Quei 30mila che servono nei campi
Fragole da raccogliere e pomodori da seminare, ma mancano 30 mila lavoratori. Confagricoltura propone di incentivare i disoccupati del turismo.
Mancano almeno 30 mila lavoratori agricoli, praticamente la quota di stranieri che ogni anno potano, seminano o arano le campagne dell’Emilia-Romagna. E tra poco, soprattutto in Romagna, inizia la raccolta delle fragole. Ad ammettere la difficoltà è Marcello Bonvicini, presidente di Confagricoltura Emilia-Romagna, il quale, però propone una soluzione: quella di mettere in campo incentivi per convertire il lavoratore del settore turismo, rimasto praticamente disoccupato, a prestare opera nei campi. «Abbiamo fatto richiesta all’assessore alle Attività produttive Vincenzo Colla. Siamo fiduciosi: la Regione ci sta già lavorando».
Ad ogni stagione, riflette Bonvicini, «sono occupate 50 mila persone, di cui 30 mila sono stranieri, stagionali, che d’inverno tornano nei loro Paesi, per poi tornare a primavera». Con l’espandersi dell’epidemia da coronavirus, chiaramente, non hanno potuto più varcare le frontiere, e a poco (ma a qualcosa, sì) è servito il provvedimento di estendere a giugno la scadenza dei permessi di soggiorno per chi si trova già sul suolo italiano. Alcuni contratti erano già posti in essere e si dovrà rinunciare. Ora molte aziende si affidano alle maestranze o alla cerchia famigliare per non restare del tutto sguarniti. Gli stranieri normalmente impiegati in regione vengono in maggioranza dall’Est Europa o da Paesi dell’Africa o dalla Turchia.
Le urgenze rilevate in campagna, spiega il numero uno di Confagricoltura, oltre alla raccolta di fragole riguardano il diradamento (pulitura) degli alberi da frutto sempre in Romagna, verso la costa — dove il clima è più mite e i frutti maturano prima — la semina di pomodori, in particolare nel piacentino, nel parmense e nel ferrarese. Poi arriveranno tutti i prodotti ortofrutticoli di serra. «La proposta di attrarre forza lavoro dal commercio e dal turismo utilizzando, per esempio, come incentivo, parte degli stanziamenti della cig «costituirebbe un risparmio per lo Stato — riflette Bonvicini — e garantirebbe reddito a chi ora non ce l’ha».
L’agroalimetare, in fondo, è un settore essenziale che non si può fermare («lì le misure di sicurezza sono facilmente applicabili»), anche se non sempre guadagna dall’aumento di consumi, «Cresce il fatturato solo delle aziende che lavorano con la grande distribuzione — fa sapere Bonvicini — anche del 10% in più. chi fa vendita diretta soffre», soprattutto adesso che i limiti agli scambi aumenteranno anche i prezzi finali.