Il Gorilla di Scabia che stupì Rodari
Scabia: «Partimmo da Piazza Maggiore con Gutenberg, musica e cantastorie»
Giuliano Scabia, scrittore, uomo di teatro, mago dell’immaginazione, ha insegnato per più di trent’anni Drammaturgia all’Università di Bologna. Per lui fare lezione voleva dire sfidare i corpi e le voci a mettersi «in teatro», a guardare il mondo esterno, ad attraversarlo, a inventare. In questi giorni è tornato sulle pagine della rivista online doppiozero.com
con un ricordo di quando nel 1974 costruì il gigante Gutenberg per celebrare La grammatica della fantasia di Gianni Rodari, scrittore che in questo 2020 avrebbe cento anni. E martedì, alle 20 circa, sul portale regionale Emilia Romagna Creativa e su Lepida Tv sarà trasmesso il video di uno dei suoi lavori che più hanno marcato il suo rapporto con Bologna e con la regione, Il Gorilla Quadrumàno.
Scabia, come vi venne in mente di costruire un pupazzone alfabetico per la presentazione del libro di Rodari?
«Fu una festa. Gli amici dell’Einaudi mi avevano chiesto di fare qualcosa per la Fiera del libro per ragazzi. E io, con i giovani che frequentavano i miei corsi all’Università (c’era anche Aldo Sisillo, direttore oggi del Comunale di Modena) e con lo scenografo Stefano Stradiotto trasformammo in gigante l’inventore della stampa».
Dove nacque?
«Sa che non mi ricordo? Partimmo da Piazza Maggiore in corteo, con un cantastorie, con strumenti musicali, con la classe di Antonio Faeti. Arrivammo in Fiera, ma non volevano farci entrare, dicendo che era riservata agli addetti ai lavori. Intervenne Giulio Einaudi, che si mise a urlare. E così presentammo Gutenberg a Rodari».
Come reagì?
«Si divertì come un matto. Cantava con noi. Lui era uno che stava al gioco, uno che sapeva ascoltare».
In quello stesso anno lei portò gli studenti fuori dall’Università, per città e paesini, con il Gorilla Quadrumàno. Chi era?
«Era il personaggio centrale di un testo portato da Remo Melloni, allora uno studente poi un valoroso studioso di tradizioni popolari. Faceva parte di un gruppo di commedie che si recitavano tra Ottocento e Novecento nelle stalle in provincia di Reggio Emilia».
Cosa vi affascinò di quel copione?
«Il personaggio mitico del Gorilla,
“quadrumane” “quadrumano”… grande uomo, uomo con quattro mani… l’Uomo selvatico, un archetipo. Il testo conteneva il rapporto col mondo selvaggio, con le foreste primordiali, quello stesso che raccontava Levi Strauss in Tristi tropici. Trattava lo scontro di città e civilizzazione con un mondo rimosso, sconosciuto. Fu un percorso di gioco e conoscenza in una commedia di quartine rimate».
In quale lingua era scritto?
«C’erano parti in italiano “difettoso”, di chi si accosta a una lingua aulica trovando difficoltà, inframmezzate da parti di buffi da commedia dell’arte, contadini alle prese con scorpacciate pantagrueliche e con avventure amorose».
Il video che sarà presentato narra un viaggio teatrale durato due anni…
«Usammo il testo come pre-testo per una ricerca. Lo portammo per le strade di Bologna, poi sull’Appennino reggiano, quindi fuori regione, per capire chi eravamo, cosa volevamo, chi c’era intorno a noi universitari, in un momento di forte trasformazione, di passaggio dalla civiltà contadina a quella industriale, urbana. Il messaggio del “Gorilla” mi sembra attualissimo oggi, quando dal mondo animale arriva un virus che racconta anche il difficile rapporto dell’uomo con la natura, con altro da sé».
Il video?
«È un assemblaggio di frammenti girati da più mani, che ho montato nei laboratori del Dams con Adrea Landuzzi. Racconta tutta la vicenda del “Gorilla” e poi del “Brigante Musolino”, un altro di quei copioni di stalla, e vari momenti di una drammaturgia popolare con cantastorie, burattini, incontri casa per casa. Un viaggio dall’Università fino al Festival internazionale del teatro di Nancy del 1975, dove il gruppo recitò per François Mitterand, profetizzando che sarebbe diventato presidente».
Mi diceva che avete aggiunto una coda al video originale.
«Sì, e la presentiamo in anteprima in questa occasione. Sono una decina di minuti e narrano il ritorno, 50 anni dopo, a Stellata, nel ferrarese, dove la compagnia era stata nel 1975. Là i giovani del posto avevano continuato a lavorare: dopo tanti decenni ci hanno cercato e hanno voluto che ritornassimo per ripensare quell’esperienza. Sa una cosa?».
Che cosa?
«Il Gorilla scompare, si nasconde nei suoi boschi, poi, dopo aver fatto riserva di splendore, risorge. Non si consuma nell’eccesso comunicativo odierno: per quello quando con cautela riappare bisogna considerarlo come un oracolo».
” L’autore
Si divertì come un matto, cantava con noi. Era uno che stava al gioco, sapeva anche ascoltare