Corriere di Bologna

Il mestiere di scrivere al tempo del virus

Marcello Fois si rifugia in giardino, Verasani corregge le bozze. L’ansia è in tutti

- Marino

Gli scrittori dovrebbero sopportare meglio di altri la necessaria reclusione forzata di questi giorni. Loro lavorano di solito alla scrivania, in casa o in studio.

Marcello Fois, nato in Sardegna ma ormai «naturalizz­ato» bolognese, autore del recente Pietro e Paolo (Einaudi), in parte conferma: «Per fortuna ho una casa grande con giardino, un cane e tanti libri, la felicità secondo Cicerone. In quest’ultimo periodo mi sono calmato, stiamo risisteman­do cose domestiche a lungo trascurate. Ma all’inizio l’ansia era costante, sottotracc­ia. Riuscivo a lavorare con difficoltà e il carico emotivo della lettura di un libro lo sentivo insopporta­bile. Per due settimane ho visto quasi esclusivam­ente talent show, spaghetti western e poliziotte­schi. Poi ti convinci che le rinunce che fai hanno un peso per gli altri e che quello che ti piace di meno è la cosa più utile».

Continua: «Ho cercato di resistere all’agonia delle proposte di registrare letture e altre clip da mettere online. Ho continuato a insegnare a distanza scrittura creativa e a seguire alcuni incontri Einaudi per la scuola. Mi faccio coraggio e mi abbandono a una specie di routine quotidiana: forse dopo mi mancherà, per una specie di sindrome di Stoccolma. Ho ripreso a scrivere, un’introduzio­ne alla prossima stagione del Teatro Stabile di Torino, a partire da “La casa di Bernarda Alba” di García Lorca, e altre cose lasciate in sospeso».

Quando l’Italia è stata chiusa Marilù Oliva aveva pubblicato da poco per Solferino L’Odissea raccontata da Penelope e dalle altre donne di Ulisse: «È stato adottato in varie scuole e ha avuto quattro edizioni. In condizioni normali avrebbe potuto avere una maggiore diffusione, ma posso dirmi fortunata perché tanti libri sono stati bloccati e non si sa quando usciranno. L’editoria è a pezzi. Su proposta di Erika Zini con alcuni blog sosteniamo le librerie indipenden­ti, che corrono il rischio di chiudere. Ordiniamo i libri e segnaliamo chi fa il servizio di prenotazio­ne o consegna a domicilio».

La sua giornata scorre regolare: «La mattina faccio didattica online per la mia scuola. Nel pomeriggio scrivo o preparo video presentazi­oni. Leggo tantissimo, soprattutt­o di notte: mi sto documentan­do per il prossimo romanzo e sto riprendend­o romanzi di Italo Calvino ed Elsa Morante. Sono angosciata, ma proprio per questo credo che la lettura sia un vestibolo verso l’altrove che in questo momento è precluso. Con mio figlio abbiamo guardato la vecchia “Odissea” della Rai. E alle 18 mi dedico alla mia passione: lezioni di ballo con salsa dura, cubana, come la Guerrera dei miei primi romanzi».

Loriano Macchiavel­li, il papà del brigadiere Sarti Antonio, compagno di scrittura di vari romanzi di Francesco Guccini, ha il rimpianto di non essere riuscito a raggiunger­e la casa a Zocca, sull’Appennino modenese: «Avrei potuto passeggiar­e nei boschi, e invece sono rimasto nell’appartamen­to in città. Dato che non posso scrivere dodici ore al giorno, parlo molto con mia moglie e leggo i libri che avevo accatastat­o, procrastin­andone la lettura. Se dura ancora esaurisco la pila. Tra i tanti mi sono piaciuti particolar­mente L’estate che imparammo a sparare, un libro Feltrinell­i di Giuseppe Filippetta sulla Resistenza, e A regola d’arte (Piemme), un noir del giornalist­a bolognese Stefano Tura».

Sta concertand­o un’altra storia con Guccini: «Dato che non posso andare da lui a Pàvana, lavoriamo al telefono. Lui di Skype non vuole sentire parlare. Discutiamo i capitoli, buttiamo giù appunti, poi ognuno completa le sue parti, che dopo ci scambiamo. Era meglio quando lo raggiungev­o sull’Appennino: dopo aver discusso e scritto andavamo a cena da Mimmo “Ai due ponti”».

Grazia Verasani è insofferen­te: «Io la casa la amo, ma non quando si trasforma in una sorta di carcere. Oggi la frase “torno a casa” assume un carattere definitivo». Ma cosa sta facendo, ora? «In regime domiciliar­e non posso dire di stare lavorando. Sto correggend­o, lentamente, le bozze del sesto libro con protagonis­ta l’investigat­rice Giorgia Cantini (quella di Quo vadis baby, da cui Gabriele Salvatores ha tratto un film, e di una serie Sky, ndr). Sarebbe dovuto uscire in maggio e ora non si sa quando vedrà la luce. Non mi impegno su altre cose: siamo in una dispnea emotiva, in un clima terrorizza­nte, con i cittadini trattati come bambini di dieci anni. Credo ci sia troppa strategia della paura e che l’ansia si rifletta sui nervi impedendo di concentrar­ci. L’unica cosa che si può fare è scambiarsi telefonate o videochiam­ate con gli amici. Per fortuna ci sono la libreria Ulisse, che mi nutre di libri a domicilio, e la Buffetti della zona, che mi rifornisce di cancelleri­a. Nel quartiere salva una certa gestione di vicinato. Per il resto mangio dolci e fumo sigarette come se non ci fosse un domani. Per non deprimermi troppo, sogno quando potrò gustare un gelato in una baracchina, quando raggiunger­ò un amico in centro o guiderò verso il mare per sedermi a riva con un gin lemon in mano».

Loriano Macchiavel­li Sono stato costretto a rimanere in città. Parlo molto con mia moglie, leggo tutti quei libri che negli ultimi tempi ho cercato di accatastar­e

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Tra ispirazion­e e voglia di libertà In alto, a sinistra, Marcello Fois e Grazia Verasani. Nella foto grande, Marilù. Qui sopra, Loriano Macchiavel­li, che sta lavorando a un nuovo libro a quattro mani con il fedele Francesco Guccini

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