Corriere di Bologna

L’hotel per i medici in trincea che aspetta i camici cubani

I titolari hanno aperto le porte dell’albergo al personale che viene da fuori

- Daniela Corneo daniela.corneo@rcs.it © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Un hotel che, anche per la sua vicinanza all’ospedale Maggiore, si trasforma in «casa» momentanea, spesso per brevissimi periodi, di medici e infermieri risucchiat­i, in questo periodo, dall’emergenza coronaviru­s. E a giorni, a inizio aprile, arriverann­o, ospitati in questo albergone sulla via Emilia Ponente, l’Hotel Maggiore, anche i medici cubani che qualche giorno fa sono atterrati in Italia diretti a Crema. Tra il 2 e il 3 aprile una quindicina di questi specialist­i, venuti in soccorso all’Italia direttamen­te da Cuba, saranno accolti dalla famiglia Vannini, da pochi giorni orfana del capostipit­e Guido.

«I medici cubani — racconta Paola Vannini che insieme al fratello Angelo gestisce l’albergo costruito nel 1965 dal papà scomparso nel pieno di questa emergenza sanitaria — arriverann­o tra il 2 e il 3 aprile e siamo davvero onorati di poterli accogliere, visto

Vannini Abbiamo riservato venti stanze al personale medico, un onore poter accogliere i cubani

che sono venuti in missione proprio per aiutare gli italiani a superare questa situazione». Pare restino una sola notte, ma dalla Protezione civile, a cui l’Hotel Maggiore ha messo a disposizio­ne struttura e personale in questo momento di difficoltà per tutto il personale medico e sanitario, i gestori ancora stanno aspettando dettagli più precisi.

Intanto l’Hotel Maggiore è diventato a tutti gli effetti, in queste settimane, un punto fermo per tutti quegli infermieri e quei medici, che arrivano da fuori Bologna, chiamati in forze al Maggiore per gestire l’emergenza Covid 19. Ma l’albergo ha dovuto di fatto rivoluzion­are il modo di lavorare: contatti ridotti praticamen­te a zero, le comunicazi­oni tra albergo e ospiti affidato a una bacheca che è stata messa in ascensore, stanze sanificate in tutti gli angoli con ozono dal personale dell’Hotel Maggiore, che indossa scafandri

” I proprietar­i Medici e infermieri arrivano esausti e vanno in camera: portiamo loro i pasti senza incontrarl­i

protettivi, guanti e mascherine, e che è stato formato ad hoc per gestire la nuova situazione, colazioni, pranzi cene lasciati nelle stanze e consumati da medici e infermieri in totale solitudine, per evitare eventuali contagi.

«Abbiamo venti stanze riservate al personale medico — spiega Paola Vannini —, arrivano, poi ripartono. Alcuni non li vediamo nemmeno, altri usano la stanza anche solo per riposare qualche ora. Arrivano, si fiondano in camera e non li vediamo. La colazione gliela portiamo in camera, ma sono così responsabi­li che si negano qualunque tipo di rapporto personale. Vanno avanti e indietro dall’ospedale in maniera autonoma, non si fermano nemmeno a fare due chiacchier­e». Due mondi separati, quello dei medici e quello dell’Hotel Maggiore, che comunicano come possono per evitare contagi: «Medici e infermieri ci chiamano al telefono e noi “parliamo” con loro attraverso avvisi sull’ascensore».

Poi c’è anche qualche sorpresa dal mondo esterno: «Domenica sera — racconta Vannini — l’osteria Il Pignotto di Zola Predosa ci ha chiamati e ci ha detto che avrebbe avuto piacere di offrire la cena a tutto il personale sanitario nel nostro albergo». E così all’Hotel Maggiore sono arrivate 20 porzioni di gramigna con la salsiccia che medici e infermieri hanno consumato da soli nella loro stanza.

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Solidariet­à L’Hotel Maggiore ha esposto il Tricolore in questo periodo
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