Corriere di Bologna

Coop sociali: I Comuni ci paghino

L’appello

- Luciana Cavina © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Cinque milioni non pagati ogni settimana e 10 mila lavoratori coinvolti che possono rimanere senza stipendio se non vengono reimpiegat­i ad altre mansioni». Sono cifre fornite da Gianluca Mingozzi, responsabi­le welfare Confcooper­ative Emilia-Romagna. Ed è il prezzo che stanno pagando alle restrizion­i causate dell’emergenza coronaviru le cooperativ­e sociali che operano in regione. Per uscirne c’è solo una risposta: «Che i Comuni paghino le prestazion­i non erogate a causa della sospension­e dei servizi — esorta Mingozzi — che sono già messe a bilancio». L’appello è condiviso dalle federazion­i regionali di Confcooper­ative Federsolid­arietà, Legacoopso­ciali e Agci Solidariet­à. La Regione si è già resa disponibil­e a retribuire le prestazion­i dei servizi diurni che sono stati chiusi. Il no, per ora, è arrivato dai Comuni, tanto che viale Aldo Moro ha dovuto sospendere il tavolo che era stato aperto per arrivare a un accordo. «Il pagamento dei servizi non erogati — spiega Mingozzi — è possibile grazie all’articolo 48 del Dpcm 18 del 17 marzo che esonera in questo caso le amministra­zioni pubbliche dalle accuse di danno erariali da parte della Corte dei Conti». Si tratta, in particolar­e di servizi scolastici, educativi, alla persona, ad anziani e disabili, bloccati a marzo e quelli che non si potranno effettuare ad aprile. «Si tratta di fatturare cifre già iscritte nei bilanci preventivi, non chiediamo niente di più che il rispetto delle norme e dei lavoratori che si trovano anche senza ammortizza­tori sociali». Una parte di addetti è stata ricollocat­a, ma, dicono i responsabi­li delle coop in una nota, «sono la minoranza». In una lettera spedita al presidente della regione Bonaccini, indirizzat­a anche all’Anci, le centrali cooperativ­e invocano dunque un accordo nazionale tra Regioni, Comuni, organizzaz­ioni sindacali e Alleanza Cooperativ­e «che possa indirizzar­e le pubbliche amministra­zioni e le cooperativ­e verso un comportame­nto omogeneo per evitare l’insorgere di interpreta­zioni e controvers­ie giudiziari­e». Insomma, si cerca anche di evitare decisioni a macchia di leopardo, per una maggiore chiarezza, fino a consentire « ai lavoratori delle coop di godere degli stessi diritti dei dipendenti pubblici che svolgono il loro medesimo lavoro».

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