Ecco il nuovo disco «Ora c’è più tempo, si può ballare a casa»
Caso raro di cittadino bolognese d’adozione giovane ma non giovanissimo che ha scelto questa città non perché ci ha studiato all’università — «anche perché credo che avrei studiato molto poco» — Bruno Belissimo esce con il suo terzo e ultimo album, Tucker, decidendo di promuoverlo da Bologna. Quella Bologna dove il dj, producer, polistrumentista italocanadese è approdato direttamente da Toronto. Molto attivo nella vita notturna cittadina, di lui si sta parlando molto anche per diverse collaborazioni, da Frah Quintale a
Francesca Michielin, di cui ha prodotto il singolo Femme,a
Calcutta. «Qualche mio collega ha fermato tutto, io ho preferito fare in un altro modo».
Come vive questa anomala uscita discografica?
«C’è poco da fare. Di solito di giovedì a mezzanotte escono i dischi e ci si ritrova come a Capodanno da qualche parte ad aspettare. Stavolta, tutti a casa. Ma non c’è alternativa. Ho voluto anche dare un messaggio: cerchiamo di non fermarci. E poi stando a casa c’è più tempo di ascoltare».
Sa che questo album sembra pensato apposta per il periodo? È ipnotico, ci fa muovere, ci fa ballare e quella miscela di synth, disco, pop, ironia sembra balsamica.
«Mi fa piacere. I miei album si completano con l’aspetto live, che è poi la parte che preferisco. Di solito mi muovo per grandi immaginari. In alcune tracce qui raggiungono un testo, una novità per me. Anche questa volta sono partito da un tema. Anche se non ho storie da raccontare».
Perché questo titolo?
«Tucker, personaggio pensato e disegnato dalla matita di Davide Patrignanelli, un altro che si è trasferito a Bologna quasi insieme a me, è il cliché della generazione dei nostri padri. Chi ci ha preceduto ha potuto godere di una grande crescita economica, ma ci ha lasciato un’eredità complicata e un deficit di valori. Detta così sembra superseria, ma io smonto, critico, elogio, anche, metto in crisi con il filo logico della satira».
Stando ai suoi videoclip, non si nutre solo di dance, elettronica e satira, ma anche di una certa commedia.
«Sono appassionato di Commedia all’italiana, di cinepanettoni, oltre a una certa discomusic, quella in cui si ballava a 360°. Tutto torna».
Perché ha scelto proprio Bologna?
«Mi è sempre piaciuta. L’ho sempre un po’ frequentata. Il mio primo disco è nato qua, ormai è casa, ci vivo da sei anni. Anche per lavoro è un bel posto dove stare. È un polo artistico non indifferente ma lontano dall’industria. Sento dire da chi è più grande di me: “Ah, non sai com’era negli anni ‘90”. Poi ci sono quelli venuti qua negli anni ’90 a cui hanno detto: “Ah, non sai com’era negli anni ‘80...”».
E lei cosa s’immagina quando dicono così?
«Dai racconti me la immagino molto viva ed estrema, ma per quello che vedo io non ci si può lamentare».
Come trascorre queste giornate?
«Mi tengo occupato nella lentezza più assoluta».