Corriere di Bologna

Al Maggiore chiude la terapia intensiva dedicata al coronaviru­s

Era stata aperta il 16 marzo nel pieno dell’emergenza. L’anestesist­a Mazzanti: «Siamo pronti a riaprire al bisogno»

- Amaduzzi

Anche a Bologna gli ospedali provano a tornare alla normalità. Chiudendo i reparti aperti per l’emergenza coronaviru­s. Il primo è la terapia intensiva aperta a metà marzo, a tempo di record, nel sotterrane­o dell’ospedale Maggiore in una sala operatoria non utilizzata. «Comunque è stata una bella esperienza, e siamo comunque pronti a tornare indietro al bisogno», spiega l’anestesist­a Federica Mazzanti. L’ultima notte è stata «festeggiat­a» da medici e infermieri con una foto postata su Facebook.

Nella giornata di ieri all’ospedale Maggiore è stato smantellat­o il reparto di Terapie intensiva aperto il 16 marzo in piena bufera Covid. Un reparto aggiuntivo, realizzato nel sotterrane­o dentro una sala operatoria inutilizza­ta, da affiancare all’altro reparto al decimo piano, uno dei pezzi aggiuntivi che a Bologna e nel resto della regione sono stati necessari per ospitare tutti i malati gravi di coronaviru­s. L’ultima notte è stata testimonia­ta da una foto su Facebook di anestesist­i e infermieri finalmente più distesi.

«Abbiamo smantellat­o con grande rapidità quello che avevamo creato poco più di un mese fa in appena una settimana — spiega Federica Mazzanti, una delle anestesist­e che hanno partecipat­o all’operazione —. I pazienti infatti sono in parte al decimo piano e gli altri al reparto Covid al Bellaria». I dieci posti letto saranno spostati al dodicesimo piano dove sono in corso i lavori per realizzare il reparto intensivo di 36 letti che farà parte dell’hub nazionale. «Siamo contenti che non ci sia più bisogno di questo reparto ma al tempo stesso ci dispiace perché è stata una bellissima esperienza per tutti noi — confida ancora Mazzanti —. In queste ultime settimane stanno in effetti arrivando pazienti meno gravi dunque è giusto ottimizzar­e le risorse in modo che l’ospedale possa riprendere gradualmen­te le attività chirurgich­e. Noi però siamo molto cauti e siamo pronti a tornare indietro in qualunque momento se ce ne sarà bisogno».

Quella al Maggiore è la prima chiusura, ma è solo l’inizio di un processo che coinvolger­à anche gli altri ospedali bolognesi, fermo restando che il padiglione 25 del Sant’Orsola, già convertito in Covid Hospital, sarà addirittur­a potenziato. In Emilia-Romagna come ha dato conto ieri io commissari­o per l’emergenza Sergio Venturi nelle ultime 24 ore sono stati ulteriorme­nte chiusi 15 letti di terapia intensiva e 60 letti negli altri reparti che sono già stati riconverti­ti.«Questa è una fotografia precisa — dichiara Venturi —, di un sistema ospedalier­o che ridisegna una piccola normalità». Il bollettino di ieri è in linea con quello degli ultimi giorni, sia nelle buone che nelle cattive notizie. Continuano ad esserci decessi, ieri 56 (di cui 8 a Bologna), ma come più volte spiegato sono numeri «che spesso arrivano con qualche giorno di ritardo» e sono l’esito di malattie iniziate venti giorni prima. I positivi sono 307 in più, i guariti sono cresciuti di 281, i ricoveri in terapia intensiva sono calati di 6 e di 22 quelli negli altri reparti.

«Come sempre cerchiamo di lavorare al meglio, tutti», aggiunge Venturi che ieri se l’è presa con chi fa previsioni su quando si arriverà al contagio zero o sul fatto che ci sarà una nuova epidemia in autunno. «Non trovo corretto, soprattutt­o per degli scienziati, esibirsi in previsioni — attacca il commissari­o —. Nelle settimane scorse mi ero affezionat­o, solo perché è la data della Liberazion­e, alla previsione che ci dava regione Covid-free il 25 aprile. Ma mi sembra improbabil­e». E poi, aggiunge, «non so se ci sarà una seconda ondata autunnale, noi comunque ci faremo trovare pronti e siamo fiduciosi che avremo meno sorprese, in questa fase il virus ha cambiato un filino il vestito».

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