Le tre «T» antivirus dell’Emilia
La strategia della Regione punta su tamponi e georeferenziazione. Plasma, via alla sperimentazione. Venturi: io vicino al panico
Testare, tracciare, trattare. Con le tre T l’EmiliaRomagna non si farà sorprendere da una nuova ondata di Covid-19. «Siamo già a contagi quasi zero», dice Venturi.
Testare, tracciare, trattare. Con la strategia delle tre T l’Emilia-Romagna non si farà sorprendere da una nuova ondata di Covid-19. Almeno è questa la speranza di tutti. «Siamo già a contagi quasi zero ma potremo veramente fare un salto di gioia, in questa regione, quando arriveremo a 30-40 al giorno. Siamo però nella giusta direzione e abbiamo un largo margine di sicurezza rispetto anche agli indicatori che prevede ministero della Salute». La rassicurazione arriva da Sergio Venturi, oggi al suo ultimo giorno da commissario per l’emergenza coronavirus.
Sulla T del tracciare qui si può già partire senza aspettare l’app nazionale. «In futuro dovremo rilevare con precisione dove il virus crea dei focolai con un sistema di georeferenziazione — spiega —, ma lo facciamo già con il 118 che è il sistema che ha funzionato meglio. A Piacenza ha gestito fino a 150 interventi al giorno e non è mai andato in difficoltà, era abituato a operarne 10-15. La rete funziona benissimo, meglio della media dei sistemi informativi che usiamo. C’è una mappa dell’Emilia-Romagna che in tempo reale ci dice dove sono andate tutte le ambulanze in quel giorno, o dall’inizio dell’emergenza. Se mettiamo insieme questo con le segnalazioni ai sindaci, possiamo avere un quadro attraverso cui c’è un tracciamento del virus in tempo reale, per capire dove intervenire e tenere monitorato».
Sui tamponi si è partiti con numeri bassi, 2.000 alla settimana, ma «nessuno si aspettava una virulenza così formidabile», ammette Venturi che aggiunge «adesso però non abbiamo problemi». «In questa fase — chiarisce — ne facciamo da 5.000 a 7.000 al giorno e sono sufficienti, entro maggio ne faremo 10.000 e in autunno raddoppieremo. Una delle priorità nazionale è piuttosto fare una rete nazionale di laboratori di riferimento, se c’è un problema forte in una regione le altre possono correre in aiuto». Infine il trattamento. «Siamo in prima linea con gli studi sull’idrossiclorochina, sull’eparina e sul tocilizumab — assicura —. E presto partirà una sperimentazione sulla terapia con il plasma iperimmune. Sembra che ci sia qualcuno che non vuole applicare una terapia, ma abbiamo bisogno di stabilire, non la sensazione o l’opinione di qualche medico ma in concreto, se ci sono elementi positivi come tutti ci auguriamo. Ricordiamoci che il plasma si prende da un organismo umano, quindi devono esserci tutte le sicurezze del caso».
La curva del contagio da coronavirus continua a calare: ieri 111 positivi in più, metà dei quali tra Bologna (35) e Piacenza (34), con oltre 4.000 tamponi fatti, il calo di 281 casi attivi, l’aumento di 361 guariti ma purtroppo ancora 31 decessi, 8 dei quali a Bologna. Nuovi casi che riguardano qualche focolaio nuovo, come quello all’ospedale di Budrio, «ora spento, i 14 pazienti contagiati sono stati trasferiti», spiega Venturi. «Trattiamo gli ospedali come fossero santuari, come fossero la cosa più preziosa che abbiamo, se andate a trovare un parente usate le precauzioni, mettetevi mascherine e guanti».
Un appello, come sempre accorato, che il commissario ad acta rivolge a tutti. «Evitiamo quello che è successo ai Navigli — dichiara su Facebook —. Noto dalle foto che la gran parte delle persone indossano la mascherina, questo è un successo perché significa che abbiamo imparato a comportartici. Si esce da questa emergenza tutti insieme».
Oggi sarà l’ultimo giorno da commissario, come detto. E l’ultima volta che sarà in diretta su Facebook alle 17,30. Un appuntamento molto gradito, al punto che è stato creato un gruppo di fans sul social che ha oltrepassato le mille iscrizioni. Non è stato sempre semplice per lui raccontare l’andamento dei contagi. «Non ho mai avuto attacchi di panico, ma ci sono andato vicino — confessa —. Mi fa piacere che dopo due mesi si apra una fase nuova». Il momento più brutto? «È stato quando il virus cresceva e non si fermava, quando poco dopo la metà di marzo siamo arrivati a quasi 1.000 casi al giorno. Quello è stato un momento difficile, ero preoccupato che tenesse il sistema degli ospedali, certo, ma lo ero anche per la tenuta del mio equilibrio personale».