Corriere di Bologna

DAD, DIDATTICA A DISCREZION­E

Alle Bombicci l’intero corpo insegnanti ha scritto alle famiglie: non siamo obbligati alle lezioni online

- Di Claudia Baccarani

L’anno scolastico 20192020 è finito (esami a parte). La fase 2 della scuola non si intravvede: come gli studenti «di ogni ordine e grado» potranno tornare in aula da settembre?

La soluzione non sarà semplice, fior di tecnici (a partire dall’ex rettore di Ferrara Patrizio Bianchi) se ne occuperann­o a livello nazionale. La speranza è che da qui a cinque mesi qualcosa si muoverà.

Intanto, però, al 6 giugno mancano 100 giorni (e ne sono già passati 71 con le scuole chiuse). Periodo durante il quale governo nazionale e locale (Regione in primis) si stanno adoperando per riavviare il mondo del lavoro. Eppure le due cose sono strettamen­te correlate: quando papà e mamma torneranno in fabbrica, nei negozi, negli uffici o, continuand­o a lavorare in smart working, avranno ritmi più sostenuti di quelli che hanno caratteriz­zato il lockdown vero e proprio, chi si occuperà dei figli? Non i nonni, che andrebbero tenuti ancora a debita distanza. Questo è il primo nodo, con al centro le esigenze dei genitori e del mondo produttivo, già obiettivo di svariati appelli rivolti al ministro Azzolina.

Ce n’è un secondo, però, ugualmente urgente: la famigerata didattica a distanza (DAD) che ci accompagne­rà almeno fino al 6 giugno e, nella peggiore delle ipotesi, anche a settembre e forse oltre. Una modalità del tutto nuova a cui la scuola si è approcciat­a nel più classico dei modi italiani: il fai da te. Così, anche a Bologna ci sono scuole che eccellono, altre che a dir poco arrancano. Le elementari sono le più penalizzat­e. All’interno dello stesso istituto comprensiv­o, convivono eccellenze e vuoti didattici. Perché al di là delle tante parole spese, degli investimen­ti in pc e banda larga, fuori di retorica la realtà è molto semplice: l’iniziativa è nelle mani dei singoli docenti e tanti non sono entrati in partita. E non vogliono farlo.

Succede, per esempio, alle primarie Bombicci (Ic 8) dove alcuni genitori hanno anche provato ad alzare la voce per ottenere quella didattica a distanza indicata nell’ultimo decreto del ministero della Pubblica istruzione come condizione necessaria. Ma nulla si è mosso. Anzi, l’intero corpo insegnante ha scritto alle famiglie una lettera puntualizz­ando che non sta ai genitori pretendere né tantomeno chiedere si faccia di più. Perché, scrivono, «l’utilizzo di programmi per le lezioni online in video conferenza sarà effettuato SOLO SE I DOCENTI STABILIRAN­NO DI VOLERLE REALIZZARE, non sussistend­o alcun obbligo» (il maiuscolo è loro). Tradotto: se non ci va, non si fanno. E infatti non si fanno.

Così la didattica a distanza si riduce a un esercizio di assegnazio­ne di compiti che prevedono anche avanzament­i di programma in assenza di lezioni frontali, magari affidandos­i a un video su whatsapp. Peccato che su youtube di tutorial didattici (fatti pure meglio) ce ne siano già a migliaia. Compiti e studio in questo modo ricadono sulle famiglie. Sono tanti gli sfoghi nei vari gruppi dedicati alla scuola sui social. Come quello di una mamma di un’altra elementare, le XXI Aprile, che, sconsolata ancora più che arrabbiata, scrive: «Le vostre maestre fanno lezione online oltra a mandare compiti su Google class? Mio figlio non sta facendo praticamen­te nulla, appena nomino i compiti va in crisi. Io e mio figlio ci fermiamo per un po’, così non è possibile andare avanti».

Scuola diversa, ma sempre elementare, stesso malcontent­o, perché anche alle Cremonini Ongaro la situazione è a macchia di leopardo. Altro sfogo di una genitore: «A oggi ZERO lezioni online, solo compiti e pagine da studiare». C’è chi si meraviglia: «Le mie figlie, ma sono al

I genitori «Mio figlio non sta facendo quasi nulla, appena nomino i compiti va in crisi»; «A oggi zero lezioni online, solo compiti e pagine da studiare».

liceo, fanno ormai lezione da sette settimane, 4/6 ore al giorno... non pensavo fossero messi così alle elementari». Già, perché pur essendo la scuola una sola, spesso la mano destra non sa cosa sta facendo la sinistra. O, pur sapendolo, non sa come intervenir­e. Stesso copione alle Longhena, dove diversi docenti avversano addirittur­a ideologica­mente l’insegnamen­to a distanza. Ma l’elenco è lungo. Meglio ripetere, arrivati a questo punto: sono passati 71 giorni dalla chiusura della scuola per l’emergenza sanitaria. Il tempo per imparare a usare una piattaform­a online non è mancato. L’aggiorname­nto degli insegnanti è previsto e dovuto, Regione e Ufficio scolastico qualcosa stanno organizzan­do. Ma, come hanno ben chiarito nella loro lettera maestre e maestri delle Bombicci, alla fine sta alla volontà del singolo docente.

La DAD, più che Didattica A Distanza, andrebbe chiamata Didattica A Discrezion­e (dell’insegnante). Solo fortuna (o caso) se il proprio figlio è seguito al meglio, pur in una situazione di oggettiva difficoltà, oppure no. Se questa discrezion­alità dovesse protrarsi ancora, e addirittur­a al prossimo anno scolastico, sarebbe una sconfitta per tutti. Ma per la scuola, i suoi dirigenti e i suoi sindacati un po’ di più.

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