La crisi morde? A Brescello appello anti’ndrangheta
Ne è stata recapitata una in ogni cassetta della posta. Anche nelle case di chi, a vario titolo, negli anni è stato coinvolto nelle operazioni e nelle inchieste anti ‘ndrangheta. Una letteraappello alla cittadinanza scritta dal Comune di Brescello che chiede di non fare affari con la mafia: «Cari concittadini, imprenditori, commercianti, artigiani, professionisti: il momento è assai critico sul piano sanitario, economico e sociale. Le difficoltà che inevitabilmente ci troveremo a vivere non dovranno rappresentare terreno fertile per la malavita organizzata. Per questo vi diciamo di non rivolgervi a chi vi propone strade facili per trovare risorse economiche». Parliamo dell’amministrazione in carica dal 2018, quando a Brescello, un tempo noto solo per essere stato il set a cielo aperto dei film di Peppone e don Camillo, è stata eletta sindaco Elena Benassi al termine del commissariamento per mafia del Comune. Il primo in Emilia Romagna ad andare incontro al provvedimento del Consiglio dei ministri. Quattro anni fa esatti. Prima ancora, il 28 gennaio 2015, anche qui all’alba erano risuonate le sirene delle auto dei carabinieri che andavano a prelevare persone coinvolte nella maxi inchiesta Aemilia. E più recentemente, nel giugno 2019, un’altra inchiesta, Grimilde, al centro i brescellesi Francesco Grande Aracri e i suoi figli Salvatore e Paolo. Indagini che «hanno reso evidente — scrive il Comune — che con la ‘ndrangheta non si fanno affari, perché da essa si viene colonizzati in termini di ricatto e di violenza. Usura, mafie, ‘ndrangheta: non sono benefattori, ma approfittatori. Rivolgetevi a noi per affrontare i vostri problemi».