Fiere, la Regione frena Merola «Rimini non è la priorità»
Freddezza sulla fusione con la Romagna rilanciata dal sindaco. Colla: «Prima mettere a posto i conti»
Fiere, la fusione di Bologna con Rimini «non è la priorità». Prima, avverte l’assessore Colla, bisogna ripartire recuperando business e fatturato persi con l’emergenza: «non possiamo perdere l’internazionalità». E in quanto alle alleanze, torna in auge il progetto del sistema dell’expo regionale.
Fusione tra BolognaFiere e Ieg -Fiera di Rimini? il sindaco Merola, come ha riferito ieri al nostro giornale, ne è certo ma, dalla Regione, l’assessore allo Sviluppo Economico Vincenzo Colla frena: «C’è una discussione in corso che non comprende solo Rimini, ma non è questa la priorità». Quello che c’è da fare con urgenza è mettere mano ai conti demoliti dall’emergenza Covid.
La stessa urgenza riguarda, naturalmente, anche Tper, l’altra partecipata (ma qui siamo nell’ambito dei trasporti) citata dal primo cittadino, alla quale, ogni giorno di fermo costerebbe circa 150.000 euro di mancati ricavi. Il sindaco parla di «30 milioni da recuperare», per quanto l’azienda dei trasporti urbani sia comunque «solida». Ma la ricetta di un sistema di trasporti regionale e la proposta di fusione con la società che gestisce l’autostazione, potrebbe non piacere a tutti. Per il momento nessuno degli interessati si sbilancia, mentre nel futuro dell’azienda si attende la doppia T — «TT-Trenitalia Tper» — ovvero l’accordo con Trenitalia per la gestione del servizio ferroviario, almeno per 15 anni.
Solida, lo è anche via Michelino, il cui cda ha da poco approvato il bilancio 2019 con un valore di produzione che, dal 2016 al 2019 è passato da 132,4 a 195,5 milioni di euro (+48%). «La Fiera rimane ferma otto mesi», ricorda Colla. Per quanto gli scambi tra operatori delle più autorevoli expo siano avvenuti online, il colpo inferto al business è quasi incalcolabile, mentre solo le perdite di bilancio potrebbero ragionevolmente toccare i 130 milioni. Colmare quei vuoti e, insomma, «ripartire», insiste l’assessore, è l’unica «priorità»: «Abbiamo in calendario un incontro con il governo, abbiamo chiesto l’istituzione di un fondo specifico per le fiere, insieme all’intero sistema fieristico italiano. Guardiamo anche all’indotto che da questa crisi ha perso molto. Ma siamo fiduciosi — confida — perché le Fiere, compresa Bologna, hanno riprogrammato l’attività da settembre». Il Cersaie, ad esempio, a novembre inaugurerà il nuovo padiglione 37,anche se alcune manifestazioni internazionali dovranno aspettare il 2021. «Nell’ultimo Dpcm, quello del 19 maggio — ragiona poi l’assessore — è chiaro il ruolo che può giocare la Cassa depositi e prestiti per fare investimenti strategici e il sistema fieristico è un investimento strategico. Lo vediamo bene in Emilia-Romagna quanto sia imstico portante per le nostre filiere mantenere rapporti internazionali. La fiera moltiplica il business di almeno tre volte. Non possiamo perdere l’internazionalità».
In quanto alla fusione con la Romagna? «La discussione è aperta — risponde Colla — Dobbiamo verificare l’operazione dal punto di vista degli investimenti. Stiamo solo facendo valutazioni. Non c’è stato alcun passaggio formale. Ma prendiamo in considerazione tutto il sistema fieriregionale», guardando quindi anche a Parma. Una volta archiviata — già da un paio d’anni — la tanto auspicata alleanza con Milano, sostenuta dallo stesso Merola e dal presidente di BolognaFiere Gianpiero Calzolari, l’amministrazione sembra dunque tornare al progetto della struttura regionale pensato almeno 15 anni fa. Nel frattempo c’è stato il tentativo del matrimonio con Firenze. Parma, nel 2017 ha invece stretto una alleanza con Verona dando vita a Vpe (Verona Parma Exibitions), mentre Rimini è diventata Ieg (Italian Exhibition Group) grazie al sodalizio con Vicenza e si è quotata in Borsa. Non è di molto tempo fa, infine, l’ncontro in viale Aldo Moro tra i presidenti degli expo e i sindaci di Parma, Bologna e Rimini in cui si è avanzata la possibilità della fatidica intesa.
Intanto, è un esponente del Pd, Andrea De Pasquale a contestare la gestione delle partecipate. Lo fa in un lungo post sui social in cui critica «l’impegno di denaro pubblico per sostenere realtà che dicono di stare sul mercato (quando serve giustificare scelte orientate al profitto), ma che poi chiedono alla politica (in quanto partecipate dal pubblico) trasfusioni di risorse, di cui spesso finiscono per avvantaggiarsi i privati». Il problema interviene quando — conclude — gli interessi pubblici e privati «cominciano a divergere». Secondo lui è quello che sta avvenendo, anche per Hera e Aeroporto.
Non piace a tutti la ricetta di unione con la società che gestisce l’autostazione «Basta denaro pubblico a realtà che finiscono per avvantaggiare i privati»