Le riunioni e il salto di qualità «Quella sera la miccia s’è bagnata, facciamo scontri o torno allo stadio»
Il 9 giugno 2019 si tiene nel circolo anarchico Il Tribolo un incontro a porte chiuse in cui in cui si discute di uno scritto inviato da Alfredo Cospito, ideologo della Federazione anarchica informale, in carcere per la gambizzazione di un manager della Ansaldo nel 2012, in cui si teorizza la necessità di alzare il tiro, «di un contrasto violento alle istituzioni». Per il pm Dambruoso, e per il gip Domenico Panza che ha firmato le ordinanze in carcere ma ha rigettato la richieste dei domiciliari per cinque indagati, è solo uno dei momenti che proverebbero che la frangia anarchica bolognese colpita ieri non si limitava a cortei, propaganda e scontri con la polizia, ma «era pronta ad elevare il livello dello scontro».
La prova che farebbe dei 12 una «cellula» eversiva si fonda su pagine e pagine di volantini, manifesti, pagine web e conversazioni intercettate, anche in casa di Paoletti, telefoni cellulari spenti in concomitanza con azioni, dichiarazioni di intenti però più che attacchi diretti. È proprio lui, l’unico accusato dell’attentato ai ripetitori, che nel marzo 2019, quando la polizia municipale citofona a casa sua, confida ai compagni di essere preoccupato anche se «la miccia lì per terra… nell’acqua (…) uno che dice che l’ha bagnata a terra». Per gli inquirenti una frase che lo collegherebbe all’attentato a Monte Donato, dove l’incendio non si propagò perché la miccia cadde nell’erba bagnata.
Il gip sostiene poi l’inserimento del gruppo «in un vero e proprio network, in costante raccordo con realtà nazionali ma anche estere», in Grecia e in Spagna, rapporti mantenuti de visu ma anche «attraverso le medesime tecnologie che dicono di avversare». Nell’autunno 2019 si sviluppa un vivace dibattito, di cui Paoletti sarebbe principale promotore, sulla necessità di accompagnare le assemblee «con azioni concrete anche violente»: «sta moda che uno fa lo striscione, che fa la foto fa le scritte…cioè uno deve riuscire anche a metterci delle robe più concrete». «Allarmanti» vengono definite le parole di Stefania Carolei, che commentando titoli di stampa su compagni torinesi arrestati, dice: «ma quante volte si è detto “scusa, ma secondo te una rivoluzione sarà incruenta?” Quando apri un libro di storia non leggi che muore un sacco di gente?». Altre conversazioni dimostrano invece la volontà di proteste «più moleste».
Elena Riva alla vigilia della convention di Matteo Salvini l’8 novembre scorso, osserva che non serve «un presidio che sta fermo e canta Bella ciao, come fanno in giro per l’Italia quando degli sfigati contestano Salvini». «Io torno allo stadio, qua gli scontri solo allo stadio» si duole in un’altra occasione Leonardo Neri. Per il gip l’accusa di associazione finalizzata al terrorismo regge perché «il programma criminoso è finalizzato ad arrecare grave danno al Paese», ribadisce che sono stati intercettati «riferimenti alle possibili vittime di attentati» e che «l’allarmante disponibilità di strumenti funzionali all’ingaggio di scontri violenti e alla commissione di attentati», ossia 17 maschere antigas, torce e fumogeni, dimostrerebbe che avrebbero avuto una struttura efficace per portarli a termine. Ma lo stesso giudice ammette che, in caso contrario, il quadro indiziario basterebbe per l’accusa di associazione a delinquere semplice.
” Il giudice Sono inseriti in un network e hanno una allarmante disponibilità di mezzi per scontri violenti e attentati
Dalle intercettazioni emergono riferimenti a possibili vittime di attentati e obiettivi da colpire