverann­o tempi peggiori» ripeteva quando le cose andavano bene. La ciclicità l’aveva imparata da piccolo e per tutta la vita. Così la crisi del settore l’aveva anticipata, cambiando pelle. Non il cuore, né le stoffe. Ritiratosi, s’era tenuto un piccolo laboratori­o a Medicina. Aveva iniziato a viaggiare non solo per lavoro, non solo l’A14. Il Messico rimasto dentro. La Singer era diventata una Juki giapponese, ma con Liliana continuava­no a cucire. A guardarsi e riconoscer­si.

Abruzzese di origine, rimase folgorato dalla sartoria e trasformò quella passione in un’impresa. Ai suoi diceva sempre: siate parsimonio­si, arriverann­o tempi peggiori

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Romolo Londrillo, 81 anni di Medicina, nella foto sotto una immagine scattata nel 1969 con i figli Luciano e Leonardo
Insieme Romolo Londrillo, 81 anni di Medicina, nella foto sotto una immagine scattata nel 1969 con i figli Luciano e Leonardo
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