Corriere di Bologna

La Fortitudo di Seragnoli vola in Europa

Ottavi di finale contro Komazec e Meneghin prima di Trieste

- di E. Schiavina

Tra le coreografi­e storiche della Fossa un posto di rilievo ha quella con la Effe scudata al centro della bandiera europea (accompagna­ta da un’affermazio­ne un po’ teatrale: «Oggi l’Europa ha una stella in più»), rivista anche di recente nella festa del cinquanten­ario. Apparse a fine aprile del 1994, per celebrare il ritorno della Fortitudo nelle coppe europee, territorio da cui mancava da dodici anni e nel quale non aveva mai avuto fortuna, a partire dalla maledetta finale di Korac a Genova del ’77.

Per tornarci, in Europa, la Effe aveva dovuto fare un giro lunghissim­o, con ultima tappa una serie di playoff contro Varese. Due su tre con bella in casa, un ostacolo alla portata della brillante Filodoro arrivata sesta in A1 nonostante una penalizzaz­ione di 6 punti, ma con la sensazione che quell’ottavo di finale fosse un momento di svolta nella storia del club che dopo una vita di stenti si era improvvisa­mente scoperto ricco e ambizioso. Una sorta di passaggio a nordest, con sbocco nel mondo del grande basket — passare ai quarti voleva dire posto in coppa assicurato — sbarrato solo dalla Cagiva Varese, squadra che veniva sì dall’A2 (dominata, 25-5), ma che si intuiva già sulla strada del ritorno ai vecchi fasti, col ventenne Andrea Meneghin sul punto di esplodere ed un bomber di caratura europea nel croato Arijan Komazec (anche se poi in Virtus, chiamato a sostituire il primo Danilovic volato in Nba, deluderà).

La stagione regolare della Fortitudo era stata esaltante, 19-11, sei mesi di carica a testa bassa, in totale simbiosi con un pubblico straripant­e, in casa e in trasferta. Al ritorno in A1 dopo quattro anni, l’entusiasmo tocca livelli che raramente verranno pareggiati, anche nelle stagioni degli scudetti. Un paragone semmai si può fare con i tempi recenti, con la prolungata astinenza da grande basket a far da moltiplica­tore della passione nelle annate della ricostruzi­one, e nei primi mesi del ritorno in massima serie.

A trascinare la squadra e la folla è la lucida follia di Vincenzo Esposito, al primo di due impetuosi anni biancoblù, tra orge di canestri, bagni di folla, insofferen­za verso chi deve gestirlo. Compito difficile, anche se in panchina c’è gente che farà carriera, non solo il capo Sergio Scariolo ma anche gli assistenti Luca Dalmonte e Alex Finelli. A Pistoia ad esempio, sostituito presto perché in serata storta e poi rimesso dentro, Vincenzino li manda platealmen­te tutti e tre a quel paese dopo una mostruosa raffica di triple.

Ormai è già El Diablo, eppure quella squadra incanta perché c’è dell’altro: a gennaio il casertano ha la polmonite ma la Filodoro fa altre vittorie clamorose senza di lui, come a Verona, con 34 punti di Corradino Fumagalli. Un’altra la vince Micio Blasi con tripla sulla sirena contro Pistoia in casa. Quando Esposito torna, dopo quasi due mesi, a Mestre

con la Reyer, e fa 26 punti entrando solo nel secondo tempo, è ormai chiaro che la Fortitudo non è più solo una neopromoss­a che, spianato il -6, prova a divertirsi. Ha un futuro da grande, si sa, anche se per tutto l’anno si parla ancora di Giorgio Seragnoli come di un proprietar­io potente e misterioso, che non ha mai rilasciato interviste, e per un po’ ha persino negato di essere lui il padrone del club, quando vi aveva già messo una prima trentina di miliardi. Già a primavera si parla di obiettivi di mercato costosi, Sale Djordjevic e

Ale Frosini, che infatti arriverann­o entrambi: evidente il proposito di crescere ancora, sfidare la Virtus, fare il salto nell’iperspazio.

«Portaci-portaci-portaci in Europa» cantano i tifosi a Scariolo, ma prima bisogna battere una Varese scorbutica. In una serie che si rivela ruvida, tre partite molto dure, con fattore campo pesante sia a Bologna (gara 1 ben controllat­a, Esposito 33, Komazec 35) sia a Varese. Gara 2 va in gazzarra, e per una volta la colpa si può addossare tutta alla curva varesina: all’intervallo il parterre tracima in campo per sfuggire a una battaglia tra ultras locali e polizia («In tanti anni di carriera, mai visto un clima così violento» dirà Max Aldi), non ci sarebbero le condizioni minime, ma alla fine si gioca e dal +6 del riposo la Effe finisce per perdere di 10.

Serve gara 3, sabato 16 aprile, ed è ancora una partita tosta, ma sempre condotta, anche se di poco. Il punto debole di Varese è sotto, con Evers Burns schiacciat­o nella morsa di Dan Gay (17+16) e Dallas Comegys, l’elettrizza­nte cavalletta di Philadelph­ia diventato un discreto numero 4 in A1 dopo esser stato a lungo dominante da numero 5 in A2. Esposito ne fa altri 28, mentre tenere Komazec a 26 è salutata come una quasi vittoria difensiva, con meriti al giovane capitano Andrea Dallamora.

Finisce 8476, Fortitudo ai quarti. Che perderà 2-1 contro una Trieste fortissima (Bodiroga, Gentile padre, Fucka, Pilutti, De Pol), ma a missione compiuta. In gara 2, ultima in casa della stagione, la curva Nannetti si trasforma appunto in un’enorme bandiera dell’Ue per festeggiar­e il rientro in Europa, che sarà poi frequentat­a per quindici stagioni consecutiv­e, l’ultima il 2009.

E si passa all’oggi: se è vero che, non si dovesse più giocare, varrà la classifica di fine andata, la Pompea chiude sesta. E un posto in qualche coppa le spetterebb­e di diritto. (2. Continua)

” Esposito era già El Diablo ma la squadra vinse anche senza di lui e si preparava a sfidare il potere bianconero

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Una delle più note coreografi­e della Fossa, nella serie contro Trieste che seguì il successo contro Varese agli ottavi del 1994
Iconica Una delle più note coreografi­e della Fossa, nella serie contro Trieste che seguì il successo contro Varese agli ottavi del 1994
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 ?? Coach ?? Sergio Scariolo era il rampante tecnico della Effe che iniziò la stagione senza sponsor: lui aveva già vinto il titolo nel 1990
Coach Sergio Scariolo era il rampante tecnico della Effe che iniziò la stagione senza sponsor: lui aveva già vinto il titolo nel 1990

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