Certificato il legame tra il Covid e lo smog
Il primo studio pubblicato
C’è una «correlazione spaventosa» tra la quantità di polveri sottili nell’aria e la diffusione del Covid-19. Quella che nei mesi scorsi è stata una suggestione, o una supposizione, ora è dimostrata, almeno per l’Emilia-Romagna, da uno studio dell’Alma Mater in via di pubblicazione sulla rivista internazionale Computation al termine di un processo di Peer Review, ovvero di «revisione alla pari» letteralmen- te, validato da esperti del set- tore. Ad esaminare i dati ufficiali di smog e diffusione del virus è un gruppo guidato dall’informatico Marco Roccetti.
C’è una «correlazione spaventosa» tra la quantità di polveri sottili nell’aria e la diffusione del Covid-19. Quella che nei mesi scorsi è stata una suggestione, o una supposizione, ora è dimostrata, almeno per l’Emilia-Romagna, da uno studio dell’Alma Mater in via di pubblicazione sulla rivista internazionale Computation al termine di un processo di Peer Review, ovvero di «revisione alla pari» letteralmente. Lo studio è stato quindi esaminato da esperti del settore, prima di essere pubblicato.
A mettere bene i puntini sulle i è Marco Roccetti, professore di Informatica di Unibo, che insieme al dottorando Giovanni Delnevo e alla ricercatrice Silvia Mirri, entrambi di Unibo, ha condotto lo studio. È Roccetti a usare l’espressione di «correlazione spaventosa» tra smog e Covid. «Se aumentano le polveri sottili cresce la diffusione del virus, ma è vero anche il contrario — spiega il docente —. Ed è un risultato che abbiamo ottenuto sia durante il lockdown che fuori dalla quarantena».
Partiamo dall’inizio, cioè da quando nei giorni peggiori della pandemia fiorivano ricerche in Italia e all’estero, Oxford compresa, sulla relazione tra smog e Covid. «Se prendiamo l’Italia — osserva Roccetti — resta un mistero perché la gran parte dell’epidemia si sia concentrata nella pianura padana. Quasi il 50% dei morti è stato il Lombardia, il,13% in Emilia-Romagna, il 7% nel Veneto, ci metti Piemonte e Liguria e hai finito. Le cause saranno varie, e anche l’aspetto climatico avrà il su peso». Altri studiosi l’hanno ipotizzato, ma nella fretta di arrivare alle conclusioni non hanno seguito il processo Peer Review che per un ricercatore è fondamentale. E il mondo scientifico ha reagito malissimo.
«Noi ci siamo incuriositi e abbiamo pensato alla correlazione in senso casuale tra certi inquinanti rispetto alla diffusione del virus — spiega Roccetti —. Abbiamo usato un metodo statistico completamente differente da quello degli altri studi, prendendolo dalle scienze econometriche che studiano i flussi dei dati nel tempo». E così il gruppo di Unibo ha preso il numero di infezioni giornaliere in regione e il livello di Pm10, Pm2,5 e biossido di azoto. «Abbiamo scelto di studiare l’Emilia-Romagna tralasciando deliberatamente la Lombardia e abbiamo preso solo dati ufficiali — conclude — e per prevenire obiezioni abbiamo tenuto in considerazione l’impatto dell’attività umana, raccogliendo dati anche nel lockdown». La correlazione resta. «Ce ne vogliamo occupare dell’inquinamento?», si chiede Roccetti.
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Roccetti Abbiamo sottoposto il nostro studio al processo Peer Review che analoghe ricerche precedenti non avevano fatto e i nostri risultati saranno pubblicati dalla rivista Computetion