Corriere di Bologna

Buio in sala, la crisi nera dei cinema

La dura crisi dei cinema cittadini, L’Agis chiede di bloccare le tasse locali. E i Parrocchia­li rifiutano lo streaming: contro i nostri valori

- di P. Di Domenico

Nelle sale cinematogr­afiche bolognesi il buio resta pesto e si fa fatica a scorgere un fascio di luce. L’incertezza più totale avvolge anche la sorte dei festival estivi, dal Biografilm al Cinema Ritrovato, mentre gli esercenti cittadini continuano a lavorare da casa in attesa di rivedere occupate le poltrone di velluto. Nel frattempo l’Agis regionale ha chiesto per le sale misure concrete che vanno dalla sospension­e della Tari alla riduzione dell’Imu. Il panorama degli schermi bolognesi si è però mostrato piuttosto riottoso ad adottare soluzioni alternativ­e alla sala. Con qualche eccezione come l’Orione, mentre la Cineteca settimanal­mente sta tirando fuori alcune perle dal proprio archivio come il film sui portici del 1954 di Renzo Renzi, Guida per camminare all’ombra.

Andrea Romeo, da poco alla guida di Palomar Doc, nuova divisione sul documentar­io della società di Carlo Degli Esposti, e a capo del circuito che comprende Medica, Jolly e Bristol, ha invece messo a disposizio­ne della Regione Emilia-Romagna alcuni film. Distribuit­i dalla sua I Wonder Pictures e inseriti in streaming nel palinsesto «#laculturan­onsiferma», come Searching for Sugar Man e Nostalgia della luce del cileno Patricio Guzmàn. Circuito Cinema, che raccoglie Odeon, Rialto, Roma ed Europa, sul proprio sito ha deciso di proporre una rubrica settimanal­e di Cristina Bragaglia, docente dell’Alma Mater, con approfondi­menti e suggerimen­ti di visione su temi come il viaggio, la primavera e i numeri.

La sala resta però perno imprescind­ibile come conferma Roberta Festi, presidente regionale dell’Associazio­ne Cattolica Esercenti Cinema, che coordina una cinquantin­a di cinema tra i quali, a Bologna, Bellinzona, Tivoli e Perla: «Attualment­e tutte le sale della comunità sono doverosame­nte chiuse e non svolgono alcuna attività extra in quanto il nostro mandato si concentra sul concetto vincolante che la sala è l’unico luogo delegato alla visione cinematogr­afica. Altri modi o opportunit­à che vengono proposti al pubblico relativame­nte a visioni domestiche sono, a nostro avviso, antitetich­e al ruolo culturale e sociale dei nostri cinema. E inoltre, se attecchite, possono mettere a grave rischio il futuro del sistema delle sale in generale, specie se monoscherm­o d’essai».

Del circuito dell’Acec fa parte anche il Galliera, la cui referente Marta Bernardi non nasconde le preoccupaz­ioni per le realtà più piccole: «Di fronte all’abbuffata di prodotti su tv e piattaform­e abbiamo pensato che avesse più senso staccare del tutto. Ma siamo in costante contatto con il nostro pubblico, preoccupat­o perché ha paura che chiudiamo dopo 9 anni di costante crescita, tanto che hanno anche lanciato l’idea di una campagna di crowdfundi­ng. Speriamo si possa ricomincia­re dopo l’estate, perché ci sarà una gran voglia di relazioni. Il vero rischio è che la chiusura intacchi l’economia delle persone e per questo pensiamo di contenere ancor di più i biglietti. Più nel lungo periodo si dovrà pensare ai ragazzi più giovani, che già prima si faceva fatica a portare se non nelle multisale e che ora si stanno abbuffando di streaming. Penso che dopo 10 anni dovremo ricomincia­re da capo, ma questo non ci spaventa».

Nella sala di via Matteotti, peraltro, quasi ogni due settimane si reca un proiezioni­sta, per accendere le apparecchi­ature ed evitare così che l’inattività possa danneggiar­le. «Una nota positiva — concludono Ginetta Agostini ed Elena Roda di Circuito Cinema — sta nel fatto che si nota, sia in città che nel settore, un fermento che mancava da tempo. Lontani dalla frenesia della quotidiani­tà, ci siamo ritrovati a immaginarc­i il futuro della sala, che non morirà mai, anche se in parte cambierà il modo di fruirla».

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In crisi L’ingresso chiuso del cinema Odeon di via Mascarella

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