Il farmaco di Trump? Lo usiamo a Medicina
La sperimentazione nel Comune del Bolognese per giorni zona rossa sta dando ottimi risultati: il mix di sostanze impedisce che la malattia degeneri I primi risultati sulla cura a domicilio a Medicina: «Solo in un caso su 170 è stato necessario l’ospedale
Un paziente su 170, a Medicina, ha avuto bisogno dell’ospedale, per tutti gli altri la terapia a casa base di clorochina funziona, spiega il dottor Maestri, che segue la sperimentazione.
Esaltata dal presidente degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, che punta sulla clorochina nelle ricerca di una «cura magica» contro il coronavirus, il farmaco antimalarico già finito sotto i riflettori nelle scorse settimane per le sperimentazioni in corso è il componente principale nel protocollo messo a punto dal virologo Pierluigi Viale, direttore del reparto di Malattie infettive del Sant’Orsola: dal 27 marzo ha iniziato a essere testato nelle cure a domicilio a Medicina per poi espandersi con le stesse modalità anche in altri territori.
«In realtà stiamo usando la idrossiclorochina in quanto meno “tossica” rispetto alla clorochina — spiega Antonio Maestri direttore del dipartimento medico oncologico dell’Ausl di Imola che sta seguendo sul territorio imolese l’efficacia del test —. In abbinamento a un antibiotico molto noto come l’azitromicina e in quei pazienti con un’insorgenza di sintomi inferiore ai cinque giorni anche un antivirale come il Darunavir-Cobicistat».
Oggi, a due settimane dall’inizio della terapia domiciliare, saranno effettuati di nuovo i tamponi per capire l’evoluzione che c’è stata nel frattempo. Ma intanto Maestri spiega cosa è stato evidenziato nei 170 casi nei quali il protocollo ha visto la sua messa in pratica. «Siamo andati a individuare in modo precoce i casi positivi al Covid-19 ma anche chi denotava contatti con sintomatici o lievemente sintomatici — spiega Maestri —. Quello che abbiamo potuto constatare è che rispetto a fine marzo, quando avevamo 15 posti di terapia intensiva occupati su 16 e 70 ricoverati su 118 in altri reparti, adesso registriamo 8 ricoveri in terapia intensiva e 40 negli altri posti. Il messaggio è che la cura, quando effettuata in stadi iniziali della malattia, sembra averci permesso di evitare nuovi accessi al pronto soccorso ma anche la graduale diminuzione di ricoveri con sintomi gravi».
A confortare il medico ci sono anche altri dati, supportati dal fatto che l’idrossiclorochina era già conosciuta nei trattamenti di fibrosi polmonari infantili e altri virus: la sua utilità non è solo quella di combattere i virus ma nella combinazione messa a punto viene anche permessa un’azione di modulazione del sistema umanitario, permettendo di evitare alcune delle complicazioni che insorgerebbero nelle fasi più acute del coronavirus proprio per una risposta eccessiva del nostro sistema immunitario . «Solo in un caso su 170 è stato necessario il trasferimento da casa all’ospedale ma non è stato intubato — sottolinea Maestri —. E solo in due episodi è stato necessario interrompere per delle insorgenze cardiache. Per il resto la tollerabilità è stata buona». Si può dire in sintesi che il «mix», che viene fornito con dei kit già preparati dalle farmacie degli ospedali, eviti il peggioramento delle condizioni di salute in chi si ammala di Covid? «Noi per il momento abbiamo una visione empirica su quello che stiamo facendo sul campo — chiarisce Maelanga, stri —. Ci saranno gli approfondimenti scientifici e di ricerca per dare questo genere di risposta. Trattandosi di un virus nuovo la casistica anche nei trattamenti di cura non ci permette ancora di avere verità assolute. Ma sicuramente è meglio partire da metodi scientifici e razionali, con ancora dei punti di incertezza, piuttosto che fare riempire gli ospedali di ammalati». Nei malati più acuti per il momento ci si affida anche al Tocilizumab, altro farmaco sul quale si pongono molte speranze, ma la ricerca chiede tempo.
Il dottor Maestri
«Il nostro approccio è empirico, sarà la scienza a dare risposte su questo farmaco