Il grido delle imprese: ripartire
I rischio di licenziamenti? «Questo e’ uno sconvolgimento del mondo economico e si parla di numeri impressionanti» Il presidente di Confindustria Emilia, Valter Caiumi: calo di fatturato nel 94% delle aziende, non c’è più tempo
Riaprire le imprese, anche progressivamente ma fare in fretta. Così Confindustria. fa pressing sul governo. Caiumi: l’economia rischia il tracollo. Aprano le aziende sicure.
«Bisogna liberare le forze delle nostre imprese». E le emiliane sarebbero già pronte per ripartire. Secondo il presidente di Confindustria Emilia Centro, Valter Caiumi, lo dimostrano i dati dell’Osservatorio dell’associazione che rivelano, da gennaio al 30 marzo, pochi contagi (123 positivi ovvero lo 0,2% dei 52 mila addetti in esame) e un elevato grado di sicurezza nel 98% dei casi, malgrado la difficoltà riscontrata «a ottenere le consegne dei dispositivi di protezione». Non è auspicabile comunque avviare una fase 2 regione per regione ma con un piano «nazionale». Fosse stato per lui, comunque, si sarebbe dovuto aprire il 14 aprile, «ma giunti al punto a cui siamo arrivati, almeno il 20».
Evita i toni polemici del neo presidente nazionale Carlo Bonomi, ma il messaggio è chiaro. «Si è partiti con severità — ragiona — e si è presa la decisione, magari discutibile, di chiudere. Adesso non abbiamo il coraggio di riaprire neanche un po’ e le imprese estere, quelle aperte, se ne stanno approfittando. Non c’è bisogno di aprire tutto subito al 100%. Possiamo salire man mano che i numeri migliorano, la forma passiva uccide rispetto a una forma attiva anche micrometrica».
Il criterio unico per consentire la ripartenza rimane sempre la sicurezza, e, in linea con le altre Confindustrie del Nord, anche Caiumi preme per rimettere in pista la produzione superando il sistema dei codici Ateco e delle attività essenziali. Per ogni settimana che passa con gli impianti fermi, calcola l’imprenditore, ci sono fatturati che si prosciugano, prospettive che sfumano e, «sì, corre rischi anche l’occupazione, soprattutto nelle piccole e medie imprese».
Su 3.300 imprese hanno risposto al sondaggio di Confindustria più di 800 aziende (83% del manifatturiero) che compongono una campionatura di 52 mila dipendenti e 18 miliardi di fatturato. Fin dall’inizio dell’emergenza, fa notare il numero uno degli industriali, l’86% ha cominciato «in autonomia» a limitare le presenze passando a un totale di 5 mila lavoratori operativi. Il 69% ha chiesto la cassa integrazione per il 70% dei lavoratori «sia che fossero considerate attività essenziali, sia che non lo fossero». Le noti dolenti sono sulla conta dei danni. Tanto che il 94% prevede una riduzione del fatturato: tra il 15% e il 30% «fino ai 14 e 18 miliardi in meno per il 2020». Solo il 10% delle imprese registra un andamento positivo, mentre il 20% risulta «in linea». Le principali filiere che non risentono di cali, al momento, so nola chimica farmaceutica, l’ agroalimentare, la plastica .« Aprire il 2-5% delle aziende in base alle filiere non porterebbe a nulla», insiste Caiumi. Serve gradualità, proprio per «ottenere dati certi» sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. Ma se si va avanti
con il lockdown, «c’è il pericolo che si riparta d’impulso». La sua road map, suggerisce quindi una «intelligence» che monitori costantemente la fattibilità delle aperture. Caiumi, insomma, è fiducioso: crede che si potrebbero rimettere in pista dal 20 al 40% delle industrie manifatturiere. «C’è una percentuale che bisogna invitare ad allinearsi — ammette : le imprese che non sono meritevoli restino chiuse», ma qua, «a differenza delle aziende aperte all’estero», che ora insidiano l’export, «non riusciamo a soddisfare il minimo della filiera». Ora dunque, serve un’azione di governo. «L’Emilia-Romagna, con Bonaccini vincolato ai lacci del ruolo di presidente delle Regioni — è il suo giudizio — ha preso decisioni chiare e coraggiose, anche se non aveva senso legare le aziende ai trasporti, e non è certo l’EmiliaRomagna il problema, ma la Lombardia».
Un’altra pressione da esercitare sull’esecutivo, riguarda la liquidità, «Bene i prestiti a tasso agevolato», va avanti, «Ma la restituzione va prevista in almeno 15 anni», se no, in sostanza, ogni ipotesi di investimento viene vanificata. Non nasconde infine che «ci saranno problemi per l’occupazione: Lo sconvolgimento nel mondo economico ha numeri
Ferrari Basta litigi da pollaio: governo, imprese e sindacati tutti insieme per trovare la via giusta perché altrimenti ci giochiamo l’economia del Paese
impressionanti». «Soprattutto le piccole imprese non riescono a muoversi sull’export — fa un esempio — perché non hanno nemmeno sedi all’estero». «Quello che stiamo facendo noi è stimolare la collaborazione delle nostre 20 filiere: il vertice di ogni filiera deve aiutare gli altri elementi», e la conformazione economica dell’Emilia-Romagna lo consente.
A dargli man forte il presidente di Confindustria EmiliaRomagna, Pietro Ferrari, che ribadisce: «Serve trovare una via che metta insieme sanità, ripresa produttiva e liquidità da dare alle imprese. Basta litigi da pollaio: governo, imprese e sindacati tutti insieme per trovare la via giusta perché altrimenti ci giochiamo l’economia del Paese».