Il festival della Medicina
zione mi interessava questa sfida, che parte dalla considerazione che le tecnologie digitali, e con esse la ‘tecnica’ intesa come efficientamento, ci spingono a realizzare le intercalazioni in modo automatizzato. Il rischio è che se non si controlla bene il risultato che ci fornisce il computer, le intercalazioni risultano sbagliate, l’animazione goffa e il nostro occhio non può non vederla. Se invece abbiamo delle belle pose chiave senza intercalazioni, il nostro occhio le intercala correttamente».
Nel video la voce narrante è quella di Lucia Gadolini, attrice e doppiatrice, anche del Teatro dell’Argine, con una lunga esperienza in cartoni e audiolibri, mentre gli effetti sonori sono di Riccardo Nanni e la musica è stata scelta dallo stesso Filippi.
«Un paio d’anni fa — conferma — mi imbattei sotto i portici di Bologna in una bravissima chitarrista, Elisa Misolidio, che suonava in una fredda giornata di dicembre raccogliendo monetine nel cappello. Acquistai il suo cd, registrato con mezzi casalinghi, in mono, ma di ottima qualità artistica. In questi anni l’ho ascoltato spesso e così ho pensato a lei quando è arrivato il progetto di Frezzato. La cosa strabiliante è che tutti i brani si adattavano a un momento del film, spesso già dal titolo e per l’argomento evocato. Sono magie, sincronie cosmiche che solo l’arte sa regalare». Peraltro anche l’album è in vendita digitale con il titolo Vicolo Stretto. Per il film, invece, basta inserire il titolo in un qualsiasi motore di ricerca per trovarlo. edizione sarà fortemente segnata proprio da quanto stiamo vivendo in queste settimane, conferma anche il direttore scientifico del festival, Gilberto Corbellini, docente di Storia della medicina alla Sapienza di Roma.
Professor Corbellini, un rinvio inevitabile proprio in un momento in cui il ruolo della scienza medica appare fondamentale più che mai.
«È vero, può sembrare un paradosso ma non si poteva fare diversamente. In effetti oggi è più evidente che mai l’importanza di occasioni di divulgazione della scienza medica, soprattutto in una discussione che si percepisce un po’ caotica».
Una pandemia accostabile a qualche altro momento del passato?
«Difficile fare raffronti. Anche se prendiamo la Spagnola, che uccise milioni di persone, allora gli Stati non chiusero tutto. Cercarono sì di evitare il contagio ma senza interrompere le attività, anche se i processi si facevano in strada per evitare gli affollamenti nelle aule. E poi nessun capo di governo fece un discorso alla nazione come invece è accaduto oggi».
La scienza ha poi ben altre possibilità rispetto a un secolo fa...
«È vero, anche se questo virus sembra essere stato studiato a tavolino per entrare con un impatto tremendo nelle demografie umane. Ma noi oggi il virus lo conosciamo, lo abbiamo sequenziato in 8 giorni. Della Spagnola non si sapeva nulla e se si sopravviveva era solo per fortuna. Quella che invece è rimasta costante è una certa incapacità umana nel fare scelte di tipo razionale».
A cosa si riferisce?
«Oggi abbiamo tanti strumenti, ma i dati paradossalmente non rivelano quello che tutti ci aspetteremmo. Il fatto è che il virus è qui per ora, non si sa quanto durerà e prendere decisioni sarà sempre più difficile. È questa capacità politica che sta rivelando le sue fragilità, non la nostra società».
Alcuni Paesi hanno fatto scelte un po’ diverse…
«Nutro una certa ammirazione per stati come Svezia e Olanda, che hanno deciso di vigilare ma senza prendere a martellate il virus con il rischio di non rendersi conto di chi stavano realmente colpendo. Anche se in qualche modo se lo possono permettere, perché lo smartworking ce l’hanno da anni, hanno una storia civica e una diversa fiducia nelle istituzioni».
E il modello cinese?
«Lasciamo stare, ci siamo fatti guidare dalla Cina, un paese totalitario che si può permettere un lockdown mandando l’esercito davanti ai condomìni. Da noi si discute di tamponi come se si fosse al bar e la politica dà retta ai virologi, che però sono gli uni contro gli altri.
Che segno lascerà il Covid-19 dopo l’emergenza?
«Siamo davanti a un fenomeno mai visto, gli psichiatri sono preoccupati dei disturbi post-traumatici da stress che affioreranno mentre la ripresa potrebbe accentuare ancora di più le diseguaglianze esistenti e l’instabilità sociale. Il rischio è che finché ci sarà l’emergenza saremo attenti ma, una volta sparito il pericolo, nella memoria collettiva sarà tutto cancellato.
” Le scelte complesse È la capacità politica di prendere decisioni che si sta rivelando fragile, non la nostra società