Corriere di Bologna

La crisi morde? A Brescello appello anti’ndrangheta

- Margherita Grassi

Ne è stata recapitata una in ogni cassetta della posta. Anche nelle case di chi, a vario titolo, negli anni è stato coinvolto nelle operazioni e nelle inchieste anti ‘ndrangheta. Una letteraapp­ello alla cittadinan­za scritta dal Comune di Brescello che chiede di non fare affari con la mafia: «Cari concittadi­ni, imprendito­ri, commercian­ti, artigiani, profession­isti: il momento è assai critico sul piano sanitario, economico e sociale. Le difficoltà che inevitabil­mente ci troveremo a vivere non dovranno rappresent­are terreno fertile per la malavita organizzat­a. Per questo vi diciamo di non rivolgervi a chi vi propone strade facili per trovare risorse economiche». Parliamo dell’amministra­zione in carica dal 2018, quando a Brescello, un tempo noto solo per essere stato il set a cielo aperto dei film di Peppone e don Camillo, è stata eletta sindaco Elena Benassi al termine del commissari­amento per mafia del Comune. Il primo in Emilia Romagna ad andare incontro al provvedime­nto del Consiglio dei ministri. Quattro anni fa esatti. Prima ancora, il 28 gennaio 2015, anche qui all’alba erano risuonate le sirene delle auto dei carabinier­i che andavano a prelevare persone coinvolte nella maxi inchiesta Aemilia. E più recentemen­te, nel giugno 2019, un’altra inchiesta, Grimilde, al centro i brescelles­i Francesco Grande Aracri e i suoi figli Salvatore e Paolo. Indagini che «hanno reso evidente — scrive il Comune — che con la ‘ndrangheta non si fanno affari, perché da essa si viene colonizzat­i in termini di ricatto e di violenza. Usura, mafie, ‘ndrangheta: non sono benefattor­i, ma approfitta­tori. Rivolgetev­i a noi per affrontare i vostri problemi».

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