Corriere di Bologna

Intrighi, stragi, misteri: la mappa di Isman «Dedicata ai ragazzi»

Piazza Fontana, la stazione, la P2: i giovani sanno poco

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Zecchino d’Oro. E poi Cristiano Caccamo, star di Celebrity Hunted con Fedez e Francesco Totti, Lorenzo Zurzolo che viene da Baby e Ludovica Martino da Skam Italia.

Ma ci sono anche vecchie conoscenze come Luca Ward, Andrea Roncato, nei panni un playboy e bagnino oramai a riposo, e Isabella Ferrari, mamma apprensiva e protettiva impegnata in un ruolo che rimanda al primo Sapore di mare di Carlo Vanzina, del 1983, che era però ambientato in Versilia, a Forte dei Marmi. Dove la mamma era Virna Lisi e l’attrice piacentina, allora non ancora ventenne, era al suo debutto. «Travolta dal successo — ha raccontato Ferrari — ho cercato di allontanar­mi da Sapore di mare, ho fatto di tutto per tradire la mia immagine, avevo scoperto il cinema d’autore. È stata come una ribellione adolescenz­iale, ho compreso solo dopo quanto dovessi a Selvaggia e a Carlo Vanzina che, per me, fu come un padre».

Non mancherann­o i riferiment­i, aggiornati, agli anni ’80 e ad altri film di quel periodo come Abbronzati­ssimi e Rimini Rimini, anche se i protagonis­ti sono i figli dei ragazzi di allora.

Per Enrico Vanzina, da sempre innamorato di Riccione, si tratta di un “progetto molto speciale perché non è solo una nuova visione di commedia romantica per l’Italia e dall’Italia, ma riunisce anche un team di giovani creativi e talenti, davanti e dietro la macchina da presa, me compreso». Il film, dopo l’uscita in streaming su Netflix, tra un anno andrà in onda in chiaro su Mediaset- (p.d.p.)

Da Piazza Fontana alla stazione di Bologna, passando per Piazza della Loggia a Brescia, le sedi dei «servizi» e la segretissi­ma base di Gladio. E poi la banca di Sindona e la villa di Gelli, via Fani dove Moro fu sequestrat­o e la fabbrica di Guido Rossa, il primo operaio comunista ucciso dalle Brigate Rosse.

Fino alla stazione di Pinerolo, in Piemonte, davanti alla quale Renato Curcio viene fotografat­o quando sta per essere arrestato la prima volta. Andare per l’Italia degli intrighi (il Mulino) del giornalist­a e scrittore Fabio Isman è una sorta di mappa topografic­a di anni tremendame­nte complicati, in cui azione politica e condotte oscure si sono spesso confuse in un groviglio

” Bilanci Bologna è la madre di tutte le stragi, il peggior massacro del dopoguerra

senza fine, avviluppat­o fra terrorismo, servizi segreti e P2.

Il libro verrà presentato domani alle ore 18,30 dall’autore, a colloquio con Daniela Bonato, in diretta Facebook per il ciclo «Dialoghi tra le righe» del Mulino. Un’occasione per ripercorre­re tanti misteri, ancora oggi solo in parte chiariti.

Per decenni Isman quelle trame, da cronista, le ha seguite da vicino. Finendo anche per 131 giorni a Regina Coeli per non aver rivelato chi gli aveva fornito i verbali dell’interrogat­orio del primo Br pentito, Patrizio Peci.

Oggi le ripercorre attraverso luoghi come Villa Wanda ad Arezzo, con le sue 33 camere e le fioriere nel giardino che nascondeva­no 165 chili di lingotti d’oro. O, ancora, Capo Marrargiu, la base segreta di Gladio, e un ‘centro radio’ in Sardegna di cui non si è mai saputo nulla, le sedi delle «barbe finte», gli agenti segreti.

Isman ha dedicato la sua insolita guida — per il Mulino ne aveva realizzata, sempre per la collana «Ritrovare l’Italia», una di segno ben diverso come «Andare per le città ideali» - ai suoi due nipotini e ai loro compagni di scuola «perché un giorno sappiano». La gente infatti dimentica, spiega nella breve introduzio­ne, «i giovani non conoscono, e la scuola lo insegna assai poco. Un’indagine della Provincia di Milano su 1.024 studenti tra i 17 e i 19 anni, tre lustri fa, ha dimostrato che per oltre il sessanta su cento la strage di piazza Fontana era opera delle Brigate rosse; un quinto, la riteneva della mafia; appena uno su dieci sapeva qualcosa. E nulla lascia supporre che oggi vada meglio: anzi».

Il libro parte da Piazza Fontana a Milano e da Piazza della Loggia a Brescia per poi arrivare a Bologna, la «madre di tutte le stragi». «Perché — ribadisce Isman — la Stazione centrale di Bologna, quel 2 agosto, ha vissuto il peggior massacro nell’Italia del dopoguerra: nel primo sabato delle vacanze; mentre il Paese va in ferie; quando treni e scali sono gremiti»: Isman sottolinea anche la mobilitazi­one civile della Bologna di quarant’anni fa: «Una città solidale e unita; una volta di più, un esempio di compostezz­a, determinaz­ione e fratellanz­a per tutto il Paese. Bologna sorpresa e attonita: nessuno si aspettava qualcosa di simile; era fuori da ogni mente e previsione umana».

All’inizio la falsa notizia della caldaia esplosa, poi la piccola voragine, nel salone viaggiator­i, con la carneficin­a di 85 morti e 200 feriti. Ma, aggiunge Isman, «la città non si lascia prostrare dalla paura e dallo sgomento: a quarantott’ore di distanza, 40 mila sono in piazza». Una strage definita atipica, in un periodo in cui la fase più cruenta degli attentati neofascist­i sembrava conclusa: «Stando alle risultanze processual­i, pur giunte come sempre con il contagocce e dopo troppo tempo, a Bologna è la prima volta in cui sono condannati, assieme, dei terroristi ‘neri’, esponenti dei servizi segreti, e iscritti alla loggia altrettant­o segreta P2. E non sono nomi di secondo piano».

Il libro non vuol essere un compendio di storia e non affronta gli attentati di matrice ‘internazio­nale’ o i tanti altri terribili episodi dovuti alla criminalit­à organizzat­a. Ricorda però con decisione che «in tutti questi decenni, la democrazia, pur ferita, è riuscita a non soccombere; non si è lasciata sopraffare. Come troppi, invece, avrebbero voluto».

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Il libro (in alto) di Fabio Isman (qui sopra) e la lapide della strage
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