Club, futuro incerto «Perdite enormi Chissà se si ripartirà»
Un disastro epocale. È questo quello a cui andranno incontro i club dedicati alla musica dal vivo che in città sono un punto di riferimento. Estragon, Locomotiv e Covo stanno lavorando per la prossima stagione, perché questa oramai è dura da portare a compimento.
«Abbiamo una perdita di qualche decina di migliaia di euro, tra cui diverse fatture da saldare ai fornitori ed anticipi di concerti annullati che sono persi», ci dice il direttore artistico del Covo, Andrea James Colgan, che sottolinea l’intenzione di riprendere, se sarà possibile, l’attività in autunno: «Sarà il 40esimo anniversario della nascita del Covo e vorremmo festeggiarlo come merita».
Un pensiero comune è legato anche alla situazione che si troveranno davanti quando si potrà ricominciare ad aprire le porte dei locali: «Quando si ripartirà come si ripartirà? I club hanno bisogno di tempo per riprogrammare — dice Lele Roveri dell’Estragon — il pubblico non ricomincerà a frequentare luoghi di aggregazione come prima e soprattutto temo che verranno prese delle precauzioni ancora più restrittive. Torneremo alla normalità tra molto tempo e soprattutto se ci saranno da rispettare regole ferree sarà molto dura».
Il locale al Parco Nord ha già calcolato il buco di bilancio di questo stop: «Per noi i mesi di marzo ed aprile valgono il 50% della stagione, questo significa mezzo milione di euro di mancato introito. Una situazione che dovrà essere aiutata. Noi siamo imprenditori che rischiano sulla propria pelle, a differenza dei teatri che sono finanziati in maniera importante, fino al 70% dei costi di programmazione. Per noi, quando riusciamo ad accedere ai finanziamenti, si parla di cifra intorno a 5.000 euro che su un bilancio di un milione è una goccia».
Una epidemia che porterà con sé molti strascichi come sottolinea Giovanni Gandolfi del Locomotiv: «La gente in questo periodo si guarda con sospetto e la separazione sociale avrà delle ripercussioni soprattutto per coloro che fanno il mio mestiere. Il nostro obiettivo è esattamente l’opposto, noi cerchiamo di avvicinare le persone piuttosto che diradarle. Saremo i più penalizzati e questo mi preoccupa assai. Ora sta vincendo il pessimismo ma mi sembra irreale che la situazione possa rimanere così come è adesso».
In chiusura, senza fare i catastrofici, speriamo che il concetto di concerto come lo conosciamo non sia destinato a scomparire per via del coronavirus.
” Cosa sarà Con regole ferree sarà molto dura ripartire