Coop sociali: I Comuni ci paghino
L’appello
«Cinque milioni non pagati ogni settimana e 10 mila lavoratori coinvolti che possono rimanere senza stipendio se non vengono reimpiegati ad altre mansioni». Sono cifre fornite da Gianluca Mingozzi, responsabile welfare Confcooperative Emilia-Romagna. Ed è il prezzo che stanno pagando alle restrizioni causate dell’emergenza coronaviru le cooperative sociali che operano in regione. Per uscirne c’è solo una risposta: «Che i Comuni paghino le prestazioni non erogate a causa della sospensione dei servizi — esorta Mingozzi — che sono già messe a bilancio». L’appello è condiviso dalle federazioni regionali di Confcooperative Federsolidarietà, Legacoopsociali e Agci Solidarietà. La Regione si è già resa disponibile a retribuire le prestazioni dei servizi diurni che sono stati chiusi. Il no, per ora, è arrivato dai Comuni, tanto che viale Aldo Moro ha dovuto sospendere il tavolo che era stato aperto per arrivare a un accordo. «Il pagamento dei servizi non erogati — spiega Mingozzi — è possibile grazie all’articolo 48 del Dpcm 18 del 17 marzo che esonera in questo caso le amministrazioni pubbliche dalle accuse di danno erariali da parte della Corte dei Conti». Si tratta, in particolare di servizi scolastici, educativi, alla persona, ad anziani e disabili, bloccati a marzo e quelli che non si potranno effettuare ad aprile. «Si tratta di fatturare cifre già iscritte nei bilanci preventivi, non chiediamo niente di più che il rispetto delle norme e dei lavoratori che si trovano anche senza ammortizzatori sociali». Una parte di addetti è stata ricollocata, ma, dicono i responsabili delle coop in una nota, «sono la minoranza». In una lettera spedita al presidente della regione Bonaccini, indirizzata anche all’Anci, le centrali cooperative invocano dunque un accordo nazionale tra Regioni, Comuni, organizzazioni sindacali e Alleanza Cooperative «che possa indirizzare le pubbliche amministrazioni e le cooperative verso un comportamento omogeneo per evitare l’insorgere di interpretazioni e controversie giudiziarie». Insomma, si cerca anche di evitare decisioni a macchia di leopardo, per una maggiore chiarezza, fino a consentire « ai lavoratori delle coop di godere degli stessi diritti dei dipendenti pubblici che svolgono il loro medesimo lavoro».