La città senza studenti e turisti
Non è solo una questione di numeri: la scomparsa di certi abitanti cambia l’anima di Bologna Le strade si sono svuotate dei ragazzi di Unibo. Lepore: li rivogliamo prima dei turisti. Ma anche per questi ultimi bisognerà pensare a politiche mirate
La scomparsa di turisti e studenti da Bologna stravolge il senso della città e fa riflettere due politici (Lepore e Conte) e due professori (Bazzocchi e Grandi) sul futuro post-Covid.
Primo settembre 1896. Cartolina postale inviata alla moglie da Sigmund Freud. «Trattoria dopo aver scoperto mezza città. Città stupenda, pulita, con piazze e monumenti colossali. Visitato un Museo Civico, Alex morto, io fresco come una rosa. Giornata bellissima, non calda, il vino già delizioso. Qui certo occasione per comperare paccottiglia. Chiese ed arte qui per fortuna meno coercitivi. Penso con gioia alle torri pendenti e all’Università nel pomeriggio». Era Bologna. Seducente, a suo modo, anche allora. Ed era Bologna pure la città «dove non si pensa ad altro che a vivere allegramente senza diplomazie, dove i forestieri non trovano riposo per le gran carezze che ricevono» (Giacomo Leopardi, Lettera al fratello Carlo, 31 luglio 1825).
Quella Bologna non c’è più: a stropicciarne il ritratto è stata una pandemia. Oltre a vino e allegria, sono scomparsi studenti e viaggiatori: un’assenza che ridefinisce il profilo della città e ne tradisce l’anima.
«Questo lockdown — fa presente Marco Antonio Bazzocchi, professore dell’Alma Mater di Letteratura italiana contemporanea —ha fatto capire che Bologna è la città degli studenti. Il tessuto della vita cittadina è intriso dalla loro presenza: dai livelli più materiali (affitti, locali) a quelli intellettuali, perché la loro presenza nella vita culturale della città è fondamentale. Non possiamo concepire Bologna senza di loro: per questo dobbiamo fare in modo che gli studenti continuino a essere parte viva della città». E proprio su questa linea ora si sta muovendo la politica cittadina. «Prima dei turisti, rivogliamo gli studenti», ha dichiarato l’assessore al Turismo Matteo Lepore ieri, annunciando agevolazioni su affitti e tasse universitarie incentivi per i locatori che dagli affitti brevi (e turistici) passeranno a canoni concordati.
Prima bistrattati, ora Bologna sembra aver finalmente compreso l’importanza anche politica degli studenti dell’Alma Mater. «Ci deve essere piena cittadinanza» è il pensiero di Lepore che, con la presidente del consiglio comunale Luisa Guidone, ha proposto «di cambiare lo statuto del Comune dando piena rappresentanza agli studenti in Consiglio Comunale con eletti». Potrebbe succedere in questa estate stravolta dal virus.
«La nostra città ha una sua unicità nell’essere un caleidoscopio di cittadinanze — rifletteva ieri l’assessore al Bilancio Davide Conte — Bologna accoglie modi diversi di vivere la città: cittadinanza civica (chi ci è nato, chi l’ha scelta per viverci), la cittadinanza universitaria (gli anni di studio) ma anche più recentemente la città dei turisti. La convivenza è stata difficile e in una ricerca continua di equilibrio tra diritti e doveri. Il numero di studenti e turisti nel futuro della nostra città è una grande variabile. Si tratta quindi di ripensare l’algoritmo (con variabili poco matematiche e molto sociali) che definisce la nostra città senza snaturarla. Perché la formula che usavamo prima per immaginare la città — il bisogno sociale, l’urbanistica, il commercio — oggi è preistoria e rischia di essere antistorica se ci ostiniamo a usarla senza capire che “qualcosa è cambiato”».
Cambieranno i turisti. E i nuovi saranno, secondo il presidente di Bologna Musei Roberto Grandi, «turisti culturali, più riflessivi e consapevoli, non attratti da grandi mostre ma da territori autentici ed esperienze profonde». Bologna, assicura Grandi, «è fortunata». Deve solo ricordarsi di essere la città di Giorgio Morandi, «il più grande artista del Novecento». Il segreto per riconquistare il turismo desiderato potrebbe essere nascosto nella pittura contemplativa dell’artista bolognese. «Mettere Morandi al centro e diventare “la città di Morandi”» ne sarebbe la felice e fortunata formula. «Ma bisogna che sia un progetto della città: sta ai bolognesi decidere e crederci».
I visitatori
Grandi: «Il turismo sarà più riflessivo e noi dovremo puntare sulla cultura, su Morandi»