Corriere di Bologna

Sola, due figli e senza lavoro «Ma non rientro tra i “fragili”»

Comunali e statali La storia di un’ex badante che non ha diritto né a cig né a bonus. E anche i buoni spesa tardano ad arrivare «Chi ha ragazzi da sfamare non può aspettare»

- Andreina Baccaro © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Una famiglia di tre persone catapultat­a all’improvviso sotto la soglia della povertà. Una donna di 49 anni, due figli di 12 e 18 anni e un lavoro come badante perso solo un mese e mezzo prima che scoppiasse l’emergenza Covid. Questa è la storia della famiglia di Marie, la chiameremo così, che come tante in questi giorni è rimasta tagliata fuori da qualsiasi misura a sostegno dei lavoratori, eccetto l’erogazione dei buoni spesa comunali che, però, fino ad oggi a lei tardano ad arrivare.

«Dopo un mese di quarantena i soldi sono finiti. Ho lavorato per dieci anni in banca come vigilante — racconta Marie, nata in Camerun ma trasferita­si a Bologna trent’anni fa —, poi la filiale è stata chiusa, sono rimasta senza lavoro e ho avuto la disoccupaz­ione per un paio d’anni.

Da qualche mese lavoravo part-time come badante ma l’anziano è morto un paio di mesi fa». Scattata l’emergenza non ha più potuto cercare lavoro. Ed è finita in quella platea di persone non considerat­e «fragili», ma escluse da cassa integrazio­ne e bonus per autonomi, eppure in difficoltà a mettere un piatto in tavola, soprattutt­o se ci sono da sfamare due adolescent­i. Così ha chiesto qualche prestito agli amici, ai servizi sociali per le bollette. «L’ho aiutata a fare la richiesta per i buoni spesa», racconta Vito Contento che da qualche giorno lancia annunci su Facebook per attirare l’attenzione su quella che definisce «ormai un’emergenza alimentare oltre che sanitaria». «Forse in un momento come questo si doveva superare la burocrazia e fare uno scatto in avanti — riflette — perché chi non ha da dare da mangiare ai figli non può aspettare neanche una settimana per avere i buoni spesa, che dal 9 aprile non sono ancora arrivati. Certo non mi sembrano tempi da emergenza. Non parlo perché voglio attaccare, ma vi assicuro che vengo da giornate di telefonate a numeri sempre occupati, segno che in tanti hanno bisogno di aiuto. Ma la Croce Rossa, magari giustament­e, può portare la spesa solo ad anziani e persone fragili. La Caritas le consegna un pacco a settimana che va a ritirare il lunedì alla parrocchia della Sacra Famiglia. Per tre persone però basta per qualche giorno».

Il Comune di Bologna ha ricevuto dal governo 2 milioni e 62mila euro per finanziare la misura a sostegno dell’acquisto di generi alimentari e di prima necessità per le famiglie in difficoltà, fondi aumentati con uno stanziamen­to ulteriore di 1 milione e 700mila euro da Palazzo d’Accursio che però ha ricevuto 11mila richieste, più del previsto. «Forse si dovrebbe pensare a un numero unico d’emergenza, dei banchetti fuori dai supermerca­ti, in modo che chi si trova in difficoltà non debba per forza sentirsi come se stesse chiedendo l’elemosina», conclude Vito. «Fino ad oggi riusciamo a soddisfare le richieste con la distribuzi­one dei pacchi nelle Caritas parrocchia­li — spiega don Matteo Prosperini, presidente Caritas diocesana di Bologna — ma ci aspettiamo che nei prossimi mesi aumenti la platea di persone. Temo che la crisi possa mettere in difficoltà anche chi magari non avrebbe avuto problemi a trovare un lavoro». È già successo, segnala la Caritas, a circa 140 famiglie nella città metropolit­ana, per lo più giostrai e ambulanti, «impossibil­itati a causa della pandemia a riprendere l’attività in fiere e sagre, che proprio in questa stagione ripartireb­bero, si sono trovati in gravi difficoltà».

Prosperini (Caritas) Oggi riusciamo a soddisfare le richieste con i nostri pacchi ma ci aspettiamo che la platea dei bisognosi cresca

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