Il Gran Bar fa una pausa «Impossibile controllare»
La scelta della storica caffetteria di via D’Azeglio «è difficile convincere tutti a non bere subito»
Il Gran Bar di via D’Azeglio va controcorrente. E abbassa le saracinesche nel primo weekend della Fase due. «Io temo che con questo weekend passi il messaggio del “liberi tutti”. C’è molta gente in giro e per un bar è difficile da controllare, meglio restare chiusi», spiega il gestore Giancarlo Campolmi. Che attende come tutti le regole per riaprire davvero dal 18 maggio: «Ma se fossero troppo restrittive, sarebbe un problema».
Ai suoi tavolini, praticamente una dépendance sotto la casa in via D’Azeglio, Lucio Dalla sorseggiava spesso in autunno il cappuccino avvolto in una pelliccia.
Dentro, al bancone, politici e dirigenti di Palazzo d’Accursio hanno stretto per anni intese e amicizie davanti a caffé bipartisan. Oggi che tutta questa vita da bar è stata congelata, e un caffé in compagnia sembra quasi un reato, nel primo fine settimana di rinascita dopo lo tsunami coronavirus il Gran Bar di via D’Azeglio ha preso la soluzione più inaspettata. Eppure, forse, la più meditata: abbassare la saracinesca. «C’è molta gente in giro e per un bar è difficile da controllare — spiega il gestore Giancarlo Campolmi — meglio restare chiusi».
Chiudere nel primo fine settimana della fase due, ora che potete anche servire da asporto. Non è un controsenso?
«Pensiamo al caffè. Bisogna servirlo nel bicchierino adatto, con il cucchiaino e lo zucchero nella bustina di plastica. Già è complicato per i clienti così, poi la voglia di consumarlo subito è forte. Raramente la gente prende un caffé al bar e va a berlo a casa. La stessa cosa vale per un aperitivo. Io posso anche preparare unp spritz da portare via, ma molta gente poi resiste alla tentazione di berne subito un sorso?».
L’ultimo dpcm prevede il divieto di sostare nelle immediate vicinanze dei locali che fanno asporto.
«Ecco. Io temo che con questo weekend passi il messaggio del “liberi tutti” e per un locale come il nostro è complicato da gestire. Dunque ne ho parlato con i ragazzi e ci siamo detti che non valeva la pena restare aperti con tutta questa tensione. Lavoriamo su un filo sottile, che soprattutto per i bar è difficile da percorrere. Se una persona compra una pizza da asporto la paga e la porta a casa, se ordina in un ristorante anche. Se un cliente compra da bere in un bar si aspetta di consumare subito, noi possiamo anche dire che non si può sostare e bere fuori, ma non tutti ti ascoltano».
Dal 18 maggio potreste riaprire completamente, rispettando i protocolli di distanziamento e sicurezza che Inail e Comitato tecnico scientifico stanno preparando. Siete pronti?
«Quella del 18 è una data su cui speriamo, ma aspettiamo di capire cosa succederà davvero. Se le limitazioni fossero troppo restrittive potrebbero essere un problema, non avendo avuto aiuti in questi mesi l’errore più grosso sarebbe riaprire e poi ritrovarsi in perdita ogni mese. Così si rischia di entrare in un circolo che porta alla fine dell’attività».
Ma gli ultimi giorni con l’asporto come sono andati?
«Si lavora con la mascherina, è scomoda ma ci si abitua. E poi c’è il tema dei guanti monouso.
Spiega Campolmi, il gestore: «Il 18 maggio è una data importante ma vediamo i divieti»
Lunedì in tre ne abbiamo finita una scatola, perché vanno cambiati spesso, ma trovarli è difficile e diventa un problema se devi lavorare. Nei limiti del possibile cercheremo di fare tutto quello che viene richiesto, ma speriamo sia più semplice reperire i dispositivi di protezione. Intanto smonteremo il dehors come tutte le estati e farò il punto con i responsabili della sicurezza per essere pronti alla riapertura».