Maturità, lettera alla ministra «Facciamo l’orale in classe»
Petizione di genitori, alunni, prof. I presidi: le condizioni di sicurezza ci sono Pressing su Roma per lo svolgimento dell’esame finale E le educatrici di nido e infanzia stendono un protocollo per le istituzioni: «I bimbi piccoli devono tornare in comun
Da una parte ci sono genitori, studenti e professori che hanno scritto una lettera alla ministra Lucia Azzolina, perché garantisca ai maturandi di svolgere l’esame orale di Maturità nella propria scuola, davanti ai loro docenti. Dall’altra c’è un gruppo di educatrici e pedagogiste di nidi e materne che stanno lavorando in questi giorni a un «protocollo bambini» per indicare agli enti locali e al Miur possibili soluzioni pratiche per la ripartenza dei servizi. Insomma, che siano studenti dell’ultimo anno delle superiori o bambini sotto i 6 anni, un’esigenza (fortissima) accomuna tutti: ritornare, seppur con modalità diverse da prima, a scuola, con i propri coetanei, con educatori e docenti.
L’appello dei maturandi
A pensare a una lettera ad Azzolina, che l’altro giorno, con un tweet, ha lasciato qualche spiraglio di apertura sulla possibilità dell’esame orale della Maturità in presenza, sono state due mamme di due studenti, uno del Laura Bassi e l’altro del Pier Crescenzi-Pacinotti, prossimi all’esame insieme a un docente dell’Istituto Salvemini. Ma a loro, in pochissimo tempo, si sono uniti studenti, amici dei maturandi, docenti di altre scuole, anche presidi. E la lettera ieri pomeriggio è «approdata» sulla piattaforma Change.org perché la firmino più persone possibile. L’hanno chiamata, non a caso, «Dignità ai maturandi».
Sostanzialmente le promotrici dell’appello, Nadia Mosca e Susanna Guernelli, hanno messo nero su bianco la richiesta di molti. «Anche di molti studenti», spiega Nadia Mosca che di professione fa la farmacista. «Quello della Maturità è un rito di passaggio troppo importante». «I ragazzi sono molto impegnati e seri — spiega Susanna Guernelli che ha il figlio maturando al Pier Crescenzi-Pacinotti
—, hanno capito in maniera profonda, ma va data loro una prospettiva. L’esame è fra 75 giorni, possiamo anche spostarlo più avanti, ma facciamoglielo fare bene, che sia una cosa autorevole e dignitosa». Anche perché — e questo viene scritto alla ministra nella lettera — un esame a distanza in forma telematica «non tutela secondo noi principi sociali basilari quali l’equità e le pari opportunità all’accesso agli studi» oltre a presentare il rischio di «non garantire quella trasparenza e imparzialità che dev’essere connaturata a qualunque esame o concorso pubblico».
” Francucci, dirigente Non fare nemmeno l’orale finale in classe significa privare i ragazzi di un’opportunità
I presidi dicono «sì»
In realtà gli istituti superiori pare si stiano già organizzando a questa eventualità e stiano studiando il modo per organizzare l’orale a scuola in tutta sicurezza. «Possiamo benissimo organizzarlo garantendo tutte le tutele — dice Alessandra Francucci, dirigente del Pier Crescenzi-Pacinotti-Sirani —: basta usare aule grandi, tenere i commissari a debita distanza tra loro e dal candidato, usare guanti e mascherine, areare la stanza dopo ogni colloquio e sanificare il banco dove si siede il candidato. Non potranno venire molte persone ad assistere e non si potranno fare assembramenti all’esterno. Ma non fare almeno l’orale a scuola, significherebbe deprivare i ragazzi di un’opportunità». Stessa linea la preside del Minghetti, Roberta Fantinato. Che non ha dubbi: «Prendiamo anche la temperatura se serve prima di entrare e scaglioniamo gli orari, ma iniziamo a pensare alle soluzioni tecniche. Secondo me i maturandi dovrebbero poter venire a scuola qualche giorno prima della fine dell’anno, solo loro». «Non vedo grosse difficoltà a fare l’esame a scuola — dice Paolo Bernardi, dirigente dell’Itc Rosa Luxemburg — e se proprio il ministero non vuole la compresenza in aula dei commissari, possiamo far venire a scuola il presidente
” Vuono, educatrice Per i più piccoli bisogna ripartire puntando sull’outdoor e su piccoli gruppi a orari diversi
di commissione e il candidato con i commissari collegati via web. Ma l’esame di Maturità è importante, è il momento in cui una persona riceve dallo Stato un segno della propria importanza».
#Diamo voce ai bambini
Ieri il presidente Stefano Bonaccini, pur confermando l’impossibilità di riaprire le scuole, ha detto di aver sottoposto al governo «il tema del bisogno di socialità dei bambini: a partire dai prossimi centri estivi bisogna capire come farli ritornare a prendere una boccata d’aria».
A studiare le diverse possibilità, non solo per l’estate, ma anche per il prossimo settembre, è il comitato interregionale EduChiAmo (che ha anche una costola bolognese) che è nato con l’emergenza coronavirus e che sta lavorando a un «protocollo bambini» da sottoporre alla Regione e al governo. Intanto il comitato, composto da educatrici di nido, maestre d’infanzia e pedagogiste, ha già inviato sui social un questionario rivolto a tutti i genitori per capirne le esigenze in questo momento.
«Detto che non abbiamo competenze sanitarie — spiega un membro del comitato, Serafina Vuono, educatrice che gestisce un piccolo gruppo educativo in Bolognina — ci stiamo affidando a una serie di esperti, tra cui il professor Roberto Farné di Unibo, per immaginare risposte concrete per la ripartenza. Bisognerà secondo noi puntare sull’outdoor, sfruttando i giardini delle scuole o i parchi pubblici, lavorare con piccoli gruppi per fasce orarie perché non si può più immaginare una sezione dell’infanzia con 25 bambini, si deve aumentare il personale e igienizzare i bagni anche quattro volte al giorno». Insomma, un «piano» di azione che parte dall’esperienza diretta di chi, con i bambini, ci lavorava a stretto contatto tutti i giorni. Il lavoro è ancora in cantiere e dovrà tener conto delle differenze regionali, ma a Bologna il gruppo si sta già muovendo e si rivolgerà anche alla task force creata dal sindaco Merola a Palazzo d’Accursio. Il titolo del progetto è chiaro: #diamovoceaibambini.