Vedi Napoli e poi vinci L’Aquila più bella di Jasmin si esalta nella battaglia E Beli fa ballare Morandais
Mancio, Becirovic, Bagaric e gli altri: nel 2006 grande Fortitudo
Èsulla quarta tripla di una serata in cui ne segnerà otto, che Marco Belinelli urla in faccia al suo difensore le due paroline in inglese che diventeranno epigrafe: «Dance now!» Il labiale del numero 8 della Fortitudo è chiarissimo, non solo nei primi piani per chi la sta vedendo in tv, ma anche per la gente al palazzo, specie i posti più in basso angolo CaloriAzzarita.
Quello che dovrebbe ballare è Michel Morandais, francese, discreto giocatore, 27 anni contro i 20 compiuti da poco del ragazzo di San Giovanni in Persiceto che sta facendo un’impresa. «Ci aveva sfottuti in gara4, è alla fine che si parla» spiegherà poi, al piano di sotto del PalaDozza, commentando la vittoria in una delle serie di playoff più aspre di sempre, ClimamioCarpisa Napoli, semifinale 2006.
Il tabellino dice 34 punti con 8/14 da tre, in gara5 Belinelli sembra un mix tra l’onnipotenza di Myers e l’ignoranza di Basile. Vero che si parla alla fine, ma il primo degli svariati «Dance now!» ripetuti alle orecchie di Morandais era arrivato a partita aperta, 33-28, metà primo quarto. Ma si era già capito che quello era un pomeriggio magico: l’ha citato anche di recente come una delle più grandi della carriera, tredici anni di Nba compresi, il Marchino nazionale, dalla quarantena di San Antonio. Anche se con toni più sfumati, con la misura che gli è sempre stata propria.
Ma quella volta lì, contro Morandais e più in generale contro Napoli, aveva perso la tramontana anche lui, come un po’ tutti. Giornate di fuoco, sia là che qua, in una insensata escalation di brutalità, con le parti a rimpallarsi le colpe anziché tentare di spegnere l’incendio, divampato a Napoli alla fine di gara4.
Quando Morandais balla a centrocampo per festeggiare, ma quello è il meno: invasione di campo precoce, contatti a ripetizione, bolgia. Il gm di Napoli accusa Jasko Repesa di averlo colpito, il coach nega e racconta invece della sua giacca coperta di sputi e buttata nella spazzatura.
«Abbiamo rischiato la vita» fotografa l’incidente lo stesso Belinelli in un surreale venerdì notte sotto il Vesuvio. Il guaio è che il fiume di odio scorre fino alla domenica, a Bologna: Carpisa assediata in hotel, il presidente Maione bersagliato da insulti e lanci di oggetti da mezzo palazzo. Nonostante gli sguardi torvi di una inquietante scorta personale privata, è costretto a spostarsi prima dal parterre alla tribuna d’onore (onore?), poi al piano di sotto, ridotto a vederla in tv.
Non manca un tocco di ridicolo, quando qualcuno che ha problemi con l’atlante rivolge dei grotteschi «buhbuh» al biondissimo islandese Jon Stefansson, il giocatore più settentrionale mai visto su un campo da basket.
Un clima impossibile, che non si ricordava nemmeno contro le avversarie storiche, figurarsi una Napoli comparsa all’improvviso tra le grandi.
Con una squadra che però è forte sul serio: Lynn Greer è una superstar, e lo sarebbe anche Ansu Sesay, che però si fa pizzicare positivo alla cannabis dopo gara3 e non può giocare le ultime due. Cestisticamente è un peccato mortale che si finisca a parlare quasi solo di ordine pubblico quando in campo c’è una serie di altissimo livello, tecnico ed emotivo.
Lo scudetto ancora sul petto, la squadra del 2005/06 è la più spettacolare dei quattro anni del ciclo Repesa in Fortitudo. Con la lucidità di Kiwane Garris, l’eleganza di Sani Becirovic, l’utilità di Nate Green: sua la tripla della vittoria in gara1, al supplementare, dopo un meno 10 al 28’, unica vera occasione di break e chiave della serie, pur se era solo la prima.
Anche se i tifosi stravedono per la forza bruta di Dalibor Bagaric, quello del dito sul naso a zittire i tifosi Virtus nel derby in casa. E poi ci sono i «Nellies». Li chiamano così, i tanti scout americani periodicamente in visita: Belinelli e Mancinelli, sempre in coppia, anche se ci sono tre anni di differenza. A ripensarci, colpisce quanto fosse più vicina l’Nba una quindicina d’anni fa. Nel Draft del 2005, per dire, il Mancio era rimasto fuori ma non di molto (c’erano voci su una chiamata a fine secondo giro). Dentro invece fortitudini presenti (Erazem Lorbek, numero 46) e futuri (Uros Slokar, 58), entrambi sloveni, di poco escluso Angelo Gigli, più tardi virtussino. Mentre nel Draft 2006, otto giorni dopo gara4 di finale a Treviso (quella finita col tiro da metà campo di Yakhouba Diawara, un pelo corto, altra serie di qualità), Andrea Bargnani sarà scelto addirittura col numero 1 assoluto. Impressiona, ed esalta, vedere due ragazzi italiani così giovani, uno bolognese di nascita e l’altro di adozione, imporsi con un basket brillante anche tra tanti veterani stranieri. Sempre contro Napoli, il 5 marzo in stagione regolare, una partita clamorosa (doppio overtime) da 51 punti in due: 25 Beli e 26 un fantastico Mancio, forse alla più bella in carriera per esplosività, completezza, fantasia. Belinelli in Nba ci andrà nel 2007, ma molte clip video di accompagnamento, per illustrarne la carriera europea, verranno prese dalla serie con Napoli del 2006. La schiacciata con giro a 360 gradi in gara3, il tracciante da dieci metri su una chiusura di quarto in gara5, un altro paio di invenzioni, sempre contro Morandais. Più che voglia di ballare, il francese avrà sentito un gran fischiare di orecchie.
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«Ci aveva sfottuti in gara 4, ma è alla fine che si parla», spiegò Marco dopo aver segnato 34 punti con 8 triple