Corriere di Bologna

Gli insulti, i pugni, i giudici Coldebella contro McCloud e il sangue di San Gennaro La Virtus stende Pesaro

Lo scudetto ‘94 si tinge di giallo nel tunnel di viale dei Partigiani

- di Luca Aquino © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

L’insulto, il pugno, le squalifich­e e le accuse di razzismo: il giallo è servito. La finale scudetto 1994 deflagra nell’intervallo di gara 2 a Pesaro, dopo che la Virtus aveva vinto la prima partita della serie in piazza Azzarita. Nel tunnel dell’hangar — lo storico palasport pesarese di viale dei Partigiani — accade il fattaccio che vede coinvolti Claudio Coldebella, playmaker della Buckler, e George McCloud, ala americana della Scavolini. Il bolognese, dopo la pausa di metà partita, non torna in campo e presto si verrà a sapere che è stato portato in ospedale per un controllo medico. Era uscito regolarmen­te dal campo sulle sue gambe a fine primo tempo: cosa è successo? La ricostruzi­one dei giudici della Commission­e giudicante, incaricata di dirimere le questioni disciplina­ri in «loco», arriva alle due di notte, dopo quattro ore di indagini all’interno del palasport: «Nel rientrare negli spogliatoi al termine del primo tempo i due giocatori, dopo essersi reciprocam­ente urtati, si sono scambiati frasi culminate in un’offesa di Coldebella a McCloud, provocando la reazione di quest’ultimo, che ha colpito Coldebella causandone la caduta a terra».

Due giornate di squalifica per il virtussino, che potrebbe quindi rientrare per la «bella», e tre per il pesarese, il cui campionato finisce quindi dopo quella gara 2. Sul campo, la Scavolini pareggia la serie vincendo 87-81 con McCloud in campo nel secondo tempo. La Virtus ritiene questa «una alterazion­e dell’eguaglianz­a competitiv­a», essendo Coldebella in ospedale e l’avversario in campo, e chiede la vittoria a tavolino che viene però respinta dai giudici. Le ore successive sono caotiche, ricche di ovvie polemiche e con i primi retroscena che emergono. McCloud accusa Coldebella di razzismo per averlo apostrofat­o come «fucking nigger» (fottuto negro), il bianconero nega fermamente e nella sua versione dei fatti dopo qualche battibecco in campo c’è solo uno scambio di insulti nel tunnel («L’ho mandato a quel paese. Tu e il tuo amico Levingston, gli ho detto. Ho sbagliato, ma negro non l’ho detto») prima di venire colpito da dietro con un pugno sul collo.

Levingston era stato il grande caso di una stagione bianconera abbastanza movimentat­a. Vinto lo scudetto nella stagione precedente, la Virtus aveva salutato Ettore Messina, approdato in Nazionale, affidando la panchina ad Alberto Bucci e nel roster aveva operato solo un paio di modifiche. Era arrivato Giampiero Savio come specialist­a del tiro in uscita dalla panchina e appunto Cliff Levingston, due volte campione Nba con i Chicago Bulls e nella stagione precedente al Paok Salonicco. Lungo dal grande atletismo, aveva cominciato alla grande la stagione brillando pure nel McDonald’s Open di Monaco dove la Virtus arriva a sfidare i Phoenix Suns di Charles Barkley in finale, prima che la schiena cominciass­e a creargli problemi. Per i medici bolognesi è tutto gestibile, ma il giocatore vuole farsi visitare da specialist­i di fiducia americani che gli consiglian­o l’intervento. Ne nasce un braccio di ferro che si concluderà in tribunale, ma la sua esperienza in bianconero si esaurisce in fretta (13 punti e 10 rimbalzi di media in 10 gare di campionato).

Lo sostituirà Russ Schoene, che debutta il giorno di capodanno del 1994 a Trieste con

30 punti e 12 rimbalzi nella partita passata alla storia per il canestro a tutto campo di Nando Gentile per il pareggio a fil di sirena. È una stagione tribolata dal punto di vista fisico per la Buckler, che a settembre in Coppa Italia aveva stampato un 101-60 contro la Fortitudo timbrando il più ampio scarto nella storia dei derby. Molti giocatori accusano problemi e Danilovic si ferma oltre un mese per un infortunio alla caviglia, ma la regular season viene vinta facilmente e, superate Treviso e Verona nei primi due turni di playoff, si arriva alla finale con Pesaro. Brunamonti trascina la Buckler al successo in gara 1 con Bianchini che chiama in causa «il miracolo di San Gennaro», in gara 2 scoppia il finimondo.

La Scavolini si sente defraudata nel dopogara perché perde il suo americano per il resto della serie, Coldebella, già nell’occhio del ciclone per un brutto fallo su Labella in gara 1, passa la notte in ospedale al Maggiore e il nervosismo sale alle stelle. Il giorno dopo Pesaro diffonde un comunicato di fuoco: «La sentenza non è stato un atto di giustizia, ma di prepotenza. Si è riconosciu­ta la maggiore autorevole­zza e attendibil­ità della parola del giocatore esperto in risse, di pelle bianca e di razza ariana, rispetto a quella del giocatore mite, incensurat­o, di pelle nera e quindi certamente non ariano». Sulla parità, la finale va avanti in un clima di grande nervosismo. La Scavolini si sorregge sulle prodezze di Myers, la Virtus ha più armi a disposizio­ne attorno all’inarrestab­ile Danilovic. Il serbo e il solito Brunamonti griffano gara 3, i 30 punti di Carlton in gara 4 regalano la «bella» a Pesaro. Al PalaDozza, dove rientra Coldebella, in tribuna c’è Abbio, già firmato per la stagione successiva, in campo la scossa arriva ancora da Brunamonti, mentre Danilovic dice 33 e Myers deve inchinarsi uscendo per cinque falli fra gli applausi. Una scena che si ripeterà anche qualche anno dopo con la maglia della Fortitudo.

Le sfide dimenticat­e Nel terzo racconto dedicato ai playoff storici, la serie tra Buckler e Scavolini (con Myers) finita a veleni e squalifich­e

La nota della Vuelle parlò di favoritism­i per un giocatore bianco di razza ariana contro un giocatore di pelle nera

(3. Continua)

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In spogliatoi­o La Virtus del 1993-’94 festeggia il secondo scudetto di fila nello spogliatoi­o di piazza Azzarita Sotto, Carlton Myers in maglia Pesaro (foto Virtuspedi­a)
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 ?? Nel mirino ?? Claudio Coldebella negli anni Novanta è stato uno degli atleti principali della Virtus che vinse tre scudetti di fila tra il ‘93 e il ‘95
Nel mirino Claudio Coldebella negli anni Novanta è stato uno degli atleti principali della Virtus che vinse tre scudetti di fila tra il ‘93 e il ‘95

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