I miei gospel in terrazza con marito e figlio
Maura Pozzati
Maura Pozzati, con il mondo dell’arte fermo come sta trascorrendo questa quarantena?
«Lavoro quasi più di prima. Tutto corre sull’online. Lezioni all’Accademia, Cda di Istituzione Musei e Fondazione del Monte dove i bandi vanno avanti. Un mondo fermo per certe cose, non del tutto per fortuna. A sera ho il mal di testa da computer».
Non le piace la didattica online.
«Per niente. È chiaro che dobbiamo imparare a insegnare diversamente, ma con i laboratori, le opere d’arte da vedere, le mostre… l’online non lo restituisce. Mi mancano gli sguardi degli studenti, la dimensione fisica».
Ho capito: era impegnata e l’ho disturbata.
«Ma no… stavo lavorando al sito dell’Archiv io
Concetto
Pozzati, curato con mio fratello
Jacopo e a breve online, che avremmo dovuto presentare al Miart, con mostra di inediti di mio padre, una pubblicazione e un talk a Brera».
Verrebbe da dire che per lei è cambiato poco.
«Non le ore di lavoro, ma la modalità. Avrò pure imparato a gestire app e le video chat, ma è l’aspetto ritualistico della vita a mancarmi, un bicchiere da Calzolari, lo sport, il Bologna, Wimbledon»
Voto alla convivenza casalinga.
«Siamo in tre: io, mio marito Luca, mio figlio Giulio e sono proprio soddisfatta, siamo anche molto allegri. Loro sono due chitarristi, io canto. Volevo fare quello da grande. Da piccola cantavo in un coro spirituals e così ora buttiamo già degli standard e ci lanciamo».
I vicini gradiscono?
«Figuriamoci. La nostra terrazza confina con quella di un condomino che suona il basso…»
Fate come i Beatles?
«Magie della terrazza dove faccio anche ginnastica. Ho un ginocchio malandato, mi tocca. Una mezz’oretta di cyclette e un po’ di pesi».
Prima o poi l’arte ripartirà.
«Come sempre. Sono curiosa di vedere come sarà».
Dopo il covid avremo un mondo migliore?
«Non ci credo molto, ma ci spero tanto».