Il boss ai domiciliari nella sua ex villa
Scarcerato per il rischio Covid il broker della ‘ndrangheta: l’immobile fu sequestrato
Torna a “casa” il broker della droga Francesco Ventrici. Il re del narcotraffico vicino alla ‘ndrangheta è stato scarcerato per il pericolo Covid e gli è stato accordato il differimento della pena. Ora è ai domiciliari a Bentivoglio, nella villa che all’epoca del suo arresto gli fu sequestrata ma mai confiscata e tuttora oggetto di un tortuoso iter giudiziario. Secondo il giudice che lo ha liberato le sue plurime patologie potrebbero essergli fatali in caso di contagio in carcere.
C’è anche il nome di Francesco Ventrici in quella lista di 376 detenuti scarcerati per l’emergenza Covid e mandati ai domiciliari perché affetti da patologie che ne avrebbero messo in pericolo la vitain caso di contagio da coronavirus. Un nome di peso sotto le Due Torri quello di Ventrici, 48enne di San Calogero, Vibo Valentia, tra i principali broker di cocaina in Europa, capace di trattare l’arrivo di 1.500 chili di polvere bianca dall’Ecuador in Italia, un affare da 2,5 milioni di euro saltato all’ultimo ma per il quale è stato condannato due anni fa a 26 anni di carcere.
Sul casellario ha un’altra condanna per narcotraffico a 16 anni (processo Pigna D’Oro), altre già scontate (12 anni), altre non definitive (12 anni per estorsione a Lidl Italia). Ma l’ex signore della droga, socio di esponenti di spicco della ‘ndrangheta, è molto malato e per questo il magistrato di sorveglianza del Tribunale di Reggio Calabria Angela Incognito ha firmato un procedimento di differimento provvisorio dell’esecuzione della pena con detenzione domiciliare, da scontarsi lontano dalla Calabria nella casa di famiglia a Bentivoglio.
È quasi un mese che Ventrici ha lasciato il carcere di Reggio Calabria per tornare nella villetta su due piani nella quale, secondo la Dda di Bologna, si tennero importanti incontri al vertice e che lo Stato ha tentato invano di confiscargli, scontrandosi con una sentenza di annullamento della confisca emessa dalla Cassazione nel 2017. Gli avvocati Giovanni Vecchio e Mirna Raschi avevano presentato istanze di scarcerazione, ma è stata la direzione sanitaria dell’istituto penitenziario a segnalare che il detenuto è affetto da patologie cardiovatare scolari serie, insulino dipendente, «a cui è possibile riconnettere un elevato rischio di complicanze in caso di diffusione intramuraria del virus». Il differimento della pena per grave infermità fisica, scrive il giudice, «mira ad eviche l’esecuzione della pena avvenga in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità per le eccessive sofferenze», o «appaia priva di significato rieducativo».
L’attuale emergenza epidemiologica espone Ventrici a un rischio qualificato dai sanitari come «elevato» di complicazioni dal possibile «esito infausto». Ai domiciliari, il boss deve comunque rispettare il divieto di incontrare persone al di fuori dei familiari e può recarsi in ospedale per visite ed esami solo dopo averlo comunicato ai carabinieri di Bentivoglio. «Tutte le volte che l’ho incontrato in carcere ultimamente — spiega il legale Vecchio — era su una sedia a rotelle». In regione 13 detenuti condannati per mafia o traffico di droga sono stati scarcerati per incompatibilità delle condizioni di salute con il rischio epidemiologico. Ma di questi 7 sono in attesa di giudizio. Scarcerato anche Marcello Muto, 45 anni, esattore del clan Grande Aracri, mentre il boss Nicolino, 61 anni, attende l’esito della sua istanza. I gip Sandro Pecorella e Roberta Dioguardi dell’udienza preliminare di Grimilde, processo all’ndrangheta di Brescello, hanno rigettato le istanze di Giuseppe Caruso, ex presidente del consiglio comunale di Piacenza, e di pezzi grossi del clan come Antonio Muto e Cosimo Amato.
Le altre istanze
Sono 13 i detenuti condannati per mafia o narcotraffico, tra questi il boss Grande Aracri