L’hotel per i medici in trincea che aspetta i camici cubani
I titolari hanno aperto le porte dell’albergo al personale che viene da fuori
Un hotel che, anche per la sua vicinanza all’ospedale Maggiore, si trasforma in «casa» momentanea, spesso per brevissimi periodi, di medici e infermieri risucchiati, in questo periodo, dall’emergenza coronavirus. E a giorni, a inizio aprile, arriveranno, ospitati in questo albergone sulla via Emilia Ponente, l’Hotel Maggiore, anche i medici cubani che qualche giorno fa sono atterrati in Italia diretti a Crema. Tra il 2 e il 3 aprile una quindicina di questi specialisti, venuti in soccorso all’Italia direttamente da Cuba, saranno accolti dalla famiglia Vannini, da pochi giorni orfana del capostipite Guido.
«I medici cubani — racconta Paola Vannini che insieme al fratello Angelo gestisce l’albergo costruito nel 1965 dal papà scomparso nel pieno di questa emergenza sanitaria — arriveranno tra il 2 e il 3 aprile e siamo davvero onorati di poterli accogliere, visto
Vannini Abbiamo riservato venti stanze al personale medico, un onore poter accogliere i cubani
che sono venuti in missione proprio per aiutare gli italiani a superare questa situazione». Pare restino una sola notte, ma dalla Protezione civile, a cui l’Hotel Maggiore ha messo a disposizione struttura e personale in questo momento di difficoltà per tutto il personale medico e sanitario, i gestori ancora stanno aspettando dettagli più precisi.
Intanto l’Hotel Maggiore è diventato a tutti gli effetti, in queste settimane, un punto fermo per tutti quegli infermieri e quei medici, che arrivano da fuori Bologna, chiamati in forze al Maggiore per gestire l’emergenza Covid 19. Ma l’albergo ha dovuto di fatto rivoluzionare il modo di lavorare: contatti ridotti praticamente a zero, le comunicazioni tra albergo e ospiti affidato a una bacheca che è stata messa in ascensore, stanze sanificate in tutti gli angoli con ozono dal personale dell’Hotel Maggiore, che indossa scafandri
” I proprietari Medici e infermieri arrivano esausti e vanno in camera: portiamo loro i pasti senza incontrarli
protettivi, guanti e mascherine, e che è stato formato ad hoc per gestire la nuova situazione, colazioni, pranzi cene lasciati nelle stanze e consumati da medici e infermieri in totale solitudine, per evitare eventuali contagi.
«Abbiamo venti stanze riservate al personale medico — spiega Paola Vannini —, arrivano, poi ripartono. Alcuni non li vediamo nemmeno, altri usano la stanza anche solo per riposare qualche ora. Arrivano, si fiondano in camera e non li vediamo. La colazione gliela portiamo in camera, ma sono così responsabili che si negano qualunque tipo di rapporto personale. Vanno avanti e indietro dall’ospedale in maniera autonoma, non si fermano nemmeno a fare due chiacchiere». Due mondi separati, quello dei medici e quello dell’Hotel Maggiore, che comunicano come possono per evitare contagi: «Medici e infermieri ci chiamano al telefono e noi “parliamo” con loro attraverso avvisi sull’ascensore».
Poi c’è anche qualche sorpresa dal mondo esterno: «Domenica sera — racconta Vannini — l’osteria Il Pignotto di Zola Predosa ci ha chiamati e ci ha detto che avrebbe avuto piacere di offrire la cena a tutto il personale sanitario nel nostro albergo». E così all’Hotel Maggiore sono arrivate 20 porzioni di gramigna con la salsiccia che medici e infermieri hanno consumato da soli nella loro stanza.