Zuppi: «Non possiamo tornare quelli di prima, c’è da cambiare il mondo»
L’arcivescovo di Bologna ha chiesto a cristiani e non di «non sciupare la pandemia»: «Abbiamo tutti una responsabilità in più»
«Tutti, non solo i cristiani, hanno adesso una responsabilità in più». Il cardinale lancia un modello di «crescita» che non si ferma alla Chiesa e nemmeno a Bologna. È l’appello globale a «non correre il rischio di sciupare questa pandemia, ritornando, o meglio pensando di poter ritornare, quelli di prima».
Monsignor Matteo Zuppi conclude l’Assemblea diocesana chiamando alla mobilitazione contro tutte le infezioni di un mondo «così segnato dalla sofferenza, delle tante sofferenze di questa pandemia, e delle tante pandemie delle quali ci siamo resi conto». «È un mondo malato, un mondo da cambiare» insiste. È una «comunità» intera da «far crescere». «Una comunità reale» che rappresenti davvero «il Signore incarnato», fatta di uomini e donne che si ritrovano. La Chiesa naviga sulle tecnologie per affrontare «il problema del corpo». Delle necessità di «ritessere una rete».
Il cardinale dall’aula di Santa Clelia, in arcivescovado, si rivolge via streaming ai 401 delegati diocesani, ai vertici della Chiesa bolognese attorno a lui, a chi è intervenuto via web, dall’infermiera che racconta dei malati al prete responsabile della comunicazione, a chi ha voluto ascoltare in diretta collegandosi da casa sul canale Youtube. Oltre 4.200 passaggi sul sito 12Porte. Il confronto va avanti per un’intera giornata, a sera tardi Zuppi trae le conclusioni. Lui e gli altri in via Altabella senza mascherine; con il volto coperto e a distanze di sicurezza i parrocchiani della Cavazzona con le loro musiche e le preghiere. «Non ci possiamo vedere? E noi ci vediamo lo stesso» ride Zuppi.
«Se la pandemia ci ha isolato, a maggior ragione dobbiamo fare crescere la comunità» dice. «Questo legame che abbiamo vissuto oggi virtualmente, anzi spiritualmente, ci farà crescere, ci farà camminare con tanti altri che sono i nostri compagni di strada, quelli che il Signore ci affida, quelli che ci hanno ascoltato, che ci hanno cercato. Dal Venerdì Santo viene la Resurrezione».
I simboli discendono sulle scelte di chi governa ed è governato, nelle attività delle parrocchie sul territorio. «Nella pandemia abbiamo ritrovato il senso alla nostra fede — dice Zuppi — e dobbiamo aiutare gli altri a trovare una risposa al senso della sofferenza. Il prossimo sarà l’anno del “crescere”, la figura che ci guiderà è quella del seminatore».
«Il riferimento alla città degli uomini, — spiega il provicario episcopale monsignor Stefano Ottani — assume inedite forme di solidarietà per le conseguenze ancora in evoluzione dei rapporti sociali, lavorativi, culturali. Uno stile di vita sostenibile non è una fissazione di pochi, ma una necessità mondiale, che trasforma modelli economici e politici». «Importante è mandare tante testimonianze. — ripete Zuppi — Io devo cambiare, anche comunità devono cambiare, anche le più piccole. La Parola deve farsi corpo. Passare dal latino all’italiano, anche la comunicazione. A volte ci parliamo addosso. Siamo stati anche noi messi alla prova nelle nostre vite e nelle nostre testimonianze. Nell’impegno a trovare le risposte che questa sofferenza viene a chiedere. Abbiamo vissuto questi mesi con la fretta di riprendere qualche cosa, ma anche con tante ferite dentro e con tanti interrogativi. Penso ai più piccoli che qualche volta sembrano disattenti e invece hanno ferite ancora più nascoste». È la Pastorale a cui il cardinale avvia. «Siate creativi — dice — Lo Spirito ci darà le parole. Alziamo lo sguardo. La Parola ha potenzialità che non possiamo prevedere. La Chiesa deve riafferrare la potenzialità della Parola».
” Dobbiamo aiutare gli altri a trovare una risposa al senso della sofferenza. Il prossimo sarà l’anno del «crescere», la figura che ci guiderà è quella del seminatore