«Servono 9 miliardi solo per l’Emilia, dopo Pasqua si riparte»
Il leader di Confindustria Emilia indica la strada perché l’economia si rimetta in moto ma chiede «moratorie e agevolazioni in forma finanziaria» Caiumi: pronti a ripartire dopo Pasqua, ma serve unità come nel post sisma
Il numero uno degli industriali emiliani Valter Caiumi ritiene drammaticamente verosimile la stima di Prometeia sul calo del Pil nel 2020, ma dice che gli industriali sono pronti a ripartire, anche subito dopo Pasqua, garantendo protezioni individuali per tutto l’anno. A una condizione, però. Che anche il governo faccia la sua parte: «Per sostenere le sole industrie emiliane in difficoltà servono 9 miliardi», è la stima. Occorre dunque liquidità, ma anche una moratoria, come nel post sisma.
Sono 1.411 su 3.350 le aziende ritenute essenziali aperte sul territorio di Bologna, Modena e Ferrara e 22 mila su 170 mila e 480 i lavoratori che vanno tutti i giorni a lavoro. Il 12% del totale, compresa la filiera. In questo momento di serrata obbligatoria, il presidente di Confindustria Emilia Valter Caiumi indica le parole d’ordine: responsabilità e salvaguardia dell’occupazione. Con un obiettivo: «Se le stime sulla riduzione del contagio saranno esatte, ripartenza graduale a partire dal 14 aprile». Le condizioni per rimettersi in moto? Dispositivi di protezione individuale per tutto il 2020 e un aiuto di 9 miliardi di euro per sostenere le industrie in difficoltà.
Il decreto «Chiudi Italia» ha disposto la sospensione di tutte le attività produttive non necessarie. L’Emilia si è adeguata?
«L’Emilia ha iniziato a fermarsi ancor prima che venisse firmato il protocollo sulla sicurezza nei luoghi di lavoro. Grandi imprese come Ferrari, Lamborghini, Ducati, Ima, Coesia, Datalogic e Marchesini hanno dato l’esempio. Al momento, le presenze del personale sono state ridotte del 78%. Solo il 22% dei lavoratori continua ad andare in azienda, gli altri sono in cassa integrazione o in smart working».
E le altre? È vero che fra la firma del decreto coi sindacati, la lettera del presidente di viale dell’Astronomia, Vincenzo Boccia, e l’ultima lista delle produzioni essenziali c’è stata una corsa per aumentare i codici Ateco ammessi?
«La situazione è inedita e molti codici che erano stati ammessi erano meno necessari di altri. Avremmo preferito un approccio diverso: il rallentamento per tutti. Un Paese come l’Italia, e un territorio come l’Emilia, è difficile fermarlo totalmente».
Le stime di Prometeia indicano una contrazione del Pil nel 2020 del 6,5%. Si ritrova nella fotografia della recessione più profonda dal secondo dopoguerra?
«Prometeria ci restituisce un quadro tremendo e realistico; un dato che potremo governare solo quando saremo riusciti a smettere di gravare sul sistema sanitario nazionale, su cui in passato abbiamo scelto di fare troppi tagli. Rientrata l’emergenza, dovremo fare un piano serio di ripartenza. Meglio farsi trovare pronti».
Come si sta preparando Confindustria Emilia?
«Le ultime disposizioni della Presidenza del Consiglio arrivano fino al 3 aprile. Ma le dichiarazioni di chiusura delle grandi case automobilistiche ci lasciano intendere che quasi sicuramente si andrà a dopo Pasqua. La ripartenza potrebbe essere il 14 aprile. Da allora servirà una progressiva salita, aumentando le percentuali di presenza in azienda.
” Da parte nostra dobbiamo garantire dispositivi di protezione individuale per tutto il 2020
” Qui le imprese si sono mosse con responsabilità anche prima che il governo ne decidesse la chiusura
Dovremo trovare il coraggio di ricominciare a lavorare e a ripartire dovranno essere solo le imprese che garantiranno la piena sicurezza. Le altre dovranno adeguarsi agli standard. Tutti dovremmo continuare a tutelarci per molto tempo: mascherine, guanti, disinfettanti, sanificazioni e distanze di sicurezza per tutto il 2020 se necessario».
Ha già detto che i 25 miliardi previsti dal «Cura Italia» sono insufficienti. Cosa chiedete ora al governo?
«La crisi riguarda tutto il sistema economico, specie le piccole e medie imprese. Ma anche le grandi, che sono il locomotore, non possono essere lasciate sole. Non possiamo posticipare tutto. Servono moratorie e agevolazioni in forma finanziaria. Ci saranno flessioni di almeno il 10% del fatturato e queste cifre vanno restituite in liquidità. Il braccio saranno le banche e la Cassa depositi e prestiti. Solo per questo territorio servirebbero 9 miliardi. Gli aiuti andranno dati però a chi ne ha davvero bisogno. E qui serve responsabilità alle imprese».
Un governo di unità nazionale potrebbe essere di aiuto?
«Servono manovre strategiche, anche impopolari, e serve salvaguardare l’occupazione. Il nostro deficit è un handicap che ci rende deboli; abbiamo bisogno di un governo che assuma una posizione forte e credibile. Il paragone è il sisma dell’Emilia: non ci fu antagonismo, ma collaborazione. Siamo in guerra contro un virus invisibile, non occorre la bacchetta magica, ma la competenza del ritrovarsi nell’unitarietà. Se faremo squadra, ritroveremo il sorriso».