Contagi al centro disabili, una madre: mio figlio lì come un animale in gabbia
«Oggi (ieri, ndr) sono riuscita a fare una videochiamata con mio figlio. Fortunatamente l’ho sentito più sereno perché nei giorni scorsi era molto abbattuto per quello che sta succedendo nella struttura». Milvia Bernasconi è la madre di uno degli ospiti del centro residenziale per disabili Battindarno, gestito da Anffas. Ferdinando, 41 anni, non è tra i contagiati dal coronavirus diagnosticati nei giorni scorsi: ieri al bilancio si è aggiunto un altro paziente, portando a 10 il numero dei ricoverati tra Maggiore e Bellaria, oltre al decesso di un uomo di 58 anni. Ieri, anche alla luce delle sollecitazioni da parte delle famiglie degli ospiti del centro Battindarno e di Anffas, il personale dell’Ausl di Bologna è andato ad effettuare i tamponi sugli operatori e sulla decina di persone rimaste nella struttura.
Signora Bernasconi, da quanto tempo non vede suo figlio?
«Dal 6 marzo è arrivata una direttiva da parte di Anffas con la quale veniva fatto presente ai parenti delle persone assistite che le visite sarebbero state sospese o fortemente limitate alla luce della situazione. Lo premetto, nei confronti dei gestori non ho nulla da recriminare, anzi, tutti si sono adoperati per tenerci informati e aggiornati. Il loro impegno è lodevole. Anche a distanza riesco a sentire mio figlio e nei primi tempi al di là dell’apprensione le cose sembravano proseguire normalmente».
Poi cosa è successo?
«La scorsa settimana ci hanno detto dell’individuazione di alcuni ospiti con sintomi riconducibili al Covid19. La coordinatrice del centro ci ha informato e ci ha detto anche dei trasferimenti in ospedale. A quanto sembra Ferdinando non sta manifestando sintomi. Ma questo non significa che non possa essersi contagiato».
Ecco, proprio su questo punto lei ha insistito per chiedere che venissero fatti i tamponi a tutti.
«Sì, ho provato a spiegare che nella situazione in cui la struttura si trova, con una evidente difficoltà, potrei valutare di farlo stare per un periodo a casa. In attesa che le cose migliorino, ma vorrei fare tutto dietro il consiglio di medici ed esperti. Se lui non è positivo non voglio esporlo a rischi inutili portandolo a casa. Se sarà la cosa migliore la farò».
Come sta vivendo questa situazione complicata suo figlio?
«A mio figlio piace molto uscire e stare in giro. Rimanere chiuso con una mascherina non è semplice per nessuno, figuriamoci per chi ha delle difficoltà. Gli piace molto suonare la pianola e la chitarra. L’ho visto più tranquillo, all’inizio era spaesato e spaventato. Ora aspetteremo con ansia l’esito del tampone».